30 Marzo 2017
09:03
Il Suol d’Aleramo, i comuni del Biodistretto ed il ”ben vivere”
C’è chi la giornata mondiale della felicità la festeggia solo una volta l’anno e chi decide di fare, di questo stimolo, un vero e proprio stile di vita, non solo per un giorno all’anno bensì per 365 giorni, possibilmente da moltiplicare all’infinito.
Per scoprirlo, non è necessario guardare tanto lontano, basta osservare ciò che sta accadendo in alcune zone della nostra provincia.
Riuniti sotto il nome “Suol d’Aleramo”, i comuni di Bistagno, Cartosio, Cassinelle, Castelletto d’Erro, Cavatore, Denice, Grognardo, Malvicino, Melazzo, Merana, Molare, Montechiaro d’Acqui, Morbello, Pareto, Ponti, Ponzone, Prasco, Spigno Monferrato, Terzo, Visone, a cui si sono da poco aggiunti gli otto comuni dell’Unione Montana dal Tobbio al Colma si sono dati alcuni obiettivi etici ed operativi ben precisi, aderendo al progetto del Biodistretto perché, per essere felici, occorre fare scelte culturali e di governance ben precise.
Ecco che, chi decide di fare parte di un Biodistretto, “ha scelto l’obiettivo del ben vivere e la tutela della salute degli esseri viventi intesa come benessere fisico, psichico e sociale, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, un’agricoltura sostenibile, la cultura locale, il turismo dolce e di qualità.” Così racconta il Segretario generale dell’Associazione Nazionale delle Città del Bio, Luigi Massa, fautore – insieme al suo Presidente, Antonio Ferrentino – del progetto del Biodistretto insieme alle comunità locali aderenti: “Bios, in greco antico significa “che vive”, ed i comuni che aderiscono al progetto, si danno l’obiettivo di operare con uno spirito solidale, affinché nel territorio tutti gli esseri viventi siano felici.”.
Quella che sembra un po’ una favola di Walt Disney in realtà è un dato di fatto.
Il Biodistretto “Suol D’Aleramo” che già di suo evoca storie di dame e cavalieri, è uno dei primi che Città del Bio promuove in Italia e, con una punta d’orgoglio, possiamo dire che, in un certo senso, la sua costituzione stia facendo scuola non solo nel nostro Paese…
”Sì, esatto. Proprio questo modello, fatto di concertazione e che non impone nuova burocrazia, piace molto e sta ispirando anche altre zone d’Italia e sul quale persino il Parlamento italiano ha inteso riflettere proponendo una legge che li regolamenti. Il Biodistretto dell’acquese, situato nell’area montano-collinare è composto da molti piccoli comuni – in passato facenti parte di una Comunità Montana – che da soli, per ovvie ragioni, non potevano farcela a sostenere un obiettivo di questo tipo ed hanno deciso di riunire le forze e “fare sistema”.
Dalla parola all’azione, e quella espressione oscura “fare rete” che la si tira fuori ad ogni piè sospinto come colpa, causa o effetto, finalmente, per una volta, viene resa “analogica”, tangibile e concreta.
Cos’è all’atto pratico un Biodistretto e come agisce sul territorio?
Il Biodistretto ha in primis un obiettivo culturale, nel senso più alto ed ampio del termine. La parola d’ordine è “fare sistema”, ovvero far dialogare e collaborare le forze in campo di un territorio già votato all’agricoltura sostenibile, ed alla tutela dell’ambiente e paesaggio. Un territorio si presenta attraverso le sue produzioni, le sue eccellenze culturali ed artistiche, le sue specificità. In ambito agricolo, ad esempio, si possono valutare forme di collaborazione volte a ripristinare antiche produzioni, a valorizzare quelle già presenti attraverso l’aumento della qualità nella loro produzione, alla loro commercializzazione su mercati interessati, al lavoro in rete che aiuta, attraverso le economie di scala, a garantire qualità e remunerazione dei produttori.
Quindi, in questo caso, la parola “Bio” non è riferita solo ed esclusivamente al comparto agroalimentare di tipo biologico?
“Esatto. In questo contesto la parola “Bio” ha proprio un significato culturale che agisce a 360 gradi. Il Biodistretto prova a rilanciare un territorio inteso nella sua complessità, partendo dalle sue peculiarità, dai suoi punti di forza, promuovendo il benessere in modo sostenibile. Non ci riferiamo, quindi, solo all’agricoltura, ma puntiamo al rilancio di un territorio attraverso azioni congiunte tra amministratori locali, associazioni di promozione, imprese ed agli artigiani, più semplicemente attraverso le persone e le loro storie.
Gli obiettivi del “ben vivere” che caratterizzano i Biodistretti, sono elementi raccolti nel codice etico biologico, elaborato ed approvato dalle amministrazioni aderenti.”
Quali sono le opportunità per i territori?
Già oggi si segnalano investitori che intendono inserirsi nei territori “Bio” preferendoli ad altre localizzazioni, perché sempre più si sta sviluppando, nei cittadini, la voglia di cibo ma anche ambiente, buono, sano, pulito. Stiamo costruendo una rete nazionale di distretti biologici, cercando di inserire i prodotti di qualità di queste aree all’interno di un paniere che favorisca la cosiddetta filiera corta: cioè un rapporto quasi diretto tra produttore e consumatore con in mezzo i soli costi di logistica. Un’opportunità per un migliore sviluppo del territorio.
Oltre a quello citato, ci sono altre zone che hanno dimostrato interesse?
L’interesse, in Italia, è in crescita esponenziale proprio perché il nostro Paese è la patria dei piccoli comuni e molti di loro hanno necessità di promuovere, in modo condiviso, le proprie peculiarità: stanno nascendo 13 biodistretti in Calabria, ne sono nati due in Sicilia, a breve ne nascerà uno, territorialmente molto ampio, in alta Langa e stiamo dialogando per candidare il territorio rurale attorno a Cormons (Friuli VG) per un ulteriore Biodistretto di confine con la Croazia e l’Austria. Nel Lazio si sta lavorando sia nel cratere di Amatrice che nella zona dei monti della Tolfa. Inoltre, grazie alle progettualità europee, stiamo candidando un’area biodistrettuale della provincia di Vercelli, ad alta vocazione risicola e agricola, insieme ad un cantone svizzero molto simile per territorio e produzioni. Oltre, naturalmente, ai lavori in corso nelle Terre del Giarolo, nel tortonese.
E così, i piccoli comuni del Biodistretto del Suol d’ Aleramo hanno deciso che nel libro della loro storia voglio scrivere “e vissero felici e contenti”; hanno capito che la ricetta della felicità esiste, non è una favola. Gli ingredienti per il “ben vivere” sono sempre stati sotto il nostro naso, poco considerati o sottovalutati: oggi più che mai, la forza di queste comunità sarà quella di lavorare per affermare la propria identità attraverso “la rete”, restituire il giusto equilibrio tra i tempi di lavoro con quelli della vita, intervenire per preservare e conservare il paesaggio, impegnarsi a garantire uno stile di vita volto al ben-essere ed incrementare le attività produttive in grado di assicurare la sostenibilità e la tutela dell’ambiente. Più semplicemente vivere e rispettare consapevolmente il nostro territorio.
Laura Gobbi