27 Ottobre 2014
14:45
La nuova impresa del nuotatore alessandrino Roberto Capra
“Chi va per mare per divertimento, andrebbe all’inferno per passare il tempo” è un vecchio adagio bretone, che riassume lo spirito di Roberto Capra, atleta M45, tesserato per lo Swimming Club di Alessandria.
Per festeggiare i suoi 10 anni di nuoto in acque libere, Roberto ha deciso di regalarsi una nuova sfida ambiziosa, unire le Egadi a nuoto: Marettimo a Favignana e Favignana a Levanzo, per un totale di circa 25 km.
Capra non è nuovo a queste imprese. In passato ha traversato a nuoto in solitaria lo Stretto di Gibilterra da Tarifa (Spagna) a Benzù (Marocco), per una distanza di 23 Km, traversata da Capri a Napoli, 30 km , circumnavigazione del Monte di Portofino da S. Margherita a Camogli, 14,5 Km, traversata delle “Bocche di Bonifacio” da Bonifacio a Santa Teresa di Gallura, 15,3 km, traversata da Porto Venere a Monterosso, 20 Km. Ha assaggiato anche l’oceano Atlantico nella XIII Travesia “La Bocaina” da Lanzarote a Fuerteventura (Canarie), 15 Km.
Ecco la cronostoria dell’ultima impresa di Roberto Capra raccontata dallo stesso protagonista.
“Le ricerche effettuate in preparazione della traversata, non mi hanno evidenziato criticità particolari, solo dopo mesi avrei capito l’errore di valutazione. Ho quindi presentato il progetto all’Area marina protetta delle Isole Egadi, per avere la loro assistenza. Il direttore, Dott. Stefano Donati, ha subito apprezzato l’iniziativa, concedendomi il loro patrocinio, consistente in un mezzo nautico di assistenza, l’equipaggio e la possibilità di utilizzare il loro logo sui comunicati stampa.
Per diversi motivi, ho potuto raggiungere Favignana, soltanto il 12/10, un po’ fuori stagione per questo tipo di sfide. Appena sbarcato sull’isola, sono stato accolto dall’estate: caldo, sole, vento forte di scirocco, mare molto mosso, questi ultimi sono stati gli elementi che hanno caratterizzato la traversata. Non è possibile prevedere le condizioni meteo marine con largo anticipo, ho quindi dovuto soggiornare diversi giorni sull’isola, attendendo il placarsi degli elementi.
Passavo le giornate tra riunioni con lo staff dell’AMP, analisi dei bollettini meteo, allenamenti e relax. Un modo molto efficace di capire il mare, è parlare con chi lo vive per professione: i pescatori. Mi recavo al porto per confrontarmi con loro, all’inizio erano diffidenti nei miei confronti. Mi parlavano con un accento molto stretto, non capivano perché volessi farlo. Loro evitano di andare a pescare nel canale tra Marettimo e Favignana, per il mare sempre grosso e per la presenza di squali. Si è presto diffusa tra i favignanesi la notizia del mio tentativo di fare le isole a nuoto. In questo periodo di bassa stagione i turisti sono pochi, era dunque facile riconoscermi. Mi fermavano dicendomi che ero matto a provarci e che difficilmente ci sarei riuscito.
La morfologia del fondale del canale, è costituita da una profonda spaccatura, che genera onde, anche in assenza di venti. La causa è da ricercare molto lontano: è l’effetto della corrente atlantica, che dopo aver passato lo stretto di Gibilterra (anche le mie traversate sono iniziate là) e aver attraversato il Mediterraneo, risale qui in superficie. La corrente porta molti nutrimenti e i famosi tonni rossi, per secoli la risorsa principale dell’isola. Con i tonni arrivano anche gli squali. Per fortuna dei nuotatori il peggior predatore della terra, l’uomo, ha praticamente portato all’estinzione i tonni e con loro gli squali.
Mare grosso e squali non rientrano tra le aspettative di un nuotatore, questi due pensieri mi hanno perseguitato fino alla fine della traversata. La sera prima in un ristorante, ho visto alcune foto di un grosso squalo bianco, catturato quando in mare venivano calate le reti della tonnara. Nella mia testa è partita la colonna sonora dell’omonimo film del 1975.
Finalmente abbiamo individuato il giorno meno sfavorevole, venerdì 17. Non sono scaramantico, ma arrivati all’ormeggio del gommone, questo ha un problema mai manifestato in precedenza, prontamente risolto dall’equipaggio di assistenza. Mi chiedo se sia un avvertimento per quello che mi aspetta.
