Autore Redazione
martedì
3 Novembre 2020
05:59
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Politica - Alessandria

Metalmeccanici giovedì in sciopero: “In crisi già prima del covid, ora tutele e salari più alti”

Metalmeccanici giovedì in sciopero: “In crisi già prima del covid, ora tutele e salari più alti”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – I sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil hanno proclamato per giovedì 5 novembre uno sciopero dei lavoratori del settore metalmeccanico per invocare la firma sul contratto nazionale, scaduto da ormai 10 anni e dopo la rottura delle trattative con Federmeccanica. In provincia di Alessandria, in particolare, le parti sociali hanno stabilito insieme ai lavoratori ben otto ore di stop. Sono circa 8 mila i lavoratori della provincia impegnati in questo settore.

Vista l’emergenza covid, per giovedì mattina non è stata organizzata alcuna manifestazione di piazza ma un presidio statico con un numero definito di lavoratori davanti alla sede di Confindustria di Alessandria, in via Legnano, a partire dalle 10.

La nostra richiesta di aumento salariale si attesta all’8% mentre la proposta di Federmeccanica è di poco superiore al 2%, vale a dire circa 150 euro rispetto a 40 euro ha sottolineato la segretaria provincia Fiom Anna Poggioabbiamo anche chiesto un tetto massimo di contratti precari e per un tempo limitato, oltre alla cosiddetta staffetta generazionale, vale a dire l’affiancamento di un lavoratore di esperienza a un giovane neo assunto, abbiamo chiesto la clausola sociale che garantisca i diritti lavoratori in caso di un cambio di appalto. Sul tema degli inquadramenti, ormai superati, ci hanno proposto uno scambio con gli scatti di anzianità ma sono due aspetti diversi. Ricordo, inoltre, che sono stati i lavoratori dipendenti ad aver pagato di più l’emergenza covid. Un settore, il metalmeccanico, che già prima del covid era in crisi. Lo avevamo anche ribadito lo scorso gennaio e questa emergenza ha peggiorato tutto. Temiamo l’esodo dei lavoratori dalle aziende e, con le incentivazioni per i neo assunti, anche il rischio di una possibile sostituzione degli anziani coi più giovani. Noi, come detto, preferiremmo l’affiancamento. Nel nostro territorio ci sono situazioni particolarmente delicate come l’ex Ilva, una grande incognita, o la Kme di Serravalle, smembrata in due proprietà diverse”.

“Sono passati 11 mesi e 13 incontri ma non si è ancora arrivati a nulla” ha detto Salvatore Pafundi, segretario di Fim Cisl sul fronte salario non è accettabile la proposta fatta dalla controparte. In questo periodo di emergenza covid i protocolli realizzati grazie al contributo dei sindacati hanno messo le fabbriche in salvo dai contagi (alle parti sociali, infatti, non risulta alcun focolaio covid nelle aziende della provincia, ndr) ma sul fronte sicurezza siamo ancora lontani. Purtroppo la maggioranza dei morti sul lavoro riguarda il settore metalmeccanico. C’è anche da rimarcare l’aspetto dello smart working: occorre regolarizzarlo. Questo, insomma, è un momento difficile e la firma del contratto nazionale darebbe nuova linfa al Paese”. 

“Dal 2008 ci dicono che i soldi sono sempre pochi” ha aggiunto Alberto Pastorello, segretario Uilm Uil “come sindacato abbiamo contribuito a gestire l’emergenza covid quando a marzo e ad aprile c’era il caos totale. Ci è stato detto che era giusto privilegiare il welfare aziendale. Siamo d’accordo ma per uscire da questa crisi occorre stabilizzare l’occupazione, dare più soldi ai lavoratori. Questo farebbe aumentare il Pil. In alcuni casi, poi, la cassa integrazione è stata utilizzata per “parcheggiare” a casa i lavoratori fragili. Non è giusto. Il nostro settore è sempre stato il traino dell’economia: con lo sciopero del 5 novembre dobbiamo dare un segnale e far capire quanto siamo indispensabili”.

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