Autore Redazione
giovedì
12 Agosto 2021
11:12
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Cronaca - Alessandria

Le piccole stazioni e le storie che aspettano di salire su un nuovo treno

Le piccole stazioni e le storie che aspettano di salire su un nuovo treno

SOLERO – Una testimonianza di un cittadino ha catturato la nostra attenzione. Del suo racconto ci è piaciuto il modo di raccontare quei luoghi che fino a poco tempo fa hanno fatto parte delle nostre vite: le piccole stazioni. Oggi sono in buona parte edifici che vediamo scorrere dai finestrini, sempre più desolanti, testimonianza di un passato perduto e anche causa di un progressivo spopolamento dei piccoli centri abitati. Eppure proprio i paesi hanno caratterizzato e reso unico il nostro Paese. In questi giorni si sta parlando di nuovi forti investimenti nelle ferrovie attraverso il Pnrr che prevede investimenti per circa 62 miliardi di euro nel settore delle infrastrutture e della mobilità perciò la speranza è di vedere recuperati quei borghi e luoghi una volta vitali e pieni di umanità. Il perché lo spiega bene Luca Cerruti, residente a Solero capace di scattare una foto a colori della stazione del suo paese, anche se oggi quella foto è in bianco e nero.

“Le stazioni hanno un fascino misterioso, forse perché sono crocevia di vita: ogni stazione è via ed arrivo, partenza e ritorno, inizio e fine, è l’una e l’altra parentesi che sottendono la storia che vi scorre racchiusa, rettilinea e piana come i binari che corrono lungo la nostra pianura, o tortuosa e impervia come certe rotaie che si inerpicano lungo i tratti montani.
Pochi luoghi sono intrisi d’umanità quanto lo é una stazione, è un sentore di vita che ti senti attorno sia che si confonda nel vociare indistinto d’una grande stazione principale, quanto che si perda nel silenzio di una piccola stazione locale, una di quelle in cui sovente i treni passano senza fermarsi come fa lo sguardo sul paesaggio attraverso il finestrino.
Una stazione è l’odore della sala d’aspetto e quello che emana la massicciata, è il gracchiare d’un altoparlante e lo squillo di una campanella, è un cartello che può voler dire fuga cui adire o rifugio a cui tornare.
E poi, seppur tutte legate da un filo comune, ogni stazione è differente dalle altre e differente per ognuno; la stazione del mio paese, per me, è mio padre che si sporgeva da una carrozza postale per raccattare quasi al volo me e mio fratello bambini, il rombo sordo del diesel che mi portava a casa da scuola, il magone o la gioia sulle carrozze della partenza e del ritorno del servizio di leva, il senso di libertà delle gite giovanili con gli amici sempre in sospeso tra i ritardi dei treni e il nostro arrivare ai treni in ritardo.
La stazione di Solero, è snodo di tante vite del mio paese, parte della mia mischiata a parti di altre storie, scritte distrattamente tra il verde di una panchina e il rosso delle mattonelle della sala d’attesa”.
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