Ci imbarchiamo e ci dirigiamo verso punta Bassana a Marettimo. La giornata è serena e calda, il mare è di un piacevole azzurro, ma appena entriamo nel canale la situazione cambia. Il vento è teso, il mare tra il mosso e il molto mosso, di colore scuro e minaccioso.
Cerco ugualmente di concentrarmi, mentalmente è devastante fare il tratto in barca fino al punto di partenza, si ha il tempo per capire quanto lunga sarà la traversata.
A un certo punto il comandante dell’AMP, ferma il motore e con il suo collega, fissano un punto vicino al gommone. Io non reagisco con altrettanta velocità, sto meditando. Quando guardo il mare non noto nulla di particolare, chiedo cosa hanno visto. Mi rispondono un grosso movimento in acqua, causato da un tonno o un delfino. La risposta non mi convince, ma non voglio caricare la mente con pensieri negativi, il nuoto in mare è uno sport mentale.
Arriviamo al punto di partenza il solito rito dei preparativi, le ultime istruzioni all’equipaggio ed entro in acqua. Come ultimo pensiero su cui riflettere durante le ore della traversata, le loro parole: “noi non nuoteremmo mai nel canale”, mi chiedo il perché.
Posso sintetizzate la traversata di 20,5 km, che separano punta Bassana a Marettimo da punta Faraglione a Favignana, come 6 ore e 28 minuti passati dentro una lavatrice.
Sono aiutato dal vento di libeccio che mi agevola la nuotata, ma devo lottare con il mare alzato dal vento di scirocco che ha soffiato per tutta la settimana. Le onde mi arrivano dal lato di destra, un po’ contro. Alcune volte frangono su di me, sommergendomi. La respirazione a destra è difficile, spesso finisce con una bella bevuta.
Ma nonostante tutto vado avanti, ho voluto io trovarmi qui. Penso che ogni bracciata aumenti il percorso fatto e accorci la distanza dal traguardo.
Come per le altre traversate, mi sono allenato duramente, sia fisicamente sia mentalmente, sono pronto. Non ho potuto però allenare il “piede marino”. Il mare mi provoca nausea, questa volta è stata terribile, peggio di quanto l’ho patita durante la Capri – Napoli.
A risentirne è per prima la mente che pian piano scivola in uno stato di torpore e di annientamento, poi è il turno dello stomaco.
All’arrivo a Favignana non ho più l’energia mentale per proseguire verso Levanzo. Anche se sono solo altri 5 km, sono spossato dalla lotta con le onde e mio malgrado mi devo fermare. Non sono riuscito a completare il mio sogno, forse troppo ambizioso, ma sono più che soddisfatto della mia prestazione. Sono state le condizioni più dure mai affrontate, ancora più difficili dello Stretto di Gibilterra, della Capri – Napoli, delle Bocche di Bonifacio o delle Canarie. La velocità media della nuotata è di tutto rispetto.
Il rientro in porto è veloce e altrettanto velocemente si sparge la notizia che sono riuscito a nuotare da solo il canale. E’ il momento dei complimenti dei favignanesi, che da uomini di mare sanno il valore di quanto ho fatto. Li apprezzo molto, sono uno dei più bei ricordi che mi porto dall’isola.
Il nuoto sembra uno sport solitario, ma dietro la prestazione c’è la mia squadra, che mi è sempre stata vicina. Vorrei ringraziarla perché è riuscita a motivarmi quando la stanchezza voleva prendere il sopravvento; perché ha nuotato con me, bracciata dopo bracciata, chilometro dopo chilometro, giorno dopo giorno durante i lunghi allenamenti; perché ha sempre creduto in me.
La differenza tra il nuoto e gli sport di gruppo è che quando nuoti l’opportunità te la crei, mentre se sei in una squadra, l’opportunità ti deve essere data.
L’apice del nuoto in acque libere, è quando la mente e il corpo si fondono, diventano una cosa sola, quando tutto è pace e armonia. Quando trovi il tuo ritmo e riesci ad andare avanti per ore e ore … miglia dopo miglia … in uno stato che solo chi l’ha raggiunto e conosciuto sa apprezzare veramente.
L’ultimo pensiero: chi nuota in mare deve sapere quando bisogna fermarsi. Nella sfida tra l’uomo e il mare, vince sempre il mare: siamo e rimaniamo solo degli uomini. In questi anni ho imparato ad amarlo e a rispettarlo, ma soprattutto a temerlo. “Pochi sono gli uomini che possono dare del tu al mare …. e quei pochi non lo fanno“.