Autore Redazione
martedì
17 Maggio 2022
05:04
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Cronaca - Alessandria

Alessandria non è (ancora) una città per Lgbtqi+: “Tanto da fare”. La storia di Elena e quello sputo in centro

Alessandria non è (ancora) una città per Lgbtqi+: “Tanto da fare”. La storia di Elena e quello sputo in centro

ALESSANDRIA – “Sì, purtroppo di giornate come quella di oggi ce ne è ancora tremendamente bisogno“. Le parole sono quelle di Stefania Cartasegna, presidente di Tessere Le Identità, e la giornata citata è quella contro l’Omotransfobia, che il 17 maggio si celebra in tutto il mondo. Basti pensare che da inizio anno in Piemonte si sono verificati 50 casi di attacchi a persone che fanno parte della comunità Lgbtqi+. Un dato che fa della nostra regione una di quelle più colpite insieme a Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. Il motivo? Secondo Cartasegna va ricercato, per assurdo, nella libertà che spinge “le persone a vivere i propri sentimenti liberamente. Più ci si espone più, purtroppo, si viene colpiti. L’importante però è denunciare“. Proprio come fatto da Claudia Cecconello, 53 anni, brutalmente aggredita nemmeno due settimane fa da un vicino di casa proprio perché lesbica.

Ma c’è anche la storia di una ragazza transche è stata vessata ultimamente sul luogo di lavoro e spinta a licenziarsi. Purtroppo questa volta non c’è stata denuncia. C’è ancora troppa paura di ripercussioni“. Ma è proprio in questi casi che urlare l’ingiustizia subita è obbligatorio “dato che è l’unico strumento forte a disposizione di chi viene tiranneggiato o ghettizzato a causa del proprio orientamento sessuale“. Soprattutto dopo che con lo stop al ddl Zansi è ribadito ancora una volta che in Italia non esistono leggi a tutela della comunità Lgbtqui+“. Altra arma, oltre a quella della denuncia, deve essere “quella dell’educazione”. Un’educazione profonda, che parta dal basso “e si diffonda a tutti i livelli della società. Iniziamo a usare l’arma dell’informazione che possa coinvolgere le scuole ma anche le istituzioni. Perché il Pride da solo non basta, di questi temi bisogna parlarne quotidianamente per non imbarbarirci“.

In questo senso anche le famiglie sono coinvolte in tutto questo, anche se “spesso sono i figli, con le loro storie, a educare i genitori. Ricordo che i millennials sono quelli che si aprono maggiormente, che rivendicano la volontà di vivere liberamente il loro amore e la loro vita. Da questi atteggiamenti possiamo e dobbiamo prendere e apprendere tanto“, ha concluso Stefania Cartasegna. Ma è proprio per cercare una normalità che gli spetta di diritto, ancora molte persone vengono insultate e aggredite, oppure subiscono il biasimo piuttosto che gli sguardi indiscreti e indignati delle persone. E questo è successo a Elena Zecchin, artista classe ’98 e residente ad Alessandria. Una ragazza che non ha paura nel difendere le proprie idee e combattere, anche con la sua arte ‘sociale’, per il bene dei diritti di tutti oltre che di questo mondo. Elisa è fidanzata da quattro anni con Julie, una giovane transessuale, e con lei ha dovuto subire alcune vessazioni anche piuttosto pesanti.

DOMANDA: L’Italia è ancora un Paese omotransfobico?
RISPOSTA: Purtroppo sì. Io e Julie lavoriamo in tutta Italia e abbiamo notato che più la città è piccola, più l’odio e le discriminazioni nei confronti di chi è diverso dal canone tradizionale è maggiore.
D: E Alessandria è più o meno ‘tollerante’? 
R: Alessandria è una città chiusa. Una città dove la comunità Lgbtqi+ è spesso additata e giudicata negativamente.
D: Anche voi come coppia avete subito degli attacchi?
R: 
Fortunatamente non si è arrivati mai a una aggressione fisica, però abbiamo subito gli sguardi schifati delle persone, le battutine dette a bassa voce, le risatine. Un pomeriggio, in Corso Roma, quindi parliamo di pieno centro città, una persona ci ha anche sputato addosso. 

D: Questo che ripercussioni psicologiche vi ha lasciato?
R: Viviamo costantemente con l’ansia e la consapevolezza di essere potenzialmente a rischio anche se ci teniamo semplicemente per mano. Vivere senza questo macigno addosso sarebbe già fantastico.
D: Quindi siete costrette a limitare in parte la vostra vita?
R: 
Sembra assurdo dirlo nel 2022 ma sì. Non usciamo sole la sera tardi ad esempio, oltre a evitare certe zone della città. Proviamo a confonderci con la folla per passare inosservate.
D: Dicendo così sembra che Alessandria sia una città inadatta per chi esprime liberamente la propria sessualità.
R: 
Lo è, ma allo stesso tempo non lo è. Nel senso che queste aggressioni verbali piuttosto che gli sguardi di disgusto arrivano fortunatamente da una piccola minoranza. In città ci sono tante persone che ci sostengono e molte altre non interessa con chi stai. Tuttavia queste piccole micro aggressioni alla lunga ti intimoriscono e ti rendono insicuro nei luoghi che di solito chiami casa.

D: Ma questo da cosa dipende?
R: Penso per lo più da ignoranza. Poi c’è un pizzico di curiosità che sovente diventa morbosa nei confronti del diverso. Ed è proprio la diversità che dovrebbe essere accettata proprio perché infrange le regole e i pregiudizi sociali. Siamo tutti uguali in quanto esseri umani, ma proprio perché esseri umani siamo anche diversi gli uni dagli altri. Bisogna capire che la diversità permette a un popolo di arricchirsi. Basti pensare a quello che succede a Milano.
D: In che senso?
R:
È una città molto inclusiva. Nel capoluogo lombardo esiste un quartiere a forte presenza Lgbtqi+ che è Porta Venezia, dove le istituzioni fanno sentire la loro presenza e la loro vicinanza. Questo ha fatto sì che se io cammino a piazza Duomo mano nella mano con una ragazza nessuno mi guarda o indica. Anche il Pride, ad esempio, viene visto non come una carnevalata ma come un possibile momento di condivisione. Certo il folclore fa parte di questa tipologia di evento ma non viene sminuito semplicemente a mera festa.
D: Ad Alessandria non lo percepite così?
R: 
L’amministrazione ha concesso l’autorizzazione del Pride ma il sentore è che non si siano capiti effettivamente la portata e l’importanza di un evento di questo tipo. Non una festa, quanto piuttosto un momento di condivisione di un mondo spesso ghettizzato e a tratti deriso.

D: A proposito di istituzioni, come giudichi lo stop del ddl Zan?
R: Come una cosa gravissima. Lo hanno definito un bavaglio alle opinioni, ma l’Italia è uno dei pochi Paesi che non tutela la comunità Lgbtqi+. La discriminazione per una tendenza sessuale dovrebbe essere considerata reato, così come l’aggressione verbale. Perché una persona, in questo Paese, si deve sentire legittimata a sputarmi addosso?

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