4 Agosto 2016
22:00
L’immaginifico Salvador Dalì ad Acqui Terme
“Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio, provo sempre lo stesso ed immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì.” (Salvador Dalí)
Una mostra di forte impatto visivo e richiamo “Dalì. Materie Dialoganti”, la 45°antologica promossa dal 16 luglio al 4 settembre a Palazzo Saracco, ad Acqui Terme, con le opere di uno dei più grandi geni della pittura.
“Dalì. Materie Dialoganti” é una rassegna di elevato calibro che punta l’occhio di bue su capolavori meno conosciuti di Salvador Dalì (1904-1989), l’eccentrico, visionario e poliedrico artista catalano dai baffi all’insù. Uno straordinario artista, noto per La persistenza della memoria (1931), Premonizione della guerra civile (1936), o ancora per il suo inossidabile legame con Gala.
Il pittore degli orologi molli é stato non solo il maestro del Surrealismo, ma la sua vera incarnazione, “Il più Surrealista tra i Surrealisti“, che ha fatto della sua vita un’opera d’arte, vivendo sempre tra realtà e finzione. Un artista ‘sopra le righe’, ma a tutto tondo, alla continua ricerca del meraviglioso. Pittore, scultore, scrittore, fotografo, designer, pubblicitario e sceneggiatore, icona inimitabile di una creatività senza confini, il cui genio misto a delirio, con le sue visioni ha cambiato la concezione dell’arte.
Il suo surrealismo é impregnato di psichismo, di richiami alla psicanalisi freudiana, un artista che nella sua dirompente espressione artistica riversava, senza limiti, il suo inconscio, i moti dell’anima, le pulsioni. Le immagini distorte, visionarie, oniriche del maestro, tutte inconfondibili, nascevano, secondo il metodo che lui definiva “paranoico-critico”, dal tormento dell’inconscio (la paranoia) e nella loro realizzazione dalla razionalizzazione del delirio (momento critico).
Le sue opere sono straordinariamente fantastiche, pregne di effetti illusionistici, il cui uso di simbolismo, di cui faceva largo uso, rimanda a significati diversi da quello che rappresentavano. Nei cromatismi e nella limpidezza del disegno sono evidenti però le suggestioni del rinascimento italiano mentre nella ridondanza e negli effetti illusionistici del barocco iberico.
Tutte le sue produzioni sono uniche, un universo immaginifico, affascinante che ti ‘cattura’, come quelle esposte nella retrospettiva “Dalì. Materie Dialoganti”, curata dall’architetto Adolfo Francesco Carozzi e realizzata con il supporto di “The Dalì Universe”, la cui collezione è curata dallo “Stratton Institute”. All’interno di una suggestiva ed evocativa scenografia surrealista, con alcune pareti cromate lucide o ondulate, spazi vuoti, privi di colori che esaltano l’atmosfera surreale, sono esposti capolavori eseguiti con materiali e tecniche diverse: sculture in bronzo, grafica, assemblages, illustrazioni, con carta, in oro, vetro, in ceramica, fotografie, e oggetti d’arredo.
Tra le opere L’Elefante Spaziale (1946) dalle lunghe ed esili gambe, simili a quelle di un ragno che porta sulla groppa un obelisco, rappresentante il potere e la tecnologia. Assolutamente simbolico la Donna del tempo (1973), scultura rappresentante una bellissima donna con una morbida veste, che protende una braccio verso l’alto con in mano una rosa dal lungo gambo. Nell’altro braccio appoggiato un orologio molle, simbolo di un tempo fluido, fuggevole, che invita l’osservatore a porsi il quesito se il concetto di bello varia nel tempo o è eterno. Altrettanto stupefacente l’interpretazione dell’artista, nel magnifico bronzo San Giorgio e il Drago (1977), in cui il Santo é il simbolo eroico che uccide il drago della ragione a favore del caos. Una versione al di fuori degli schemi la concezione di bellezza rappresentata da Venere Giraffa (1973), con la Venere senza braccia, il lungo collo di giraffa e un cassetto aperto che sporge dall’abito.
Tra le sculture La persistenza della memoria (1980), che si rifà alla sua famosissima tela, con l’orologio appoggiato al ramo di un albero, morbido, segna lo scorrere preciso del tempo. Un tempo che puà essere dilatato o ridotto, varibile a seconda dello stato d’animo che si ha. Tra le grafiche fantastica quella di Alice nel paese delle meraviglie (1999), con la sua ombra in uno spazio e tempo dilatato, o la serie di illustrazioni molto colorata de I sogni umoristici di Pantagruel (1973), che raffigurano i personaggi del libro di Rabelais “Gargantua e Pantagruel”.
Ancora tra le opere quelle in vetro dalle cromie particolarmente vivide, che esprimono il concetto della metamorfosi surrealista nella continua trasformazione della luce e il colore, o i dodici oggetti in oro, disegnati da Dalì, come i pendenti Dalì-Gala, il Serpente magico, La chiave o il Fiore Daliniano. Tra le illustrazioni anche la serie particolarmente ‘delicata’ del Bestiaire De la Fontaine (1974) e le immagini incise della Tauromachia surrealista, ispirate dalla tauromachia di Goya e Picasso. Negli oggetti di design, quella d’arredo in ottone laccato, dalla linea curva e continua de La sedia Leda, con le scarpine femminili a mò di piedini.
La mostra é aperta tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 22.30.
Maria Cristina Pesce Bettolo