24 Luglio 2016
22:35
Un borgo, storie e ricordi di terra. Recensione di “Pinin e le Masche” a Garbagna
GARBAGNA – E’ nel paese incantato di Garbagna, riconosciuto a ragione come uno dei borghi più belli d’Italia, che Massimo Barbero è diventato Pinin, in “Pinin e le masche”, nell’ambito del Festival “Il Borgo delle Storie”, organizzato da Emanuele Arrigazzi e Allegra De Mandato.
“Pinin e le Masche”, del Teatro degli Acerbi , è un testo di Luciano Nattino, tratto da un racconto di Davide Layolo, ed è incentrato sulla narrazione e sull’evocazione di un mondo palpitante di vita. Pinin è un eremita che racconta ad un interlocutore (che si indovina essere Layolo stesso) i suoi ricordi, gli otto mesi vissuti nel bosco per sottrarsi all’arruolamento, l’esperienza devastante degli anni di guerra al fronte e in prigionia, un amore perduto e soprattutto le masche, spiriti del bosco che appaiono in forma di donne. Tanti gli spunti, tra cui la tradizione che induce al rispetto di tutto ciò che è vivo, una spiritualità animistica che si sublima nella comunione con il tutto, la scelta tra la donna amata e il tradimento di ciò in cui si crede.
Massimo Barbero è un Pinin segnato dalla vita e dalle ferite di guerra, claudicante e privo di un occhio, stralunato ed inizialmente inquietante, ma acuto nella sensibilità ed essenziale nel cogliere il senso di armonia con la natura che dissipa la solitudine.
Qualunque descrizione è riduttiva, perché ciò che si assapora è l’immaginato e il percepito, come il profumo del vin brulé che arriva alle narici. Barbero crea una magia atavica che spiazza e coinvolge totalmente, come un sogno in cui si ritrova la radice della realtà. Proprio le radici sono l’unica cosa che conta e Ulisse (eroe che ricorda a Pinin le ore di lettura con la donna amata, ma anche nome di battaglia del partigiano Layolo) torna alle sue origini, a ciò che rimane autentico. Pinin è tale, lo sono i suoi ricordi e il suo aspetto allucinato e visionario è una rivelazione, mediata attraverso la sorpresa e l’ironia.
Tutto è immediato, la narrazione si rivolge al pubblico che è interlocutore attivo, seppur silente. Per questo è difficile parlare di spettacolo, di protagonista e di pubblico: la forza del testo e la bravura di Barbero stanno nella rottura di qualunque schema palco- quarta parete – platea. Il bel giardino di Villa Doria a Garbagna è parte integrante di tutto ciò, locus magico e vivo, antico e immanente come ciò che si sedimenta nei secoli.
“Il Borgo delle Storie” ha portato per tre giorni, dal 22 al 24 luglio, il teatro nelle strade e tra la gente, riscoprendo la bellezza di un paese che sorprende ad ogni angolo. Nell’intenso programma di teatro, reading, musica, incontri di parolieri e di burattini, ha trovato posto, domenica 24, uno spettacolo itinerante, a chiusura del laboratorio di recitazione e drammaturgia condotto da Emanuele Arrigazzi e Allegra de Mandato : “Il ponte del tonno, storie sotto gli ippocastani” della Compagnia di Garbagna con la partecipazione di Fabio Martinello e Daniela Tusa. Questo spettacolo, come spiega Allegra De Mandato, è stato fortemente voluto, pur all’interno di un festival di spettacoli altamente professionali, per marcare il carattere popolare e territoriale dell’iniziativa. I partecipanti al laboratorio sono stati, oltre che attori, anche drammaturghi, scrivendo storie ambientate nel paese e legate alla sua vita, e hanno riscosso un successo di pubblico straordinario.
Nicoletta Cavanna