25 Novembre 2022
05:00
Più di 100 donne uccise dall’inizio dell’anno. Il dramma dei femminicidi e i limiti del “Codice Rosso”
ALESSANDRIA – Sono state già 104 le donne uccise in Italia dall’inizio dell’anno. Il monitoraggio del Dipartimento della Pubblica sicurezza – Direzione centrale della Polizia criminale, aggiornato al 20 novembre, fotografa una realtà drammatica che nella maggior parte dei casi si consuma tra le mura domestiche. Tra i 104 femminicidi, 88 sono avvenuti in ambito familiare o affettivo e sono state 52 le donne uccise dal partner o dall’ex. I dati evidenziano un lieve calo rispetto alle 109 donne uccise nello stesso periodo del 2021. La flessione, però, non conforta affatto. La freddezza dei dati non sa mai raccontare e rendere giustizia alle storie delle vittime ma il numero ancora così drammaticamente alto mette in evidenza l’esigenza di fare di più contro la violenza di genere.
Con il Codice Rosso, nel 2019, sono state introdotte nuove fattispecie di reato e si sono inasprite le pene di alcuni crimini già previsti nell’ordinamento penale. In quelle disposizioni sono rimaste, però, anche molte zone d’ombra. “Il Codice Rosso avrebbe dovuto costituire la chiave di volta ma i numeri ci dicono il contrario” ha sottolineato Giulia Boccassi, Responsabile dell’Osservatorio Pari Opportunità dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la penalista alessandrina sarà tra i relatori di un seminario formativo organizzato dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Alessandria. Nella sede del Digspes dell’Università del Piemonte Orientale di Alessandria, a Palazzo Borsalino dalle 15, si parlerà proprio delle disposizioni adottate contro la violenza di genere. Il titolo dell’incontro “Il Codice Rosso… funziona!/?”, nel punto interrogativo che accompagna l’esclamazione racchiude le perplessità del mondo forense rispetto alla legge 69 del 2019. Il Codice Rosso, ha spiegato Giulia Boccassi, contiene diverse norme, alcune “positive“, altre risultate “non efficaci“. L’azione contro la violenza di genere dovrebbe seguire la via maestra delle tre “P” della Convenzione di Istanbul: “prevenire, proteggere, perseguire“ a cui si va ad aggiungere una quarta “P” per le politiche integrate. Il Codice Rosso, invece, “ha investito esclusivamente sulla punizione“ e ha lasciato a margine “prevenzione” e “protezione“. La Legge 69 del 2019, all’articolo 21, prevede infatti la regola “dell’invarianza finanziaria“. È, quindi, una legge “a costo zero“, che viene cioè applicata con i mezzi e le persone a disposizione, anzi, quelli a disposizione tre anni fa. “Prevenzione” e “protezione” hanno invece un costo economico che non è contemplato nella legge. Senza investimenti, però, le riforme “sono inefficaci” soprattutto quando l’azione deve incidere su un fenomeno complesso come quello della violenza di genere.
Il Codice Rosso, ha sottolineato la penalista alessandrina, non ha previsto sostegni per le associazioni che si occupano di violenza di genere, le case rifugio e non si è investito neppure sulla formazione del personale che deve accogliere chi è vittima di violenza. Per la Responsabile dell’Osservatorio Pari Opportunità dell’Unione delle Camere Penali Italiane, il Codice Rosso, “al di là del proclama” che ha risposto “alla pancia del Paese”, ha messo chi è chiamato ad applicare quelle norme, in primis forze dell’ordine ma anche Pm, giudici e gli avvocati che si confrontano nelle aule dei tribunali, davanti a “un sistema che funziona poco, e i numeri ce lo dimostrano”. La legge impone “urgenza” ma non ha previsto neppure un adeguato aumento del personale di polizia giudiziaria o dei magistrati che devono valutare e, soprattutto, riconoscere le situazioni più gravi in una pila di fascicoli che è nettamente aumentata dall’entrata in vigore della legge. La violenza di genere, ha ricordato Giulia Boccassi, non è quasi mai “eclatante”. Nella maggior parte dei casi è “molto subdola” e spesso si annida in famiglia: “Serve un filtro, un sistema di valutazione del rischio, e in questo senso ci sono già degli studi fatti dai centri antiviolenza”.
“La punizione è importante” ma arriva “alla fine”, quando il reato c’è già stato, ha ricordato la penalista: “E invece noi dobbiamo intervenire prima“. Contro la violenza di genere servono “investimenti per accogliere e proteggere le donne che sporgono denuncia ma bisogna investire anche sotto il profilo culturale per creare una coscienza diversa, soprattutto tra i giovani uomini. Altrimenti i numeri della violenza di genere non scenderanno mai”.