14 Giugno 2023
05:02
Da Valenza alla serie A con Inter e Roma: la storia di Alessandro, collaboratore di Spalletti, Conte e Mourinho
VALENZA – Già sette anni fa avevamo raccontato la sua storia: un giovane valenzano sulla panchina della squadra della sua città. Da allora Alessandro Davite ha fatto ancora più strada, toccando traguardi da sogno per ogni appassionato di calcio. Basta vedere la sua foto di un anno fa con la Conference League tra le mani per capire quanto la passione per il calcio e la sua professionalità in un ruolo oggi sempre più strategico come il “match analyst” lo abbiamo portato ad alti livelli.
Laureato in Scienze Motorie, Alessandro ha cominciato ad approfondire questa professione quasi da autodidatta: “Basti pensare che i corsi specifici a Coverciano sono stati introdotti solo cinque anni fa” ha raccontato il 34enne “il mio compito è studiare gli avversari e le partite e preparare report per gli allenatori. Mi sono specializzato anche nell’uso del drone“. Nell’ambito di uno stage universitario Alessandro ha cominciato a lavorare nel settore giovanile del Milan: “Visto che la squadra Primavera aveva già una figura di riferimento mi occupavo dell’under 14, 15 e 16“. La tappa successiva di Alessandro è colorata di granata: al Torino, infatti, Davite entra nello staff a supporto di mister Mihajlovic.
La svolta arriva nel 2017 quando Davite riesce a entrare nello staff dell’Inter. I posti a disposizioni erano appena due: Alessandro supera la concorrenza di diverse decine di candidati. Coi nerazzurri lavorerà quattro anni, due come collaboratore di Luciano Spalletti e due nello staff di Antonio Conte, per poi passare alla Roma, con Josè Mourinho. “Durante le partite il nostro posto è in tribuna e comunichiamo direttamente con gli uomini della panchina. In questo ultimo anno in cui non ho continuato a lavorare in serie A, ho avuto modo di vedere da vicino gli allenamenti del Nottingham Forest, un club che mi ha sempre incuriosito anche perché ha in bacheca più Coppe dei Campioni che campionati nazionali. E poi mi ha sempre affascinato il calcio inglese perché, rispetto al mio lavoro, è più comune vedere un vero e proprio coach analyst: un collaboratore che vive la partita dalla panchina, a stretto contatto con l’allenatore. Confido che anche in Italia questa figura possa prendere sempre più piede”.
Tornando ai suoi cinque anni in serie A sono tantissimi gli aneddoti e le esperienze che Alessandro ricorda ancora con grande emozione: “Mourinho è sempre stato un mio idolo e lavorare per lui ha rappresentato l’esperienza più bella. Ha voluto con lui lo stesso collaboratore dell’Inter del triplete che, a sua volta, gli ha poi fatto il mio nome. Per questo mi sono trasferito a Roma. Che dire del tecnico portoghese? Ha una empatia e una capacità uniche di farti sentire parte di un gruppo. Con lui ti senti indispensabile al successo della squadra. Ricordo quando la Roma vinse la semifinale di Conference League: dal giorno dopo ognuno di noi aveva la certezza che avremmo vinto la finale. C’era una grande consapevolezza. Ricordo un derby con la Lazio vinto 3-0: il suo discorso alla squadra fu decisivo, un vero fenomeno. Stiamo parlando di un allenatore che delega molto, che si affida ai suoi collaboratori e poi, da grande manager qual è, prende la decisione finale. La sua forza è riuscire a trasmettere una energia unica, non di facciata, ti fa sentire importante. Sa lavorare molto sulle dinamiche di squadra e ha la capacità di far rendere al meglio i giocatori. Spalletti? Mi piace definirlo un artigiano del calcio, lo conosce in modo profondo e lo sa trasmettere al meglio. Anche Conte ha principi molto solidi, lui lavora in modo più didattico. Tutti e tre, comunque, hanno dimostrato che non c’è un solo modo di vincere”.
Nel suo lavoro Davite ha avuto modo di interagire anche coi giocatori: “Forse a Roma l’ambiente è più famigliare e quindi era più facile stringere legami. All’Inter c’è una impostazione più aziendale e anche il contatto con la squadra si concentra di più sull’aspetto lavorativo. Conservo ottimi ricordi rispetto a tanti calciatori: a Roma, ad esempio, ho avuto modo di conoscere da vicino Mkhitaryan e Bove che già lo scorso anno aveva dimostrato di poter meritare più minuti in campo. Quello che tutti hanno visto quest’anno già lo si poteva intuire la scorsa stagione: un bravissimo ragazzo anche fuori dal campo. Il mio futuro? Diciamo che c’è qualcosa in ballo. Vedremo cosa succederà. Quest’anno, oltre all’esperienza a Nottingham ho continuato ad aggiornarmi lavorando nello scouting online. Confido di poter tornare a lavorare in ambienti simili, non necessariamente in Serie A. L’importante è avere la possibilità di interfacciarmi con staff preparati e con valori umani condivisi. Poi tutto il resto è una conseguenza”.