18 Novembre 2018
10:43
Le memorie caustiche dal sottosuolo del bar di Carrozzeria Orfeo
VALENZA – Un bar, luogo a sé stante, che si intuisce situato in una periferia urbana e in un’atmosfera notturna, è il mondo di “Animali da bar”, di Carrozzeria Orfeo, presentato al Teatro Sociale di Valenza sabato 17 novembre. Lo spettacolo, scritto da Gabriele Di Luca, con la regia sua, di Alessandro Tedeschi e di Massimiliano Setti, è forte di un grande successo di pubblico e critica (vincitore del premio Hystrio twitter 2016), confermato anche dalla serata di ieri al Sociale, tappa in collaborazione con la rassegna “fuori mercato” Concentrica.
In scena quattro uomini /animali da bar, preda di frustrazioni, abbrutiti chi dall’alcool chi dall’insuccesso, perdenti e cattivi. Su di loro campeggia, attraverso una radiolina, dall’appartamento al piano di sopra, la voce (quella di Alessandro Haber) dell’iroso proprietario del bar. Proprio la voce di Haber, a sipario ancora chiuso, investe con le invettive politicamente scorrette di un vecchio razzista, immobilizzato dalla malattia, intento a costruire bombe per fare strage di cinesi. Al bancone, a servire birra e bere vodka, Mirka/Beatrice Schiros, barista ucraina che affitta illegalmente l’utero per figli altrui e, intanto, canta canzoni di Walt Disney.
I temi sono tanti e sono snocciolati con una tecnica à rebours, dove il momento iniziale (e poi finale) del parto diventa il pretesto per ricominciare dal principio e affondare nel fango delle vite degli avventori. Personaggio chiave lo scrittore fallito (Paolo Li Volsi), alle prese con un libro, commissionato dall’editore e da lui detestato, sulla prima guerra mondiale. Suo d’elezione il posto allo squallido tavolino davanti al bancone ritorto e rotto del bar e suo il ruolo di scavo crudele (ma anche dall’effetto spesso esilarante) nelle debolezze altrui. C’è il bipolare (Pier Luigi Pasino), che passa dall’euforia al suicidio e svaligia le case dei defunti, c’è il buddista (Massimiliano Setti), pieno di amore per il creato, che affitta l’utero di Mirka e permette alla moglie di picchiarlo; infine c’è l’imprenditore di pompe funebri per animali di piccola taglia (lo stesso Gabriele Di Luca) che fa cinicamente commercio dei buoni sentimenti. Sono proprio i buoni sentimenti a perdere, in una gara impari con la pochezza di spirito, l’impasse, l’abbrutimento morale. I protagonisti hanno dei sogni, sono “tutti in fila ad aspettare la loro dose di fortuna”, ma il bar li risucchia, come un gorgo immondo. Si ride tanto, come nello stile delle commedie nere, ma i protagonisti sembrano appartenere a quelle “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij, dove anche la consapevolezza della propria bassezza non fa che sprofondare oltre.
Su tutti emerge la bravissima Beatrice Schiros, una Mirka avvezza ad ogni bruttura, instancabile consumatrice di vodka e sempre aggressiva a causa delle tante aggressioni subìte. Nella sua capacità di non stupirsi di nulla c’è una verità che viene dalla conoscenza del “sottosuolo” e uno spessore che si intuisce tra tante risate caustiche.
Tanto si è detto di “Animali da bar”, che ha consacrato la Carrozzeria Orfeo dopo il successo di “Thanks for Vaselina”, di sicuro non è superfluo dire che è un testo geniale, dalla struttura dinamica, sempre irriverente e paradossale, con quel tocco da maestro che ne mantiene, su tutto, la credibilità.
Ancora una volta la stagione teatrale APRE del Teatro di Valenza ha confermato la sua qualità e la sua apertura alla migliore drammaturgia contemporanea. Il prossimo appuntamento sarà, venerdì 30 novembre, con “Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso”, produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione.