Autore Redazione
venerdì
7 Dicembre 2018
06:15
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Eventi - Valenza

Valori e non. Recensione di “L’amore per l’educazione” a Valenza

Valori e non. Recensione di “L’amore per l’educazione” a Valenza

VALENZA – Il racconto di uno spettacolo (Cuore/Tenebra, migrazioni fra De Amicis e Conrad”) che ha chiuso tra maggio e giugno scorsi  la stagione 2017/2018 del Teatro Stabile di Torino. Il regista Gabriele Vacis ha introdotto così, giovedì 6 dicembre, al Teatro Sociale,  “L’amore per l’educazione”, un racconto teatrale che azzarda connessioni tra il libro Cuore (la cui importanza è  già insita nell’essere “il libro” per eccellenza) e “Cuore di tenebra” di Conrad, passando attraverso la storia, la contemporaneità, i valori spirituali e la loro negazione

“L’amore per l’educazione”, lo stesso titolo della traduzione in cinese del romanzo di De Amicis, è una tappa di un progetto ampio dell’Istituto di Pratiche Teatrali per la Cura della Persona, che applica le tecniche teatrali al fine di sviluppare consapevolezza ed attenzione e che coinvolge scuole, centri d’accoglienza e di cura psichiatrica.

Mentre, nell’allestimento al Carignano, i due romanzi venivano presentati e contaminati con storie contemporanee da attori e intere classi di studenti, qui sono il filo logico e l’affabulazione di Vacis a tessere una trama che va dagli anni successivi all’unificazione d’Italia ad oggi. L’esperimento mira a rileggere “Cuore” alla luce di valori spirituali eterni, come un catechismo laico forte di slogan chiari e con dentro storie facilmente memorizzabili. I racconti contenuti nel libro, che De Amicis attribuisce, nella finzione letteraria, al maestro del protagonista Enrico, riguardano le varie regioni d’Italia, perché nel loro patriottismo è insita l’integrazione, tema decisamente attuale. E’ in questa direzione che si concretizzano sia le proiezioni video delle interviste a studenti coinvolti nel progetto dell’Istituto, che le storie vere di due giovani sul palco. Inizialmente seduti in un antico banco di legno, raccontano l’uno un’esperienza di stress lavorativo, dovuto ad una cultura priva di etica del lavoro, l’altro un viaggio dal Camerun attraverso il deserto e il mare, per arrivare entrambi ad un progetto di vita.

Tutto sembra collegato: De Amicis funziona per creare consapevolezza e attenzione, i valori da lui tanto fortemente espressi sono gli stessi necessari oggi, ma, all’improvviso, la narrazione vira attraverso un aggancio alla storia. L’ipotesi è legata alla cronologia, ovvero alla possibilità che la generazione di ragazzi raccontata da De Amicis nel 1886 (ma Cuore è ambientato nel 1882) possa aver partecipato, nel 1896, alla guerra in Abissinia, con la sanguinosa sconfitta di Adua. E’ così che si arriva alla negazione di tutti i buoni sentimenti e delle tavole della legge laica deamicisiana, la stessa negazione, ancora in terra africana, che si legge in “Cuore di tenebra” di Conrad. E’ con questa lettura che si sprofonda in un mondo crudele e oscuro, dove tutto ispira inquietudine e riconoscimento di una ferocia atavica. Il viaggio sul fiume Congo sembra tangibile, sullo sfondo sembra di ascoltare i remi e un suono vivo (sempre efficacissima la scenofonia di Roberto Tarasco), che spaventa, proprio perché umano.

Le contraddizioni sono la trama che unisce due libri così diversi, che hanno in comune la parola “cuore” con un’accezione ben differente, ma sono anche la sostanza della storia passata e contemporanea. I valori e la loro negazione, i sogni negati sul nascere a fronte di una società che non coltiva l’amore per l’educazione e, come strumenti possibili, l’ascolto e l’attenzione. In questa prospettiva il libro Cuore si riscatta dall’obsolescenza e il suo racconto tra lectio magistralis, narrazione e messa in scena teatrale è magnetico, privo di leziosità sentimentale e forte nel suo messaggio come lo è stato per generazioni di lettori.

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