Autore Redazione
mercoledì
18 Novembre 2015
14:26
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La poetica dei Macchiaioli a Pavia

La poetica dei Macchiaioli a Pavia

Gli antichi, i quattrocentisti, i trecentisti, e Raffaello e Leonardo e Donatello e Michelangiolo ed altro saranno sempre da guardarsi  e adorarsi, ma non da imitarsi” (Giovanni Fattori)

Con la nuova stagione autunnale si é delineato un ampio scenario artistico di caratura internazionale che si sta snodando tra Raffaello, il Sole delle arti alla Reggia di Venaria a Giotto a Palazzo Reale di Milano, da La Belle Epoque alla Gam Manzoni di Milano a Dall’Impressionismo a Picasso a Palazzo Ducale di Genova,  da Bellezza  Divina, tra Van Gogh Chagall e Fontana a Palazzo Strozzi a Firenze con  Da Raffaello a Schiele alla Gam di Torino, da  Francesco Hayez alle Gallerie d’Italia e  altre ancora come  I Macchiaioli. Una rivoluzione d’arte al caffè Michelangelo a Pavia.

Quest’ultima rassegna che terminerà il 20 dicembre, come da qualche anno é consuetudine, é stata promossa nella bella cornice delle sale delle Scuderie del Castello Visconteo. Ottanta  opere esposte che focalizzano l’attenzione sul ‘cenacolo ‘di artisti  che a Firenze nella seconda metà dell’Ottocento, attorno ai tavolini di un caffè fiorentino, il Michelangelo, costituirono un movimento, promotore  della pittura moderna,  i Macchiaioli.   Da loro presero spunto in Francia  i noti artisti che  formarono uno dei movimenti più amati: l ‘impressionismo.

La mostra  propone  un iter narrato dalla ‘voce’ di uno dei massimi maestri del movimento, Telemaco Signorini,  che racconta  l’evoluzione artistica dei componenti, i dibattiti, gli idealismi, le tematiche politiche, storiche, sociali e paesaggistiche, le  rappresentazioni della stessa ‘guida’, di Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Raffaello Sernesi,  Vito d’Ancona, Lorenzo Gelati, Serafino De Tivoli,  Odoardo Borrani, ecc. 

Artisti accomunati dall’opposizione ai dettami del Neoclassicismo di maniere, al tecnicismo accademico, allo stile formale del Romanticismo, al Verismo e al Purismo che i macchiaioli ritenevano  lontano dal vero. Un gruppo riformatore, influenzato dal chiaroscuro della fotografia e dalla tecnica giapponese, che si contrapponeva alla retorica con un  rinnovamento che privilegiava  la prospettiva quattrocentesca  e  il vero, che catturava le suggestioni della natura dipingendo en plein air.  Nella loro iconografia si coglie il rifiuto del disegno e della forma, lo spazio é essenziale,  le loro figure  sono senza linee, senza contorno,  la  tecnica della sovrapposizione di macchie di cromie  costituisce  le masse di luce e di ombre  che crearono il suggestivo e lirico  effetto  dei loro dipinti .  La storia dei macchiaioli é la storia di un gruppo di artisti, ma anche di combattenti delle guerre d’indipendenza, testimoni diretti della storia risorgimentale del loro tempo. Loro stessi patriotti dalle posizioni mazziniane e idealistiche,  si opponevano al dominio austriaco e francese, e per certi versi  le loro composizioni furono anche strumento di affermazione ideologica.  La  realtà  dei macchiaioli, costituita  dal  colore delle macchie  é quella dei paesaggi rurali , delle sponde del fiume Affrico, di scorci dell’Arno, dei campi, di rustici isolati, di vita quotidiana di personaggi di ogni estrazione sociale, da gente semplice a quella altolocata ma anche di soldati e  battaglie. Giovanni Fattori (1825-1908) il massimo esponente dei Macchiaioli, pur non avendo mai partecipato alle guerre fu il maggior esecutore di rappresentazioni di battaglie risorgimentali. In esposizione  tra  le  opere dell’artista livornese  il luminoso In lettera al campo 1873-1875) con un soldato in divisa in primo piano,  sdraiato su un prato mentre  sta leggendo una lettera,  forse proveniente dai suoi cari,  più in là due cavalli e nello sfondo l’accampamento militare.  In Soldato a cavallo (1860-1870) si coglie il silenzio dell’atmosfera in cui é immerso un soldato a cavallo in perlustrazione in una stradina di campagna,  ancora del maestro  l’incantevole, avvolgente  Bosco in autunno (1870).

Di Sivestro Lega I fidanzati (1869), emblema della mostra. La scena rappresentata coglie la quotidianità di una  coppia di promessi sposi, colti di spalle, che a  braccetto passeggiano  su un prato, illuminati dalla luce calda  e rosata di un tramonto,  una donna matura li segue con due bambini vestiti con abiti ottocenteschi.  Di Sernesi,  splendido La radura nel bosco (1865) con  le macchie degli alberi che sembrano piegati dal vento e il cielo azzurro terso con alcune candide nuvole . Pregevole anche il piccolo dipinto di Telemaco Signorini, Il mercato del bestiame (1864) che fissa sulla tela  un contadino nella sua quotidianità mentre conduce  due dei suoi animali attraverso lo stretto  vicolo di un borgo e in secondo piano alcuni personaggi vestiti di scuro.  L’agricolo e il suo bestiame sono  illuminati da una luce calda.  Significativo di Signorini Lungo l’Affrico (1860-1865) ma anche Personaggio con tuba.

Assolutamente pregevole di Vincenzo Cabianca il malinconico essenziale Maremma (1857) e lo splendido Le Monachine (1861)   con le giovani suore all’esterno di un convento che si affaccia sul mare, Il cielo terso. Alcune di loro pregano vicino al muretto, altre  passeggiano, altre ancora sembra che contemplino il paesaggio marino o forse pensano alla loro condizione di chiusura verso il mondo esterno e la loro vita precedente. La luce e il sole che  le illuminano, così  contrastanti con le cromie scure delle tonache  creano uno straordinario, suggestivo effetto.

In Caletta a Castiglioncello (1862) di Giuseppe Abbati,  é rappresentato uno scorcio marino  toscano che si intravede a sinistra e nell’apertura del portone di un muretto, si respira un’atmosfera di pace.  Di Cristiano Banti Bimbi al sole (1860)   la scena coglie in primo piano due bambini,  uno di fronte all’altro, seduti per terra, illuminati dalla luce abbagliante  del sole che  evidenzia i profili dei giovani protagonisti e contrasta con la macchia scura della donna nello sfondo seduta sui gradini.

Nell’ultima sala  sono esposte  opere di artisti che si formarono alla scuola macchiaiola per poi intraprendere nuovi percorsi artistici e raggiungere la notorietà a Parigi, tra questi , il maestro che interpretò meglio lo spirito della Belle Epoque, Giovanni Boldini, con opere come il Ritratto di Mary Donegani (1869) accanto al pianoforte, e Giuseppe De Nittis con dipinti come la rappresentazione della vegetazione sulle sponde  della palude maremmana di  Studio di palude (1866).

  

Info : info@scuderiepavia.com

Tel: +39 0382 33676
www.vivipavia.it

Maria Cristina Pesce Bettolo

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