Autore Redazione
sabato
6 Agosto 2022
11:43
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Cronaca

Si è concluso con Gabriele Vacis lo “Storymoving Festival: Le Cascine e i Castelli”

Una meditazione narrativa sul tempo ha coronato il successo del Festival, parte del progetto Landscape Storymovers. La narrazione del territorio continua sino a settembre con i capitoli in musica e parole di “Trilogia degli spaesati, racconti epici di gente semplice”
Si è concluso con Gabriele Vacis lo “Storymoving Festival: Le Cascine e i Castelli”

SAN MARZANO OLIVETO – E’ un luogo che evoca il silenzio e il parlar piano il Castello di San Marzano, un incanto di architettura possente ingentilita nei secoli, che domina dall’alto tutto l’arco collinare. Qui è terminato ieri, venerdì 4 agosto, il seguito “Storymoving Festival: Le Cascine e i Castelli”, sei appuntamenti di teatro itinerante site specific del Teatro degli Acerbi con le narrazioni meditative serali con Gabriele Vacis, e qui, in un luogo dove si vorrebbe fermare il momento, l’argomento è stato la consapevolezza del tempo.

Lo “Storymoving Festival è una delle espressioni del progetto “Landscape Storymovers®– sistema integrato di narrazione del territorio”, ideato da Elena Romano e Fabio Fassio, sostenuto dal bando “VIVA: sostegno all’offerta culturale estiva dei territori”, della Fondazione Compagnia di San Paolo e anche vincitore del bando “In luce. Valorizzare e raccontare le identità culturali dei territori”. Sempre la narrazione in senso spettacolare anima i nove appuntamenti (sino all’8 settembre nei piccoli comuni partners del progetto) di “Trilogia degli spaesati, racconti epici di gente semplice” (il programma è consultabile su teatrodegliacerbi.it). La Trilogia si svolge in Capitoli in musica e parole ispirati alle tre fasi lunari, durante i quali ai cantautori Simona Colonna, Mauro Carrero, Ricky Avataneo si alternano racconti, dialoghi e storie narrate dagli attori del Teatro degli Acerbi Massimo Barbero, Patrizia Camatel, Fabio Fassio e Elena Romano. L’idea alla base di tutto è il racconto del territorio, appunto lo storymoving, ispirato al metodo progettuale dell’architetto canellese Gianmarco Cavagnino, che parte proprio dalla narrazione delle storie come spunto di progettazione. Il lavoro di ricerca di Fassio e Romano è passato attraverso l’ascolto e le videointerviste a chi ha vissuto nei luoghi e a chi li ha studiati attraverso diverse angolazioni. Tutto questo materiale, che contiene memorie, particolari, frammenti di vita, è stato archiviato e reso disponibile, oltre che on line, nei finora 38 “Pali della Memoria” ( uno dei quali a San Marzano Oliveto), dotati di QR code che permette di ascoltare il racconto del luogo dove ci si trova.

 “I sette messaggeri” di Buzzati è lo spunto intorno al quale si è svolta l’ultima meditazione narrativa del regista-drammaturgo Gabriele Vacis, affiancato dal giovane Pietro Maccabei, che dà voce ad alcuni passi letterari, per toccare la concezione del tempo nelle diverse culture e nei diversi momenti storici. Come sempre Vacis trova collegamenti che appaiono limpidi ed evidenti, tanto quanto un attimo prima inarrivabili, tra opere letterarie, teatro, cinema e spirito del tempo. Nel racconto di Buzzati, contenuto nell’omonima raccolta e poi compreso anche nei “Sessanta racconti”, un principe parte per un viaggio, che si rivela interminabile, verso i confini del suo regno e i suoi sette messaggeri gli portano notizie sempre più rare e remote della sua città natale. Con il passare degli anni e l’incertezza alienante del raggiungimento dello scopo del viaggio, cresce il distacco dalla vita precedente, il cui interesse è superato dall’ansia del futuro, rappresentato dai confini irraggiungibili. Vacis rilegge il successivo “Le città invisibili” di Calvino alla luce dell’inquietudine attonita de “I sette messaggeri” e inanella una serie di riflessioni che uniscono mondi e culture. Appare così una linea di congiunzione con il momento disperato evocato dal Kublai Khan “in cui si scopre che quest’impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma”, che pare rispecchiare le riflessioni finali del racconto di Buzzati, l’amarezza e l’estraneazione generata dalla mancanza di finalità. Calvino e Buzzati, racconta Vacis, fanno riferimento alle tradizioni orientali e alla loro consapevolezza particolare del tempo.  E sulla trama sonora dalle suggestioni orientali di Roberto Tarasco si attraversano i secoli con “Le affinità elettive” di Goethe e “Aspettando Godot” di Beckett. Laddove nell’800 e nell’opera di Goethe il dramma stava nella mutazione della condizione, nel ‘900 di Beckett esso consta nella condizione stessa e nell’annullamento del tempo. Come tutti i viaggi, anche quello della meditazione narrativa passa attraverso tappe inaspettate e la letteratura lascia il posto alla cinematografia nella versione brillante di Ben Stiller, che non sfigura, nella trama di ragionamento in cui ormai l’ascoltatore è immerso, di fianco ai grandi della letteratura e del teatro degli ultimi due secoli.  Il tempo è legato al sogno, trascorre, realizza oppure sfugge e “C’è tempo” di Fossati è la conclusione musicale più adatta a quello che appare un cerchio meditativo dove al centro c’è la vita.  Non si vorrebbe abbandonare un momento come questo, semplicemente perché tutto appare perfetto in un luogo dove si gode della bellezza. La narrazione del territorio è fatta anche di questo e Fabio Fassio ed Elena Romano, con il coinvolgimento del Teatro degli Acerbi, sono intenzionati a proseguire il loro progetto che quest’estate continuerà sino a settembre con i tanti appuntamenti, sempre in luoghi evocativi, della Trilogia degli spaesati.

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