24 Giugno 2014
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‘Riconoscimento Unesco pubblicità mondiale ma i primi testimonial siano i cittadini’. I consigli dalle Dolomiti
Cosa succede quando un sito diventa patrimonio dell’Umanità come è accaduto per le Langhe, Roero e Monferrato? Abbiamo provato a chiederlo a chi in questi giorni sta celebrando i 5 anni dal prestigioso titolo: l’area delle Dolomiti. Il Trentino Alto Adige è una realtà che da sempre ha avuto una grande vocazione turistica con un’accentuata attenzione all’accoglienza. Basti pensare che nel 1973 la Provincia Autonoma di Trento, per la prima volta, decise per legge interventi a sostegno dell’agriturismo. In Alto Adige, nello stesso anno, venne emanata una legge per promuovere il turismo rurale. Certo non bisogna dimenticare che le due province sono autonome e quindi con altre dinamiche però capaci certamente di raccontare cosa ha rappresentato per un territorio così esteso ottenere il riconoscimento di patrimonio dell’Umanità. Abbiamo così raggiunto Giuliano Vantaggi, consulente marketing della Fondazione Dolomiti Unesco, per capire cosa è accaduto subito dopo il titolo conseguito dalle Dolomiti e quali siano i benefici ottenuti.
“Innanzitutto abbiamo dovuto creare una Fondazione al di sopra delle cinque province, caratterizzate da cinque legislazioni differenti. Poi abbiamo cominciato a notare che il turismo si stava strutturando su un filone nuovo, quello del turismo sostenibile, peraltro portato avanti anche dall’Unesco in maniera molto diligente. Infatti accostare a un territorio o a un monumento il termine Unesco attribuisce una notorietà incredibile che si percepisce solo dopo qualche anno ma con grande efficacia. La parola Unesco è la quarta più conosciuta al mondo dopo Fao, Croce Rossa e Onu. Per di più un sondaggio dice che il termine Unesco viene associato a siti patrimonio dell’umanità e quindi genera un turismo di portata mondiale. Ci sono paesi come il Giappone e la Cina che vogliono venire a vedere le cose più belle del mondo con un ente che lo certifichi. Per loro questo ente è l’Unesco“.
Ma come avete cambiato il vostro approccio con il turista?
“È molto difficile cambiare subito passando da un turismo italiano o locale a quello straniero, mondiale. È sicuramente complicato cambiare il tipo di fruizione della zona anche se per le Langhe e il Monferrato l’attenzione al turismo straniero potrebbe essere diversa perché probabilmente da voi c’è una maggiore apertura e attitudine in questo senso.”
Ma quindi come occorre muoversi concretamente per sfruttare questa occasione?
“Bisogna innanzitutto capire bene il motivo per cui si è patrimonio dell’umanità. Nel vostro caso si tratta del paesaggio naturale, dei vigneti e del valore culturale connesso al vino. Una volta evidenziato il motivo che ha permesso di ottenere il riconoscimento cominciano ad apparire i primi segnali di un turismo in arrivo diverso. Nel caso delle Dolomiti per esempio abbiamo capito che sulle nostre montagne non arrivavano più solo sciatori, ma anche appassionati della natura, un turismo sostenibile in tutti i sensi”.
Come avete cambiato approccio nei confronti del turista?
“Lo stiamo cambiando a tuttoggi con moltissima formazione per albergatori, associazioni di categorie e scuole. Per esempio stiamo curando un bel progetto per gli studenti, chiamato ‘io vivo qui’, che serve a far capire ai professori delle scuole medie o delle superiori che oggi noi tutti viviamo in un territorio patrimonio dell’umanità. Quindi occorre trasferire ai ragazzi, a prescindere dal lavoro che faranno in futuro, l’importanza della promozione del territorio. I cittadini di domani devono essere loro stessi dei promotori, orgogliosi della terra e muoversi nell’ottica di quanto vuole l’Unesco”.
Quindi è decisivo il ruolo anche e forse soprattutto dei cittadini, delle popolazioni che vivono il territorio.
“Assolutamente sì. Occorre maturare consapevolezza e questo si ottiene lavorando con tutti gli enti che possono far capire il valore del territorio in cui si vive. Maggiore formazione si fa e più sia accorciano i tempi per far comprendere l’importanza dei paesaggi vissuti quotidianamente”.
Ma da voi quali nuovi turisti è riuscito ad attrarre il termine Unesco?
“Sicuramente i giapponesi. Loro si spostano ceercando innanzitutto i patrimoni dell’umanità. Hanno una spiccata cultura del bello. Senza dubbio sono i più ricettivi ma adesso arrivano anche moltissimi cinesi sfruttando l’incremento incredibile fatturato registrato da quel Paese.”
L’Italia ora vanta 50 siti riconosciuti patrimonio dell’Umanità ed è il primo al mondo con il maggior numero di riconoscimenti. Non c’è il rischio di assistere a una difficoltà di gestione del potenziale numero di turisti in arrivo?
“Il rischio c’è ma in Italia non ci sono grandi aeroporti come nel resto d’Europa. Quindi gli arrivi sono smistati negli scali ad Amsterdam, Francoforte, Monaco di Baviera e meno Parigi. Poi da lì arrivano a destinazione con altri voli europei. Quindi l’impatto è minore. Poi però è vero che l’Italia ha grandi punti che attraggono se si pensa anche solo al fatto che Venezia è la città più desiderata al mondo, non la più visitata ma la più desiderata. L’Italia ha un numero imponente di territori da visitare e potrebbe vivere quasi solo di turismo. Occorrerebbe investire di più sul territorio”.