12 Novembre 2024
05:28
Più cemento che suolo per abitante: in provincia di Pavia si consuma a ritmo record
PAVIA – In provincia di Pavia il suolo sembra svanire lentamente, come una candela che si consuma. La questione del consumo di suolo in provincia, tradizionalmente territorio di battaglia di associazioni ambientaliste, oggi passa anche dai tavoli ufficiali: la giunta regionale ha incluso nel suo “Dossier del territorio provinciale” n. 3185 del 14.10.24 un richiamo esplicito alla situazione pavese, descrivendo il fenomeno come una questione “non ulteriormente procrastinabile”. Forse un termine burocratico per dire che il terreno sta finendo più velocemente del previsto?
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) fornisce i numeri, e i numeri non mentono. Nel 2022 la provincia di Pavia contava ben 28.346 ettari di suolo già impermeabilizzato, una superficie pari al 9,5% dell’intero territorio provinciale. La media regionale lombarda è al 12,16%, e se a livello nazionale il suolo impermeabilizzato è fermo al 7,14%, Pavia si colloca di certo sopra la media. Ma il dato più sorprendente riguarda la metratura pro capite: 530 metri quadrati per abitante. A questo ritmo, sembra che ogni pavese possa contare su uno spazio di cemento quasi doppio rispetto a quello della media lombarda, fissata a 290 metri quadrati a testa.
Nel dettaglio, il capoluogo Pavia, con il 23,4% della sua superficie impermeabilizzata, rappresenta una fotografia perfetta di questa situazione. La densità urbana cresce, ma non per forza in altezza. Gli edifici si allargano, i parcheggi si moltiplicano, le zone commerciali espandono il loro raggio, e il suolo agricolo si ritira, quasi timido di fronte all’avanzare del calcestruzzo. E non si tratta solo di Pavia. Nei primi posti della classifica dei comuni per consumo di suolo figurano Stradella, con il suo 23,68%, Trivolzio (21,19%), Parona (20,59%), Copiano (20,5%), e via dicendo. In questi paesi il verde sembra cedere il passo a nuovi insediamenti a una velocità sorprendente, mentre le aree un tempo agricole mutano, inesorabilmente, forma e funzione.
Ma quali effetti produce questo incessante divorare del territorio? Da un lato, la scomparsa del suolo agricolo tradisce una tradizione locale secolare: Pavia, terra di risaie e campi coltivati, sembra essersi dimenticata di una certa vocazione rurale in favore di progetti residenziali, commerciali e infrastrutturali. Dall’altro lato, cresce l’impermeabilizzazione del suolo, un fenomeno che ha conseguenze più profonde di quanto l’occhio nudo possa intuire. Non basta considerare il cemento come un comodo substrato per parcheggiare o costruire; ciò che non si vede sono le riserve idriche sotterranee che, incapaci di ricaricarsi naturalmente, perdono volume. E con meno acqua nel sottosuolo, aumenta il rischio di siccità, soprattutto nei mesi estivi.
Mentre i numeri parlano, il territorio cambia. Immaginiamo un’escursione da Voghera a Stradella, in mezzo alle colline dell’Oltrepò: un panorama che ancora richiama le dolci linee della campagna pavese, ma che negli ultimi anni si è popolato di nuovi capannoni, strutture industriali e parcheggi che assomigliano sempre di più a piccole città. Il turista, forse nostalgico, potrebbe domandarsi dove siano finiti quei campi aperti che per secoli hanno disegnato l’orizzonte.
Forse si potrebbe obiettare che queste nuove aree cementificate portano ricchezza, occupazione e servizi. Eppure, i numeri dell’ISPRA mostrano come il consumo di suolo in Pavia non sia bilanciato da un aumento della popolazione. Anzi, in molti casi si osserva il fenomeno opposto: meno residenti, più territorio cementificato. Sembra quasi che si costruisca più per il futuro che per il presente, ma se la popolazione non cresce, ci si potrebbe chiedere se quel futuro arriverà mai. Le domande rimangono, le risposte forse tardano, e il terreno continua a essere coperto da un tappeto di cemento.