27 Febbraio 2015
23:21
La logica mostruosa del branco. Recensione de “La Palestra” al Teatro San Francesco
ALESSANDRIA – “Sono solo bambini” è una dichiarazione con la quale tutto è giustificabile, è l’iperprotezione che consente agli adolescenti di non crescere e di non assumere alcuna responsabilità.
L’ipocrisia e la grettezza morale di chi sminuisce atti inaccettabili, al solo fine di proteggere ad oltranza i propri figli, sono il tema de “La palestra”, tratto dal romanzo di Giorgio Scianna, con la regia di Veronica Cruciani, presentato dalla Compagnia Veronica Cruciani venerdì 27 febbraio, nell’ambito della rassegna MARTE al Teatro San Francesco di Alessandria.
Tre genitori sono convocati in una palestra deserta da una preside che comunica loro lo stupro di gruppo di una ragazzina di 14 anni da parte dei loro figli coetanei. La prima parte della pièce vede protagonisti solo i genitori in attesa, ignari del motivo della chiamata e intenti a dialoghi banali, intervallati da lunghi silenzi imbarazzati e sottolineati dai rumori di sottofondo dei cellulari e dei loro ragazzi che giocano nel cortile. Netto il contrasto con il ritmo della seconda parte, dove la preside comunica loro l’intenzione di denunciare alla polizia il fatto criminoso, innescando un vortice ansiogeno di accuse e recriminazioni preconcette e maschiliste (“se non ha gridato vuol dire che ci stava”) nei confronti della vittima.
I tre protagonisti, pur avendo la prova inconfutabile della colpevolezza dei loro ragazzi, rifiutano scientemente ogni responsabilità e rivelano una violenza innata, finalmente libera dalla facciata dell’iniziale becero perbenismo. La loro logica diventa quella del branco, la stessa che ha mosso i loro figli, le loro movenze animalesche e le loro parole feroci come i gesti.
Tragico, inquietante e insoluto il finale, tale da lasciare sconcertati e da non sciogliere la tensione accumulata.
La particolarità del taglio registico sta nella differenza della tempistica tra l’iniziale attesa, permeata di banalità e convenzione, dalle pause lunghe che svelano il vuoto al di sotto delle formalità, e il dialogo serrato una volta introdotto l’argomento. L’attesa crea un’aspettativa che genera un dramma inarrestabile come una caduta negli inferi, senza un attimo di tregua e senza una risoluzione liberatoria.
Arianna Scommegna è una preside inizialmente impacciata, ma salda nell’onesto principio che la spinge verso una scelta giusta. Gualtiero Burzi, Mariagrazia Pompei, Michele Sinisi sono, nelle diverse sfaccettature dei loro caratteri, individui meschini che si sentono al di sopra del bene e del male in virtù della loro posizione sociale, genitori che nulla hanno da trasmettere se non l’impunità a discapito altrui in nome di una protezione che nulla ha a che vedere con l’educazione.
Quattro ottimi interpreti e un testo di enorme attualità, presentato con un realismo cronachistico che trapela da ogni particolare. L’ambiente è il luogo stesso dello stupro, una palestra squallida e vecchia, ricreata sul palco privato delle quinte e lasciato a nudo, che trasmette un senso di verità e di inquietudine crescente.
Uno spettacolo di alto livello, duro e di forte impatto su un pubblico numeroso e ipnotizzato sino all’ultimo minuto, al Teatro San Francesco.
La rassegna MARTE continua venerdì 20 marzo con Kohlhaas con Marco Baliani, spettacolo entrato nel novero dei classici del teatro di narrazione.
Nicoletta Cavanna