Calzature italiane, nel 2022 il fatturato sale a 14 miliardi di euro

LOMBARDIA – Il comparto calzaturiero è in ripresa dopo la crisi del biennio pandemico. Nel 2022, il fatturato è aumentato del 14% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i livelli del 2019, trainato dall’export (+23,3% in valore) delle griffe di lusso. L’analisi del Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici mostra che il saldo commerciale si rafforza (+7,6%) e i consumi delle famiglie aumentano (+9,6%), ma non ancora al livello precedente alla pandemia. 

Secondo i dati di Infocamere-Movimprese, il numero di imprese attive nella produzione di calzature e componenti in Lombardia nel 2022 è diminuito di 38 rispetto all’anno precedente, ma il saldo degli addetti è positivo (+1%). Ciò indica una prima inversione di tendenza dopo le flessioni degli anni precedenti. Le ore di cassa integrazione autorizzate dallo INPS per le imprese lombarde della filiera pelle sono diminuite del 80,4% rispetto all’anno precedente.

L’export lombardo è aumentato del 27,1% in valore nei primi nove mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, con un +34,9% rispetto ai livelli pre-pandemia del 2019. Le prime cinque destinazioni dell’export lombardo, coprendo il 52% del totale, sono USA (+56%), Francia (+7,5%), Svizzera (+58%), Cina (+20%), e Regno Unito (+25,4%). L’export verso la Russia (-37,8%) e l’Ucraina (-56,7%) è diminuito, portandolo al 15° e 49° posto nella graduatoria delle destinazioni regionali. Inoltre la Lombardia copre il 15% dei flussi italiani diretti ai due mercati.

L’export del 2022 ha stabilito un nuovo record (10,48 miliardi nei primi 10 mesi, +23,5%, già superiore al valore dell’intero 2021), con un prezzo medio al paio che ha raggiunto i 57,26 euro (+10,7%). I brand internazionali del lusso, per i quali molte aziende italiane operano da terzisti, hanno avuto un ruolo determinante in questo risultato.

Sullo scenario nazionale interviene Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici, secondo cui dati di preconsuntivo 2022 descrivono un orizzonte non privo di insidie e difficoltà per le imprese del settore.  “Sebbene il quadro di insieme sia incoraggiante, dopo un biennio complesso, ci sono alcune indicazioni meno confortanti. In primis la disomogeneità della ripresa, oltre alle conseguenze delle dinamiche inflattive sugli utili delle aziende. L’anno che doveva segnare la piena ripartenza dopo la pandemia ha sì registrato il proseguimento del recupero della domanda, ma è stato penalizzato dal perdurare dei costi elevati delle materie prime, che dopo la fiammata di fine 2020 non hanno dato segni tangibili di ribassamento, e dai picchi record nei prezzi degli energetici, con un’inflazione mai così alta in Italia dal 1985. A ciò si è aggiunto, a fine febbraio, lo scoppio di un conflitto di cui ancora oggi non si vede la fine, in un’area da sempre tra i maggiori clienti di alcuni distretti calzaturieri italiani”.

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