Autore Redazione
sabato
14 Marzo 2015
00:07
Condividi
Eventi

Cosa succede alla fine della fine. Recensione de “Troiane , istruzioni per l’uso” al teatro Sociale di Valenza

Cosa succede alla fine della fine. Recensione de “Troiane , istruzioni per l’uso” al teatro Sociale di Valenza

VALENZA – “Sino a quando non si sarà diffuso molto estesamente negli uomini di questo pianeta il sistema di funzionamento del loro cervello e il modo nel quale gli uomini lo utilizzano, e sinché non si sarà detto che sino ad oggi ciò è sempre avvenuto per dominare gli uni sugli altri, ci saranno poche probabilità che qualche cosa possa cambiare.” 

Il finale di “Mon oncle d’Amérique” , con la sintesi della teoria di Henry Laborit , scienziato e studioso del comportamento, dà la chiave di lettura di “Troiane,istruzioni per l’uso”, messo in scena venerdì 13 marzo al Teatro Sociale di Valenza, e ne evidenzia il significato eterno e contemporaneo.

Sulla scena aste di microfono su cui si ergono dei pugnali, segni di minaccia che incombono e imprigionano, e un leggio su cui poggiano le parole immortali di Euripide, scritte nel 415 a.c, all’indomani della distruzione di Melo, durante la guerra del Peloponneso.

Sara Bertelà interpreta le quattro donne troiane in procinto di essere deportate in schiavitù (Ecuba, Cassandra, Andromaca ed Elena) e muta in continuazione voce, postura e carattere. I monologhi lasciano il posto a divagazioni e lezioni vere e proprie sul significato di una tragedia statica che ha provocato in tutte le epoche lo sgomento degli spettatori di fronte alla “fine della fine”, al post di ogni azione epica e alla desolazione causata dalla guerra.

“Le Troiane” è paragonato ad un manifesto pacifista e le quattro protagoniste impersonano le quattro categorie comportamentali, a fronte di una situazione di sofferenza, teorizzate da Laborit. Così Sara Bertelà è una Ecuba che rappresenta l’accettazione, una madre dolorosa che piange e consola, racchiude in sé tutto il dolore possibile nel suo compianto sul corpo del piccolo Astianatte. La sua voce è aspra e tetra, la postura sofferente. Cassandra è la lotta, tutto in lei è esagitato e folle, la sua preveggenza accende l’odio che vivifica e brucia, le sue parole scorrono come un diluvio con un ritmo accostabile al rap e un effetto eco che inquieta. La categoria comportamentale dell’inibizione autodistruttiva è impersonata da Andromaca, la forma di disperazione più ritorta su se stessa, volta all’inazione e alla somatizzazione completa del male. Il suo capo è velato e la voce spenta. L’unico comportamento vincente è la fuga: Elena tenta di sopravvivere con la seduzione e si difende dall’accusa di aver causato la guerra con l’arma della sensualità, dell’ammiccamento e dell’ostentazione della bellezza provocante.

E’ riduttivo definire Sara Bertelà bravissima. Non solo passa da un personaggio all’altro con una rapidità e un’intensità sorprendenti, ma coinvolge in una trama in cui si parla (e si ascolta) del Nabucco di Verdi, della Divina Commedia, del ruolo enciclopedico della tragedia, in epoche in cui il sapere era unico e indivisibile, senza mai lasciar cadere il significato profondamente umano del dolore “che trova nel mito la sua testimonianza”, senza mai perdere di vista il fulcro tragico da cui tutto si snoda. Particolarmente notevole la sua trasfigurazione in una Cassandra indomita, viscerale e palpitante odio e disprezzo.

Gli spunti proposti dalla regia di Roberto Tarasco sono moltissimi, vanno dalla lettura storica a quella psicologica a quella politica con dei forti agganci con l’attualità. La condizione di inazione e cattività, causa di forte stress e somatizzazione, è paragonata alla mancanza di libertà e di diritti all’interno dei CIE, centri per stranieri privi di permesso di soggiorno, luoghi fuori dal tempo per apolidi: la tragedia, la prigionia mentale e fisica del mito si ripetono nella storia.

Uno spettacolo che vola, attraversa le epoche ed entra nell’anima, prima ancora che nella mente, dello spettatore.

La stagione APRE al Teatro Sociale di Valenza continua, domenica 22 marzo, con “Risvegli”, presentato da Aria Teatro & Frank Wedekind, una storia che parla di crescita, riscatto e ribellione.

Nicoletta Cavanna

 

 

 

Condividi