Autore Redazione
mercoledì
5 Febbraio 2025
09:24
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Testi di Sanremo: amore vince su tutto, occhi al secondo posto, poi vita e cuore

Testi di Sanremo: amore vince su tutto, occhi al secondo posto, poi vita e cuore

SANREMO – “Il fatto che i testi di Sanremo contengano un numero ridotto di lessemi, che ricorrono molte volte, non è di per sé indice di un basso livello qualitativo sul piano linguistico anche se, certo, viene voglia di mettere in rapporto questo dato con la povertà lessicale delle ultime generazioni, che viene spesso lamentata e che certamente un fondamento“. Lo afferma il linguista Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, a proposito del linguaggio proposto dalle canzoni in gara alla 75esima edizione del Festival condotto da Carlo Conti, in un’intervista.

Né sorprende la classifica delle parole più spesso ricorrenti: che ‘amore‘ sia anche quest’anno la più frequente non stupisce, come non stupiscono le alte posizioni di ‘occhi’ e, più distanziate, di ‘vita’ e di ‘cuore’; e neppure la prevalenza di ‘mamma’ più ‘madre’ su padre (papà manca del tutto). Molto probabilmente la stessa cosa è avvenuta già in molte edizioni precedenti, se non proprio in tutte – spiega il presidente dell’Accademia della Crusca. Appena più significativo è il primato, tra i verbi, di ‘chiamare’, che ormai da decenni si usa invece di ‘telefonare’ (oggi dallo smartphone, certo)“.

Nelle coppie avverbiali e pronominali che vengono confrontate, il fatto che ”mai” prevalga su “sempre“, “niente” su “tutto”, “male” su “bene”, “solo” su “insieme”, sostiene il professor D’Achille, “sembra effettivamente indicare un orientamento dei cantautori (o dei parolieri) verso atteggiamenti pessimisti più che ottimisti, ma bisognerebbe vedere i contesti d’uso, le distribuzioni delle parole tra le diverse canzoni (che opportunamente viene rilevata nel caso di ‘cuoricini’, le cui occorrenze si concentrano nel testo della canzone dei Coma Cose). Forse, più che il dato quantitativo, sarebbe importante il dato qualitativo, che consideri cioè le parole che, anche se documentate da un unico esempio o da due, costituiscono delle presenze inattese in canzoni festivaliere“.

Ma la critica nei confronti delle parole del cosiddetto ‘sanremese’ (il banale linguaggio delle canzoni del Festival) dura da molti anni, se non da sempre – ricorda l’accademico della Crusca -; e non dobbiamo mai dimenticarci che i testi delle canzoni vanno giudicati in rapporto alla musica perché è così che vengono fruiti dal pubblico: si tratta di ‘parole cantate’ e non scritte o dette. Del resto, anche nel campo della musica operistica, a cui si lega tuttora la diffusione internazionale dell’italiano, ci sono libretti non pienamente riusciti sul piano strettamente testuale, ma che sono stati la base per arie e romanze che musicalmente, grazie a Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini (per citare solo i nomi dei compositori più noti e importanti) sono risultate dei capolavori. Senza farmi troppe illusioni, quindi, aspetterei di ascoltare le esecuzioni delle canzoni prima di dare un giudizio sulle loro parole“.

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