Autore Redazione
venerdì
3 Aprile 2020
05:03
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Cronaca - Alessandria

Una ristoratrice: “Il coronavirus rischia di portarci via anche i nostri sogni”

Una ristoratrice: “Il coronavirus rischia di portarci via anche i nostri sogni”

ALESSANDRIA – Sara è una giovane ristoratrice. Una di quelle con tanti sogni nel cassetto e la caparbietà di trasformarli in realtà. Proprio come avvenuto nel 2017 quando ha aperto il suo ristorante, il Timo e Rosmarino. “Un’emozione unica. Ora però, vederlo chiuso è un colpo durissimo al cuore“. Un sacrificio necessario “ne sono consapevole, come lo siamo tutti” però quella vita che “scivola come sabbia tra le dita senza poter far niente” è davvero difficile da metabolizzare.

Quando il virus è arrivato in Italia, prima dei Dpcm e dei lockdown, Sara ha notato subito il cambiamento che si stava per concretizzare. “Il lavoro ha iniziato a calare, lentamente ma inesorabilmente. Eravamo tutti spaventati. Non sapevamo cosa poteva arrivare dalla Lombardia“. Ma la Lombardia è stata solo la punta di un iceberg che ben presto ha colpito tutto il Nord Italia. Lo ha paralizzato per poi paralizzare l’intero Stivale. Poi è arrivato il primo decreto. Quello che imponeva la chiusura alle 18. “Allora abbiamo provato a lavorare a pranzo“. Ma a pranzo però c’era poca gente. Quasi nessuno. Sarà la paura, sarà il fatto che ci sono i primi negozi e uffici che chiudono.

Poi è arrivato il secondo decreto che “ci ha detto che dovevamo chiudere definitivamente. Ci hanno rassicurato. Ci hanno detto che gli aiuti sarebbero arrivati“. E Sara ci credeva in quegli aiuti. Ci credeva perché senza un intervento dello Stato lei “come molti altri rischiano la chiusura“. Affitti, bollette arretrate, dipendenti, collaboratori, fornitori. “Si rischia che il coronavirus porti via i nostri sogni senza permetterci di combattere per difenderli“. Gli aiuti sono arrivati ma “ci sono sembrati un pesce d’aprile in anticipo“. Perché i 600 euro promessi coprono ben poche spese. Nemmeno quelle di un affitto che per “noi è di poco superiore ai mille euro“. A questo si è aggiunto un sito dell’Inps inaccessibile a causa delle troppe connessioni e un bug nel sistema evidenziato dagli utenti.

Sara però, ancor prima di farsi aiutare, ha provato a rimboccarsi le maniche. Decide così di imboccare la via dell’asporto. Ma la crisi economica causata dal coronavirus non ha toccato solo i ristoranti. Gli ordini sono pochi e le spese sono maggiori del ricavato. “Ci abbiamo provato sino a quando non ci siamo arresti all’evidenza dei fatti: la consegna a domicilio per il nostro tipo di ristorante non funzionava“. E allora la speranza è quella che l’epidemia passi. E passi anche in fretta. “Sapendo che prima di tornare alla normalità passerà altro tempo. Noi resistiamo. Ci proviamo. Stringiamo i denti. Perché la speranza è quella di poter accogliere di nuovi i clienti. Farlo con un sorriso come abbiamo sempre fatto“. Si tiene così duro. Duro per difendere quel sogno che si è concretizzato nel 2017.

E quando tutto sarà sicuro “riapriremo. Nella speranza che ci venga data la possibilità concreta di poterlo fare“.

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