Autore Redazione
sabato
11 Gennaio 2020
17:08
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Cronaca - Alessandria

“Più di 12 ore per un gesso”. La storia di Viola e di sua mamma

Il racconto viene dal pronto soccorso di Alessandria dove le due donne hanno passato un'intera giornata d'attesa: "Medici e infermieri sono bravi. Mancano però le competenze di programmazione del servizio"
“Più di 12 ore per un gesso”. La storia di Viola e di sua mamma

ALESSANDRIA – L’accesso al pronto soccorso dell’Ospedale Civile Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo è stato registrato alle 10.30. Il passaggio al triage ha classificato quella caduta con un codice verde, che tradotto sta a identificare un paziente poco critico con assenza di rischi evolutivi e di pericolo di vita. “Mia mamma è inciampata davanti a dei bidoni della spazzatura per colpa di alcuni sacchi di immondizia lasciati a terra che non aveva visto. Ha battuto la testa, il polso e il torace“, ci ha raccontato Viola che con un post su Facebook aveva già posto l’accento su quanto vi stiamo per raccontare.

Va premesso che nel periodo d’attesa al pronto soccorso “si sono verificate molteplici emergenze. Posso dire che fortunatamente noi eravamo lì solo con un codice verde. Gli operatori comunque sono sempre stati molto gentili e professionali nonostante una situazione di forte tensione dovuta al grande afflusso ma soprattutto al nervosismo di pazienti sofferenti e parenti che si lamentavano“. Dall’accettazione, passano otto ore, prima che la paziente venga visitata. Sono circa le 18.30 e la madre di Viola viene mandata a fare i raggi al polso e al torace oltre che una tac alla testa. Da lì in poi è iniziato una corsa contro il tempo. “Speravamo che gli esiti degli esami strumentali arrivassero a breve poiché l’ortopedico finiva il turno alle ore 20 e mia mamma, come hanno successivamente confermato le lastre, aveva bisogno di un gesso al polso che si era fratturato“.

Fatto sta che i referti, indispensabili per la visita con l’ortopedico e l’ingessatura, non sono arrivati in tempo. Alle 20 l’ortopedico, ignaro che avesse altre visite in programma, ha finito il suo turno. A quel punto è proseguita l’attesa sino alle 23.30 quando è “arrivato un tecnico ortopedico – penso si chiami così – e ha steccato il braccio a mia madre dandoci appuntamento per il giorno seguente“.  Dal suo accesso al pronto soccorso erano passate quasi 13 ore. L’indomani Viola e la madre si sono recate all’appuntamento con l’ortopedico e dopo altre tre ore d’attesa, “che rispetto al giorno prima non sono niente, abbiamo guadagnato il tanto agognato gesso“. Viola poi ha specificato come “non c’è urgenza che tenga, dato che intoppi ed emergenze ci sono tutti i giorni. Soprattutto in un pronto soccorso. Non mancano nemmeno la bravura e la professionalità di medici e infermieri. A mancare sono le competenze di programmazione del servizio. Lo sappiamo tutti in fondo che non c’è una giustificazione razionale a questa situazione“, ha aggiunto.

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