12 Agosto 2024
07:43
Narrare, anzi creare. Recensione di “La grande foresta” a Paesaggi e Oltre
COAZZOLO – E’ con un incipit fiabesco che ieri, domenica 11 agosto, in un anfiteatro fatto di prato, di fronte ad un panorama di colline e poi di cocuzzoli illuminati e come sospesi, Luigi D’Elia ha cominciato a narrare la storia de “La grande foresta”. Lo spettacolo, da lui scritto con Francesco Niccolini, che ne ha curato anche la regia, è inserito nel cartellone del festival Paesaggi e Oltre, promosso dalla Comunità delle Colline tra Langa e Monferrato con la direzione artistica del Teatro degli Acerbi. Il prossimo appuntamento sarà martedì 13 agosto a Montegrosso d’Asti con “Rosso Milva” con Daniela Placci, un omaggio in forma di teatro-canzone alla famosa cantante. Il programma di Paesaggi e Oltre è consultabile sul sito www.teatrodegliacerbi.it/ . Qui il programma della settimana di Ferragosto.
Il teatro di narrazione è quel prodigio di voce e corpo capace, senza alcun altro artificio, di rendere concreta una storia, di evocarne i particolari e di creare un altrove. Luigi D’Elia, attore pugliese, ben conosciuto e amato dal pubblico di Paesaggi e Oltre, disegna con le parole un paese che pare incantato, un ragazzo e un nonno schivo, depositario di un sapere antico.
L’incanto avvolge la descrizione della foresta, della neve, della fretta di crescere e di seguire il nonno cacciatore, presenza protettiva che pare appartenere al bosco e alla sua perfetta entropia. La caccia è per lui osservazione e non massacro degli animali, segue regole precise, si inserisce in un equilibrio che sa anche di sangue e di rituali atavici, ma si basa sull’appartenenza al tutto. Ma l’armonia si rompe anche nelle fiabe e il registro incantato si scontra con quello della paura cieca, della sopraffazione e della ricerca del capro espiatorio.
La morte violenta di una bambina, attribuita erroneamente all’ultimo lupo della foresta, innesca una spirale di violenza e di intolleranza, che rompe ogni equilibrio tra uomo e creato. In questa dicotomia si compie il percorso di maturazione del protagonista, che vorrebbe tornare indietro, colmare la distanza temporale con il passato. “Tutto tornerà come era stato”, recita una filastrocca infantile, ripetuta come un mantra a scongiurare il dolore della consapevolezza, ma è inevitabile procedere e così tramandare, pur in “un tempo cafone, maleducato e senza rispetto”, ciò che si è appreso. In un mondo dove la logica della distruzione procede senza alcun riguardo, “solo la grande foresta è ancora lì che aspetta il giorno in cui piano piano, lentamente ricomincerà a crescere”.
E’ una narrazione che procede leggera per immagini, quella di D’Elia. Le azioni e i concetti derivano da una somma di particolari che si interiorizzano, come il risuonare del bosco, entità viva e organica, al colpo del fucile o come l’ululato del lupo, a sua volta figura maestosa e simbolo della creatura-foresta. A scorrere sono sequenze filtrate dallo sguardo del protagonista, modulate dal registro della meraviglia e da gesti che disegnano scenari. Sanno di magia, di sospensione di fronte all’ignoto, di fiducia e di disillusione. E’ un percorso di vita che si consuma e conclude in uno scambio di ruoli, di fronte ad altri nipoti che ascolteranno una storia che parla di mistero e di necessità di rispetto.
La stessa atmosfera fiabesca si ritrova al termine, in una canzone sognante di Antonio Catalano (registrata anni fa insieme alla figlia di Luigi D’Elia, all’epoca bambina), ad accomunare in una sfera magica un pubblico di circa duecento persone. Già una tale partecipazione sa di straordinario in un paesino che, come gli altri comuni della Comunità delle Colline tra Langa e Monferrato, ha deciso di promuovere l’arte e la bellezza.