Cronaca - Alessandria

Alla ex Solvay un nuovo impianto anti-pfas. Direttore: “Scelta obbligata, ce l’hanno chiesto gli enti pubblici”

ALESSANDRIA – Già in funzione dallo scorso luglio, ieri allo stabilimento Syensqo di Spinetta, ex Solvay, è stato inaugurato il nuovo impianto in grado di eliminare quasi totalmente tre tipi di Pfas dalle acque: il Pfoa, l’adv e il c6o4. Esteso per un ettaro, è stato costruito in poco più di un anno grazie a un investimento di 26 milioni di euro della multinazionale. La depurazione viene garantita dai carboni attivi, vere e proprie spugne in grado di assorbire gli inquinanti. 3.700 i metri cubi di acqua trattati all’ora, una portata equivalente a 40 piscine olimpioniche al giornoLa progettazione ha avuto inizio nel 2022 e i lavori di costruzione sono stati completati in un anno, grazie al coinvolgimento di 160 persone e 15 imprese locali in cantiere per un totale di 60 mila ore lavorate e con l’applicazione dei più elevati standard di sicurezza. Per l’azienda questa struttura rappresenta un ulteriore passo verso il traguardo del cosiddetto “zero tecnico” di emissioni nel sito, da raggiungere entro il 2026. 

Già nel 2022, su un’area vicina all’impianto a carboni attivi, era stato infatti avviato anche l’impianto a osmosi inversa (frutto di un investimento di 15 milioni di euro) per il trattamento dei reflui acquosi di processo. Grazie a 40 m3/ora di acque reflue trattate, questo impianto separa efficacemente i tensioattivi PFAS delle acque. L’acqua demineralizzata viene riutilizzata nei processi industriali del sito. Il trattamento con Carboni Attivi costituisce il passaggio finale di un ulteriore trattamento delle acque industriali di raffreddamento già trattate da impianti intermedi.

“Abbiamo deciso di sviluppare questa tecnologia dei carboni attivi perché, di fatto, gli enti pubblici ce lo hanno chiesto esplicitamente, indicando dei valori limiti estremamente sfidanti” ha sottolineato a Radio Gold il direttore dello stabilimento Syensqo di Spinetta Stefano Colosio “è stata una scelta, per così dire, obbligata. Con gli impianti anti pfas precedenti, tuttora in funzione a monte, veniva eliminata la gran parte dei pfoa, c6o4 e adv. Questo impianto, invece, arriva a livelli di purezza dell’acqua estremi. Per eliminare una grossa quantità di inquinanti la spesa è relativamente moderata. Man mano che si arriva alle purezze estreme dell’acqua si elimina molto meno inquinante e si spende molto di più per l’investimento e per la gestione. Bisognerà capire quale sarà l’equilibrio che il legislatore europeo vorrà mettere. Sarà impossibile arrivare allo zero assoluto e infatti noi parliamo di zero tecnico, cioè al di sotto dei limiti di rilevabilità”.

“Nei paesi del nord Europa, più avanzati in questo dibattito, non misurano necessariamente la quantità di pfas nello scarico della singola industria ma la quantità alla foce, nel mare. L’effetto diluizione sarà quello che giocherà un fattore importante nel raggiungere questi limiti” ha aggiunto Colosio poco prima del taglio del nastro “i pfas, in generale, sono oggetto di un grande dibattito a livello legislativo. Non è scontato che questa legislazione venga adottata. Spendere 26 milioni è una bella impresa ma per le piccole aziende non potrebbe essere possibile. Io spero sempre che i nostri legislatori, a livello europeo, possano considerare un equilibrio tra benessere economico e benessere ambientale”.

Colosio ha anche sottolineato che i pfas non sono gli unici inquinanti eterni. Non sono biodegradabili così come molte sostanze chimiche: gli idrocarburi che mettiamo nel motore della nostra auto, ad esempio, si trovano in giacimenti enormi presenti da migliaia di anni, così come i metalli pesanti. Identificare solo i pfas come inquinanti eterni è, a mio avviso, uno slogan fuorviante. Bisognerebbe arrivare a un certo equilibrio fra tutti i tipi di inquinanti e non concentrare l’attenzione su questi pfas, dimenticandosi di tutto il resto. L’inquinamento dell’aria nelle nostre città è prevalentemente dovuto a idrocarburi, che sono anche loro inquinamenti eterni, con questo accento sui pfas gli idrocarburi vengono messi parecchio in secondo piano”.

Il direttore Colosio ha poi ribadito il concetto già espresso durante la Commissione Sicurezza e Ambiente dello scorso 27 marzo: la considerazione rispetto al C6o4, non considerato “una vera minaccia” e che comunque sarà destinato alla dismissione soprattutto perchè ritenuto avverso dall’opinione pubblica“. “Gli studi scientifici dimostrano che il c6o4 non è un prodotto chimico problematico, è molto tollerato dall’ambiente, non è biopersistente. Questo rappresenta una chiara differenza rispetto al pfoa. Ma noi siamo una impresa responsabile, teniamo conto della preoccupazione delle comunità locali e abbiamo osservato che c’è una certa ostilità verso questa sostanza. È prevalentemente per questa ragione che stiamo intraprendendo la strada per evitare di utilizzarlo, nel limite del tecnologicamente possibile. Come già detto elimineremo il 99% dell’uso del c6o4 entro il 2026″. Il dirigente ha anche sottolineato che “gli investimenti di collettamento delle poche acque non ancora trattate si completeranno entro ottobre 2024 in modo da raggiungere ulteriori stringenti limiti di emissioni previsti dalla Regione Piemonte”.

Il tema dei Pfas è molto sentito sul territorio le parole di Giorgio Laguzzi, assessore allo Sviluppo Sostenibile del Comune di Alessandria “come istituzioni comprendiamo pienamente le preoccupazioni e ci facciamo carico delle richieste della popolazione ma al tempo stesso apprezziamo l’impegno di Syensqo a continuare negli investimenti per il raggiungimento dello zero tecnico di emissioni così come ho potuto constatare all’inaugurazione dell’impianto a carboni attivi”.

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