23 Giugno 2017
15:18
Tutto il rancore per il collega in 12 coltellate
Nella foto in copertina da sinistra a destra: Maggiore Natale Grasso Comandante della Compagnia Carabinieri di Casale, il Comandante provinciale dei Carabinieri di Alessandria Colonnello Enrico Scandone, il Tenente Colonnello Giuseppe Di Fonzo Comandante Nucleo Operativo del Comando provinciale e il Maggiore Giacomo Tessore Comandante del Nucleo Investigativo
SAN MARTINO DI ROSIGNANO – Avevano due caratteri diversi Andrea Juvara e Massimiliano Ammenti. Entrambi medici, quasi coetanei, il primo 47 anni il secondo 51, per diverso tempo avevano lavorato insieme nel 118 di Casale. Circa un anno fa Juvara, anestesista, era poi passato al Pronto Soccorso. Gli incontri tra i due nei corridoi e nelle salette dei medici del Santo Spirito erano però ancora frequenti e nel più chiuso Ammenti, giorno dopo giorno, hanno alimentato un rancore esploso in follia omicida.
Secondo gli inquirenti il medico del 118 da tempo pensava di farla pagare al collega. E giovedì è salito fino alla camera da letto al primo piano del casolare in località Varacca Bassa a San Martino di Rosignano con il preciso intento di uccidere. Ha sfondato la porta d’ingresso a spallate e poi, salite le scale, ha sorpreso il collega nel sonno.
Erano forse le 5- 5.30 del mattino quando il primo fendente ha lacerato il fianco sinistro di Andrea Juvara. Svegliato dal dolore, il medico ha inutilmente cercato di proteggersi con un braccio. Il suo aggressore ha però continuato a colpire. Per 10-12 volte Ammenti ha affondato la lama. Nella furia si è provocato una profonda ferita alla mano. Poi ha lasciato la camera da letto ed e si è allontanato. A vegliare sul corpo ormai senza vita di Juvara giovedì è rimasto il cane della vittima. Il docile animale non ha voluto lasciare il suo padrone neppure quando intorno alle 10 sono arrivati i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Alessandria e i militari della Compagnia di Casale. Affidato a una vicina, l’animale ha continuato a tenere lo sguardo fisso sulla camera al primo piano dove per ore gli investigatori, coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Vercelli Roberta Brera, hanno raccolto ogni traccia e prova utile a ricostruire quell’efferato delitto. Un lavoro minuzioso partito dalle evidenti gocce di sangue lasciate sul pavimento dall’aggressore durante la fuga.
Diramata una allerta a tutti gli ospedali gli inquirenti hanno continuato a lavorare per ricostruire presente e passato della vittima. Poi, intorno alle 14 di giovedì, è arrivato l’atteso messaggio. Un uomo quella mattina alle 8.43 si era fatto medicare una profonda ferita da taglio all’Ospedale di Novi Ligure. Il paziente non aveva raccontato ai medici di essere un collega ma gli investigatori hanno impiegato poco a scoprire che quell’uomo era di Casale e lavorava nello stesso ospedale della vittima. Un medico che aveva anche una Bmw cabrio scura simile a quella notata qualche settimana prima da un vicino di casa di Juvara. Svegliato dai cani, alle 3.30 di notte, il cittadino era sceso in giardino e aveva visto un uomo fermo davanti al cancello del casolare dell’anestesista. Rimasto nell’ombra, quello sconosciuto aveva detto di essersi perso e dopo essersi scusato si era allontanato.
Raccolti sempre più elementi schiaccianti alle 17.30 di giovedì i Carabinieri hanno deciso di andare a prendere Ammenti. Alla vista dei militari il medico del 118 è rimasto impassibile. Chieste spiegazioni per la vistosa fasciatura sul braccio l’uomo ha raccontato di essersi ferito la sera prima mentre armeggiava con un cacciavite che aveva in auto. Un attrezzo da lavoro che i militari hanno poi effettivamente trovato e sequestrato nella vettura del medico. Non è quel cacciavite, però, l’arma del delitto. Per uccidere il collega, Ammenti avrebbe impugnato un coltello da cucina che non è ancora stato trovato. Una lama parte di un set che il medico del 118 giovedì mattina ha portato a Novi Ligure a casa del patrigno.
Proprio il marito della madre di Ammenti, del tutto estraneo ai fatti, ha consegnato ai militari quel set, dove manca anche un secondo coltello, e indicato agli investigatori il cassonetto della spazzatura dove sono stati recuperati i vestiti che Ammenti indossava al Pronto Soccorso di Novi. Tra gli indumenti anche un paio di sandali, macchiati di sangue, compatibili con le impronte trovate in casa della vittima. Ulteriori accurati esami scientifici verranno ora effettuati anche sulle scarpe da ginnastica insanguinate sequestrate a casa di Ammenti e sul sangue subito notato sulla cesta dei panni sporchi e nell’auto del medico del 118. Lunedì il medico legale Luca Tajana dovrebbe invece effettuare l’autopsia sul corpo della vittima, utile a determinare anche l’esatta ora del decesso. Da ieri notte, intanto, Massimiliano Ammenti si trova in carcere. Negata in un primo momento ogni responsabilità, il medico del 118, difeso dall’avvocato Pier Enrico Arduino di Vercelli, giovedì ha confessato e ora dovrà rispondere di omicidio volontario aggravato anche dalla premeditazione.