Autore Redazione
sabato
12 Febbraio 2022
11:33
Condividi
Cronaca - Valenza

La forma del delirio. Recensione di “Panico ma rosa” al Teatro Sociale di Valenza

Alessandro Benvenuti alla stagione APRE convince e si prodiga in un racconto delirante, caustico e virtuosistico. Giovedì 17 febbraio il prossimo spettacolo fuori cartellone: Romina Mondello in Jackie
La forma del delirio. Recensione di “Panico ma rosa” al Teatro Sociale di Valenza

VALENZA – Il Teatro di Valenza, con la gestione della cooperativa CMC/Nidodiragno produzioni, per la direzione artistica di Roberto Tarasco, è un polo culturale vivissimo, con una programmazione che comprende la stagione teatrale, quella cinematografica e l’ampio e affollato ventaglio di corsi compresi nella sfera di TEAtro POTenziale, un vero incubatore di creatività. Spicca il cartellone APRE con nomi importanti, come Alessandro Benvenuti, che ieri 11 febbraio ha presentato il suo “Panico ma Rosa. (dal diario di un non intubabile)”, ad un pubblico che ha dimostrato ancora una volta di amare la sua comicità graffiante e mirata. Il prossimo spettacolo sarà un fuori cartellone di grande intensità con una interprete conosciuta al grande pubblico:  giovedì 17 febbraio sarà in scena  Romina Mondello in Jackie, incentrato sul personaggio di Jacqueline Lee Kennedy Onassis.

Il teatro è uno specchio che ingrandisce, deforma, ma infine focalizza sempre una verità. Quella di “Panico ma Rosa. (dal diario di un non intubabile)”, laddove intubabile si riferisce alla supposta selezione in base all’età per l’accesso al reparto rianimazione, è la rielaborazione di un passato recente, in uno stile caustico e raffinato. Nasce come diario durante il primo claustrofobico lockdown, quello dello slogan “io sto a casa”, e diventa un flusso di coscienza che attraversa il momento temporale e abbraccia più temi. Benvenuti rievoca un vissuto comune, fatto di canzoni alla finestra, passeggiate giustificate dal possesso di un cane, di corsette in prossimità dell’abitazione. E’ satira, ma ben radicata nel reale, come sono stati reali l’immobilismo forzato, le elucubrazioni legate all’inerzia, gli scoppi di violenza domestica e le crisi di coppia. Ed è con una parlata rapida e un ritmo che obbliga all’attenzione (e ben venga un po’ di concentrazione, anche così il teatro risveglia le menti) che Benvenuti trascina in un gorgo di ricordi d’infanzia. E’ un fiume di parole che scorre dal passato da chierichetto, dipinto con registro decisamente comico e venato da un passaggio satirico, alla liberazione dal “peso di Dio” in età giovanile. Le considerazioni arzigogolate sull’importanza delle sostanze allucinogene nelle religioni sono esilaranti, come lo è il frastuono improvviso dei canti da balcone, una realtà recente e già triste.

Perché c’è tutto in questo diario, c’è il panico da claustrofobia, ci sono le contorsioni mentali di chi al mattino inizia ad affrontare il vuoto della giornata, ci sono le attività domestiche in cui tutti ci siamo buttati nei due mesi di quella che è stata una mancata primavera. C’è soprattutto un ritmo che rincorre se stesso, passa dalla narrazione ironica, che strappa la risata, al virtuosismo dei giochi di parole, ripetuti, riproposti e rielaborati con una velocità che pare la traduzione in suono di un ragionamento contorto fatto in una situazione paradossale. Benvenuti stupisce per una scrittura che pare un esperimento linguistico e dà forma al panico e al delirio della costrizione, senza mai perdere il contatto con il pubblico e la forza della comicità per veicolare un messaggio.
“Can’t Help Falling In Love” di Elvis Presley  è un finale che sa di vita che continua e di sentimenti che ne sono l’anima. La comicità è uno strumento, tanto più potente se tinta di satira, ma ciò che rimane è un racconto, distillato da una mente affilata, di ciò che siamo stati, siamo e abbiamo la speranza di essere, grazie al “disperato bisogno dei ragazzi di sognare”.

Condividi