8 Ottobre 2014
15:56
Segantini. Il pittore della luce e dei paesaggi
Milano apre la stagione autunnale con un ventaglio di offerte di magnifiche retrospettive a Palazzo Reale, una dedicata a Chagall, l’altra a Segantini e dal 18 ottobre a Van Gogh, quest’ultima anticiperà le tematiche portanti della grande manifestazione universale di Expò 2015. L’antologica “Segantini”, una delle più complete in Italia sul pittore apolide, che sarà aperta fino al 18 gennaio 2015, con 120 opere, molte delle quali mai esposte, ripercorre l’evoluzione artistica tra Italia e Svizzera di uno dei più significativi artisti dell’800 italiano. Otto sezioni tematiche che spaziano dagli intensi autoritratti e ritratti ai lirici paesaggi agresti e delle Alpi svizzere, dalle perfette nature morte sino agli ultimi emozionanti capolavori di matrice simbolista.
Se l’infanzia di Giovanni Segantini (1858-1899) fu infelice e tormentata, dalle sfumature dickensiane, dall’iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Brera in poi, grazie allo straordinario talento, all’incontro con Grubicy che divenne il suo committente, a una vocazione artistica totalizzante, fu costellata da riconoscimenti e ricchezza. La straordinaria sensibilità artistica e l’impareggiabile tecnica segantiniana si formarono attraverso i contatti con i movimenti artistici della Scapigliatura e del Divisionismo di cui sarà uno dei più pregnanti esponenti, pur rielaborando poi lo stile con lunghi pennellate di colore puro per la resa del dato naturale, percorso che si concluderà (morì prematuramente a soli 41 anni ) con l’ideismo del Simbolismo.
La città meneghina con la sua nascente modernità post unitaria, pur essendo stata la culla della sua evoluzione non rappresentava il milieu ideale di Segantini, la vita nell’urbs non apparteneva ai suoi progetti di vita, tanto che si trasferì prima in Brianza poi definitivamente nei Grigioni. Affascinato dalle montagne le scelse come luogo di vita, la contemplazione della bellezza delle vette, della natura, del mondo umile dei pastori come quello contadino, ispirò molte sue opere che dipinse en plein air. Le atmosfere sfumate, brumose della pianura Padana, che avevano caratterizzato i suoi primi lavori furono abbandonate e le sue opere, sollecitate dalla sua natura mistica e panteistica si trasformarono in inni alla montagna. Le scene del mondo contadino non sottintendono proteste sociali, il ‘solingo’ pittore é centrato soprattutto a cogliere la poesia e la spiritualità del paesaggio, lo stretto legame tra natura e uomo, tra l’uomo e il mondo animale.
La poetica di Segantini si é nutrita della dolce malinconia e della maestosa solitudine delle montagne, del silenzio e degli orizzonti infiniti, tangibile in opere come in Primavera sulle Alpi (1897), e della purezza dei colori della natura, della limpidezza della luce abbagliante impressa in tele come in quella divisionista di Mezzogiorno sulle Alpi (1891). I suoi paesaggi alpini, fissati nella loro immutabilità, scandita solo dal trascorrere del tempo, delle stagioni, trasmettono serenità e armonia come catturano i giochi di luce sulla neve delle vette, rappresentazioni poetiche che coniugano naturalismo e realismo pur possedendo valenze simboliche e spirituali. Ma se il paesaggio, la natura sono i filoni preponderanti, nelle sue opere ricorrono anche tematiche come la vita, la morte o la maternità che per il maestro é un aspetto imprescindibile della natura femminile. Superlativo il dipinto Le due madri (1894), manifesto del divisionismo, che accosta la maternità umana a quella animale, in una sorta di parallelismo: una giovane contadina seduta su uno sgabello, con in braccio il suo piccolo, addormentati, accanto una mucca con il piccolo vitellino accucciato vicino. Nell’oscurità della stalla, la luce dorata della lanterna illumina le figure umane e gli animali, permeando di soffusa dolcezza l’umile scena. Sulla maternità anche quattro tele simboliste e visionarie Le cattive madri (1896), figure sensuali imprigionate tra i rami degli alberi di un nudo, gelido paesaggio invernale, che simbolicamente scontano il rifiuto della maternità.
Una panoramica di opere indimenticabili di grandissima qualità pittorica e stilistica già dalla sezione “Esordi milanesi” con alcuni scorci del capoluogo lombardo come in Il Naviglio sotto la neve (1879-1880) o Il Naviglio a Ponte San Marco (1880) splendido nella luce e nella cromia del cielo. Sono di notevole espressività gli autoritratti, che rappresentano anche il passaggio dal realismo al simbolismo, dal primo del 1879-1880 che man mano si evolve secondo i cambiamenti che il pittore intravede di se stesso fino a quello simbolista del 1895, dove assume un volto dalle sfumature mefistofeliche. Tra i ritratti quello della Signora Torelli (1885-1886), scrittrice femminista e moglie del fondatore del “Corriere della Sera”, mentre nella sezione che raccoglie i dipinti sul mondo agreste sono esposte opere come La raccolta dei bozzoli (1890), rappresentazione verista di un interno con alcune contadine che lavorano nella penombra della stanza, una luce dorata proveniente dall’uscio semi aperto si irradia sui bozzoli di seta e sulle mani delle figure femminili. Un’ atmosfera permeata di liricità e di un senso di sospensione del tempo, ripreso anche in altre opere di Segantini. Interessante artisticamente anche L’ultima fatica del giorno (1884) o la celeberrima Alla stanga (1885) dalle tonalità mistiche riforzate dalla luce morente del giorno e dal profondo senso d’ infinito. Nella sezione “Natura e simbolo”, l’opera di manzoniano ricordo Ave Maria a trasbordo (1886) che raffigura con estremo realismo e armonia paesaggistica un pastore con famiglia e le sue pecore su una barca mentre trasbordano sull’altra riva “nell’ora che volge al disio”. La moglie stringe a sé il figlioletto, qualche agnellino osserva la trasparenza dell’acqua increspata, la scena sembra sospesa nel tempo, quasi surreale trasuda di spiritualità esaltata dalla luminosità del tramonto.
Splendidi anche il volto con lo sguardo stupito della compagna Bice al risveglio nel Petalo di rosa (1890), e il dipinto dalle connotazioni simboliste e preraffaellite “L’amore alla fonte della vita” (1896) che raffigura una coppia di innamorati abbracciati all’interno di un paesaggio primaverile con le vette alpine sullo sfondo. Il bianco delle vesti dei due giovani, a rappresentare l’essenza e la purezza dell’amore, un angelo vicino alla fonte dell’acqua che li osserva, la natura circostante che occupa un ampio spazio nella scena, l’amore sono tutti elementi che simboleggiano l’eternità e l’infinito. Chiude la magnifica rassegna la sezione con i dipinti di chiara matrice simbolista Le Lussuriose (1894) o l’incompiuto trittico La Natura, La Vita e La Morte (1896-1899).
Maria Cristina Pesce Bettolo