Botte e minacce per estorcere aziende a imprenditori. In carcere due “buttafuori” pavesi
PROVINCIA DI PAVIA – Sapevano incutere timore i due fratelli pavesi finiti in carcere insieme a una terza persona usata come “prestanome” e accusati di estorsione, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio ed emissione di fatture false. Ramon Christian Pisciotta di 47 anni e suo fratello Samuel di 35 anni, entrambi residenti a Rea, sono conosciuti come buttafuori di alcune discoteche ma sarebbero riusciti a impossessarsi di due aziende di Voghera picchiando e minacciando i titolari.
Non è stato facile per la Squadra Mobile di Alessandria e per il Comando provinciale della Guardia di Finanza, coordinati dalla Procura di Alessandria, ricostruire gli episodi di estorsione e i movimenti di fatture per operazioni risultate poi inesistenti delle due ditte finite nelle mani dei “buttafuori”. Le vittime avevano paura dei due fratelli, che usavano violenza “e modalità tipiche della criminalità organizzata” ha spiegato il Procuratore Capo di Alessandria, Enrico Cieri.
Non aveva voluto raccontare cosa gli era successo neppure l’amministratore delegato di una azienda di Voghera che si era rivolto ai medici di un Pronto Soccorso nell’Alessandrino. Aveva detto che era “caduto dalle scale” ma quel racconto non aveva convinto. Così sono partiti gli accertamenti della Squadra Mobile di Alessandria, oggi sotto la guida di Marco Guidone, e si è così scoperto il passaggio della società attiva nel settore del recupero e smaltimento di batterie e metalli ai due fratelli tramite “un prestanome”.
Gli stessi metodi erano stati usati dai due anche per prendere il controllo di un’altra ditta, sempre di Voghera, che commercializzava autoveicoli e anche questa poi utilizzata per riciclare e “autoriciclare” ingenti somme di denaro finite sui conti correnti dei due principali indagati, come appurato dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Alessandria, al comando del Tenente Colonnello Luca Elidoro. L’intervento della Squadra Mobile e della Guardia di Finanza è stato “efficace e rigoroso” sia nei confronti dei due fratelli finiti in carcere insieme al “prestanome” sia verso i beni di cui i due buttafuori si erano “impossessati con violenza”, ha sottolineato il Procuratore Capo. Le due aziende, infatti, sono state sequestrate e complessivamente sono state iscritte nel registro degli indagati sei persone. I due fratelli non hanno fatto ricorso al Tribunale della Libertà e restano quindi in carcere: “Ora chi ha informazioni può sentirsi più sereno” ha esortato il Procuratore Cieri, nella speranza di aprire un varco nel muro di timore di altre potenziali vittime di estorsioni.