Autore Redazione
martedì
18 Agosto 2020
08:18
Condividi
Cronaca - Alessandria

La storia di Federica di ritorno dalla Spagna e abbandonata dallo Stato: “Attendo un tampone che non mi verrà fatto”

La storia di Federica di ritorno dalla Spagna e abbandonata dallo Stato: “Attendo un tampone che non mi verrà fatto”

ALESSANDRIA – Un’avventura, che poi avventura non dovrebbe nemmeno essere. Forse un’esperienza, di quelle di vita vissuta sulla propria pelle. Sì, un’esperienza che in uno Stato ben organizzato non si sarebbe nemmeno dovuta verificarsi. È la storia di Federica, 20 anni, di ritorno dalla Spagna. Il suo è un racconto che è arrivato ieri sera alla redazione di RadioGold e che parla dell’inefficienza dei controlli di quei turisti di ritorno da quei Paesi dove il numero di contagi è salito vertiginosamente nelle ultime settimane.

Vi scrivo per raccontarvi dell’esperienza che sto vivendo in questi giorni, chiusa in casa dopo il mio rientro dalla Spagna, in attesa di un tampone che probabilmente non mi verrà mai fatto“, inizia così Federica. Il suo è un j’accuse contro uno Stato mancante e un odio galoppante che in Italia trova sfogo sui social network. “Dal mio punto di vista, quello che sto vivendo è assurdo e vergognoso: chi arriva dall’estero viene incolpato di portare il virus in Italia. Ma è proprio nel momento del mio arrivo che mi rendo conto che le misure adottate dal mio Paese sono troppo deboli per contenere il contagio (nessun obbligo di mascherina all’aperto, storie su Instagram di miei coetanei in discoteche ultra-affollate senza l’ombra di nessuna precauzione); misure che a Madrid, la città dove ho soggiornato per una ventina di giorni, venivano rispettate con rigidità: obbligo di mascherina anche nei bar coi tavolini all’aperto, discoteche chiuse, divieto di assembramento con molte pattuglie della polizia che vigilavano la città 24 ore su 24 e sanzioni molto care per chi non le rispettava“.

Federica, 20 anni è atterrata all’aeroporto di Milano/Bergamo Orio al Serio con un volo diretto da Madrid sabato 15 agosto alle ore 12.00. “Il giorno 13 agosto sono venuta a conoscenza dell’entrata in vigore dell’ordinanza del ministero della Salute, la quale impone l’obbligo di sottoporsi a tampone per verificare immediatamente l’eventuale contagio da Covid-19 per chi arriva in Italia dopo essere stato in Spagna, Malta, Croazia o Grecia“. La 20enne ha così “chiamato l’azienda sanitaria locale di riferimento, in questo caso l’Asl di Alessandria, che mi informa sulla procedura da effettuare al mio arrivo: mandare un’e-mail all’apposito indirizzo dedicato ai rientri in Italia con tutti i miei dati personali, i dettagli di ogni mio spostamento, la copia della carta d’identità e l’eventuale esito del tampone fatto al mio arrivo in aeroporto proprio nel momento del mio arrivo in Italia“.

Preoccupata ma conscia anche delle imposizioni – giuste – imposte dallo stato, il giorno del check-in Federica va “a cercare in ogni modo una cartoleria aperta dove poter stampare l’Autodichiarazione giustificativa dello spostamento in caso di entrata in Italia dall’estero, una documentazione di viaggio aggiuntiva composta da tre facciate la cui mancata presentazione alle autorità locali, riportando le testuali parole di Ryanair, comporterà l’impossibilità di viaggiare o di entrare nel Paese e, in alcuni casi, potrebbe essere applicata una multa fino a 500 mila euro da parte delle autorità locali“. Ecco che la ragazza al suo arrivo “all’aeroporto di Bergamo mi viene immediatamente misurata la temperatura corporea ma la documentazione obbligatoria che avevo firmato dove denunciavo il rientro non mi viene chiesta (stessa documentazione obbligatoria e assolutamente necessaria per l’ingresso in Spagna); inoltre, vengo informata del fatto che nell’aeroporto non vengono fatti tamponi, il che non mi sorprende, nonostante la mia illusa speranza, dato che il giorno prima avevo letto che i test sarebbero stati fatti solo a Malpensa e Linate anche se, appena arrivata a casa, mi rendo conto che neanche questi due erano stati attrezzati come da ordinamento“.

Federica vuole fare le cose per bene e manda “la mail, già preparata il giorno anteriore, all’indirizzo dell’Asl di Alessandria fiduciosa di ricevere una risposta nel più breve tempo possibile per fissare un appuntamento per effettuare il tampone entro le 48 ore dal mio arrivo. Al momento sono passati più di due giorni e mi sto affidando ad un sistema non preparato all’emergenza che non mi ha ancora chiamato per dirmi quando, e se, mi sarà fatto il tampone e che mi dice di rimanere in casa in quarantena fiduciaria in attesa di quel momento“. Da qui l’interrogativo più che giusto di questa giovane: “Mi verrà fatto il tampone se non entro le famose 48h, entro i 14 giorni di quarantena non essendo questa obbligatoria? La Regione Piemonte oltre a non essere preparata con i tamponi mi dice di rivolgermi se ho così tanta urgenza ad una clinica privata e mi indirizza ad un elenco che si trova sul sito della Regione“.

Peccato, sostiene Federica, che “le cliniche e laboratori privati segnalati o sono chiusi per ferie o effettuano solo test sierologici o, la maggioranza, mi rispondono che non ha idea del perché sia stato inserito in quell’elenco dal momento che fa tutto tranne i tamponi”. Lo sfogo della 20enne si conclude così: “Come dicevo all’inizio, scrivo la mia esperienza perché sento la necessità di parlarne, di far sapere che quei Paesi considerati in Italia a rischio, nel mio caso la Spagna, stanno adottando misure molto più severe rispetto alla stessa, dove è impossibile fare un tampone, dove la mascherina è ormai per sfigati, dove le aziende competenti per territorio non riescono a reggere il carico dei numeri dei rientri a causa delle ferie (Ferragosto e la domenica) e i numeri dei contagi crescono a insaputa degli italiani, convinti che il virus ci sia solo all’estero perché in Italia non si fanno abbastanza tamponi“.

Condividi