Autore Redazione
venerdì
13 Novembre 2020
08:41
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Cronaca - Alessandria

Teatro di Alessandria: “Covid non sia una scusa per spostare in là il problema”

Teatro di Alessandria: “Covid non sia una scusa per spostare in là il problema”

ALESSANDRIA – Una lettera aperta alla città ma indirizzata soprattutto al Comune di Alessandria per esortare un’azione che restituisca il Teatro cittadino ai suoi abitanti. L’ha scritta Marco Sali, segretario provinciale Slc Cgil, consapevole della gravità dei problemi attuali legati al covid, ma altrettanto convinto di come questo scenario rischi di rappresentare una scusa “per spostare più in là i problemi, specialmente quelli ai quali non si riesce a dare una risposta onesta, seria e concreta“. Sali invita a recuperare il teatro per evitare una desolazione non solo culturale. Ecco il testo della lettera:

Come Segretario Generale Provinciale della Scl Cgil ho sentito la necessità di scrivere questa lettera considerandola come “aperta” alla città di Alessandria e ai suoi cittadini a valle dell’iniziativa regionale della Slc Cgil Piemonte tenutasi in Piazza Castello a Torino Venerdì 30 Ottobre: “L’Assenza Spettacolare”.
L’iniziativa voleva denunciare le gravi difficoltà che sta attraversando il mondo della cultura bistrattato dagli stessi dpcm succedutisi e la superficialità con la quale si è trattato e si sta trattando tutti quei lavoratori che orbitano nel mondo dei teatri, dei circhi, delle orchestre sinfoniche e via dicendo.
La necessità nasce da una considerazione di fondo e cioè che quel mondo, quel meraviglioso microcosmo il cui scrigno era il Teatro Comunale, in Alessandria agonizza morente da anni.
È passato molto tempo da quando la Cgil ha chiuso la partita del fallimento Tra e seguito l’ultimo lavoratore, anzi lavoratrice, nel percorso vertenziale e nella ricollocazione lavorativa. Il sindacato aveva così svolto il suo ruolo fino all’ultimo nella cornice di un dramma come la chiusura di un luogo vivo quale il Teatro Comunale. L’epilogo? Nessun teatro, nessuna stagione teatrale. Nessuna stagione, nessun lavoratore. Città più povera: di offerta culturale, di attrattiva, di immaginazione, e, per essere più pratici, dell’economia che ne deriva: ristoranti, bar, alberghi, negozi, parcheggi.
L’emergenza sanitaria è assolutamente la priorità in questo momento. Tutti stiamo lavorando per difenderci: sui luoghi di lavoro, nelle città, fra la gente. E di nuovo c’è ben altro cui pensare . Ma è altrettanto evidente che sia l’ennesima occasione per spostare più in là i problemi, specialmente quelli ai quali non si sa dare una risposta onesta, seria e concreta.
A che punto viene nell’agenda delle priorità cittadine la riapertura del Teatro? A che punto viene il “ritorno alla normalità” che la riapertura del Teatro rappresenta, una normalità di qualità. Chi deve rispondere a queste domande?
La dissoluzione di un punto di riferimento come il Teatro di Viale Repubblica ha favorito un pugno di piccoli ma eccezionali palcoscenici di provincia che hanno contenuto seppur in piccola parte la diaspora delle professionalità. Questo fenomeno di vitalità dura a morire quanto ancora può resistere? Per quanto potrà darci ancora fiducia nel futuro pur sapendo che in ogni caso non potrà mai produrre una vera offerta alta, in grado di richiamare un pubblico importante?
In questo momento Alessandria non è solo tagliata fuori dal circuito culturale nazionale ma ne è cancellata.

Proviamo invece ad immaginare la facciata di quell’edificio incastonata fra verdi alberi ripulita, le grandi finestre illuminate e le belle porte di vetro spalancate come dovrebbero esserlo tutte le porte che racchiudono cultura ed energie positive; aperte ai cittadini, ai giovani che in qualsiasi momento avessero voglia di assistere alle prove di qualche rappresentazione, alla gente della propria città. E poi la sera, gli spettacoli di primavera, la gente che passeggia nei giardini e si prende un caffè finito di cenare nei bar o nei ristoranti attorno alla piazza o sorseggia qualcosa prima di entrare sorridente ed impaziente ad assistere ad uno spettacolo. Davvero dobbiamo rassegnarci a distrar lo sguardo offeso dai resti mortali a cielo aperto di quel luogo? Davvero si vuole offrire ai visitatori che percorrono Viale Repubblica, “porto” della città, un simile scempio come biglietto da visita?
E allora perché non provare ad immaginare una volta per tutte come risolvere i cavilli burocratici e i problemi amministrativi e riconsegnare il Teatro alla città? Esiste ancora o forse meglio, è mai esistita davvero questa volontà? A quanto pare sembrerebbe più facile persino ad Alessandria trovare denari che buone idee.
Mi chiedo però quanto davvero interessi alla cittadinanza che avrebbe tutti i diritti di pretenderlo e poi agli esercenti che con lungimiranza possono comprendere quante possibilità può offrire un teatro funzionante alle loro attività e soltanto infine alla politica votata per risolvere i problemi con soluzioni capaci non solo di sanare ma di rilanciare il territorio.
Il tempo guarisce tutto. Cura le ferite, sopisce le passioni. Quanto tempo Alessandria potrà ancora restare senza un teatro prima che la passione per l’arte si sopisca a tal punto da scivolare in un sonno ferale? Prima che quella passione diventi o rimanga eredità appannaggio di una piccola élite considerata dai più radical chic. La cultura, nonostante resista perniciosa l’idea non sia una necessità primaria, idea promossa a quanto pare pure dai vari DPCM, è lavoro, è una medicina che in tempi foschi come questi può curare solitudini, pensieri e anime oltre che fornire l’opportunità di ristorare tasche. Mai fu così evidente quanto abbiamo bisogno di tutto ciò in una città avviata alla desolazione come Alessandria centro di una provincia alla quale non si vuole proprio far prender coscienza di sé”.

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