23 Marzo 2020
08:44
Coronavirus: l’Aifa scettica sull’utilizzo dell’Avigan per curare il Covid-19
ROMA – Il Piemonte si è detto disponibile a testare l’Avigan, il famoso farmaco antivirale che starebbe dando benefici nella lotta al coronavirus, sui pazienti positivi al Covid-19. Prodotto per la prima volta nel 2014 dal gruppo giapponese Fujifilm Toyama Chemical, questo medicinale sarebbe stato già utilizzato in Cina e in Giappone con risultati più che incoraggianti. Questo ha portato i governatori delle regioni più colpite, in primis Zaia del Veneto, a chiedere le autorizzazioni alla sperimentazione dell’Avigan. Decisamente fredda la reazione dell’Aifa che in un comunicato diramato nella giornata di domenica.
“Favipiravir (nome commerciale Avigan) è un antivirale autorizzato in Giappone dal marzo 2014 per il trattamento di forme di influenza causate da virus influenzali nuovi o riemergenti e il suo utilizzo è limitato ai casi in cui gli altri antivirali sono inefficaci“, si legge nella nota in cui si precisa anche che attualmente il medicinale non è autorizzato né in Europa né negli Usa.
Lo scetticismo dell’Aifa sta nel fatto che a oggi “non esistono studi clinici pubblicati relativi all’efficacia e alla sicurezza del farmaco nel trattamento della malattia da Covid-19. Sono unicamente noti dati preliminari, disponibili attualmente solo come versione pre-proof (cioè non ancora sottoposti a revisione di esperti), di un piccolo studio non randomizzato, condotto in pazienti con Covid-10 non grave con non più di 7 giorni di insorgenza, in cui il medicinale favipiravir è stato confrontato all’antivirale lopinavir/ritonavir (anch’esso non autorizzato per il trattamento della malattia Covid-19), in aggiunta, in entrambi i casi, a interferone alfa-1b per via aersol“.
Per l’Agenzia italiana del farmaco mancano i dati “sulla reale efficacia nell’uso clinico e sulla evoluzione della malattia” nonostante le prime indicazioni “sembrino suggerire una potenziale attività di favipiravir, in particolare per quanto riguarda la velocità di scomparsa del virus dal sangue e su alcuni aspetti radiologici“. Gli stessi autori riportano come limitazioni dello studio che la relazione tra titolo virale e prognosi clinica non è stata ben chiarita e che, non trattandosi di uno studio clinico controllato, ci potrebbero essere inevitabili distorsioni di selezione nel reclutamento dei pazienti.
Questo non vuol dire un no a priori poiché l’Aifa “rivaluta quotidianamente tutte le evidenze che si rendono disponibili al fine di poter intraprendere ogni azione” nella lotta del contrasto al coronavirus. “In particolare, nella seduta di oggi, lunedì 23 marzo, la Commissione si esprimerà in modo più approfondito rispetto alle evidenze disponibili per il medicinale favipiravir“.