CASALE – Una cerimonia per il 25 aprile decisamente calda quella di questa mattina, a Casale Monferrato. Durante alcuni passaggi dell’orazione tenuta dal sindaco Federico Riboldi, infatti, è partita la contestazione di una parte delle persone presenti.
“Si sono confrontate due visioni, due concezioni di Patria, e chi ha combattuto onestamente per l’una o per l’altra parte (tenendo presente che nessuna guerra è giusta) sicuro delle proprie ragioni o perché convinto di allontanare il pericolo di un asservimento della nostra nazione a potenze straniere, va rispettato, ricordando, in ogni caso, che l’attuale assetto democratico è figlio di chi ha combattuto il nazismo e il fascismo” le parole del primo cittadino. In particolare, i “buu” sono scattati quanto lo stesso Riboldi, dopo aver riconosciuto “gli errori di una parte, quella soccombente, errori imperdonabili e il merito dell’altra di aver reso la nazione libera da nazismo e fascismo” ha poi chiesto “a nome di una memoria condivisa di ricordare con rispetto le vittime di entrambe le parti, anche le moltissime perseguitate e uccise dopo la fine della seconda guerra mondiale”.
“Solo da una sana cultura della riconciliazione, che il tempo e la serenità del giudizio storico possono agevolare, può derivare beneficio alla nostra democrazia e alla nostra repubblica che vogliamo libera, sovrana e indipendente” è stato un altro passaggio dell’orazione del sindaco che non ha lasciato indifferenti alcuni cittadini e, a quel punto, è anche partito spontaneamente il canto “Bella ciao”.
“Italo Calvino diceva che siamo tutti uguali di fronte alla morte, ma non davanti alla storia“ ha sottolineato a Radio Gold il presidente dell’Anpi Casale Gabriele Farello “sono d’accordo col tributare rispetto a tutti i morti ma il discorso del sindaco Riboldi era comunque borderline. Questo voler sempre tentare di annacquare quello che è successo ha un po’ stufato. A mio avviso non è stato giusto equiparare le due parti, in questo caso la differenza c’è. Il suo discorso ha creato un clima teso, non va bene. Mi chiedo, inoltre, cosa ne pensano le altre componenti politiche della Giunta del sindaco. Sono d’accordo con le sue parole? Voglio infine rilevare che, proprio durante la cerimonia, si sentivano dei rumori di moto: in quel momento era in corso una gara di cross giovanile. Ben vengano queste iniziative sportive ma avevamo chiesto esplicitamente che le moto venissero spente durante quel lasso di tempo, per rispetto. Non è stato così”.
Di seguito l’orazione integrale del sindaco Riboldi:
Questo 25 aprile è il secondo che celebriamo in regime di restrizioni sanitarie.
Stiamo vivendo un’esperienza che ovviamente mai avremmo immaginato: distanziamento sociale, gerarchia degli affetti, interdizione di baci, strette di mano e di abbracci. Una riduzione all’essenziale delle manifestazioni di affettività e delle relazioni sociali che, spero, quando ritorneremo alla normalità ci farà apprezzare l’importanza di sentirci una comunità e di coltivare i nostri legami.
Ho voluto fare questa premessa, perché mi sarebbe parso irriverente in questo particolare frangente non dedicare un pensiero sincero a chi ha sofferto e a chi continua a soffrire, ai sanitari e volontari impegnati in prima linea, unitamente alla mia particolare sollecitudine per la ricostruzione, la seconda grande ricostruzione che interesserà il nostro paese dopo l’enorme, generoso sforzo compiuto a partire dal 25 aprile 1945, quando un popolo immaginò un nuovo assetto democratico e con convinzione, pazienza e perseveranza lo realizzò.
L’Italia, come molte altre nazioni, conobbe la guerra, l’occupazione , le restrizioni alla libertà e la lotta fratricida.
Seppe tuttavia anche differenziarsi in azioni del tutto originali, per il momento storico che stiamo trattando, come il temporaneo armistizio siglato tra i partigiani alpini cattolici delle Fiamme Verdi e la Divisione Alpina Monterosa per la difesa della Valle D’Aosta dalle mire espansionistiche della Francia gollista.
A distanza di settantasei anni, la memoria degli eventi e la lezione della storia sono più vive che mai, segno del fatto che i tanti che hanno vissuto la guerra di liberazione hanno saputo tradurre in ammaestramento morale e civile la propria esperienza di vita in modo efficace e durevole.
Possiamo quindi dire, che sono stati padri di vero esempio per i figli.
Amo definire questa guerra non solo di liberazione. È stata una guerra patriottica, prima di tutto, in cui sensibilità molto diverse tra loro hanno dimenticato le reciproche divergenze per unire le forze e liberare la nazione.
Ha prevalso una parte molto articolata al suo interno e composta da chi aveva convinzioni liberal-democratiche, o social-liberali, o più marcatamente conservatrici e persino monarchiche, da chi si identificava nella social-democrazia o nel cristianesimo-democratico fino a chi credeva nel socialismo reale o vedeva nel totalitarismo un possibile modello per la ricostruzione dell’Italia.
Si sono confrontate due visioni, due concezioni di Patria, e chi ha combattuto onestamente per l’una o per l’altra parte (tenendo presente che nessuna guerra è giusta) sicuro delle proprie ragioni o perché convinto di allontanare il pericolo di un asservimento della nostra nazione a potenze straniere, va rispettato, ricordando, in ogni caso, che l’attuale assetto democratico è figlio di chi ha combattuto il nazismo e il fascismo.
Voi tutti ben conoscete la mia storia politica. Appartengo ad una generazione lontana dai fatti che oggi celebriamo, una generazione che ne ha sentito parlare. Scevro da esperienze dirette, che potrebbero condizionare il mio modo di leggere i fatti, riconosco gli errori di una parte, quella soccombente, errori imperdonabili e il merito dell’altra di aver reso la nazione libera da nazismo e fascismo.
Al tempo stesso, chiedo a tutti a nome di una memoria condivisa di ricordare con rispetto le vittime di entrambe le parti, anche le moltissime perseguitate e uccise dopo la fine della seconda guerra mondiale, e considero la Festa della Liberazione quale occasione per apprezzare che la conservazione ed il rafforzamento della democrazia, che il ripudio di ogni conflitto come strumento di risoluzione delle controversie tra nazioni e come mezzo per concretizzare aspirazioni imperialistiche siano i tratti comuni di ogni nazione civilizzata.
Ci uniscano quindi l’amore per i valori scaturiti dalla Guerra di Liberazione ma anche la pietà per i morti, sia essa intesa in senso cristiano, sia essa concepita come atteggiamento di laico rispetto per la vita umana, perché solo da una sana cultura della riconciliazione, che il tempo e la serenità del giudizio storico possono agevolare, può derivare beneficio alla nostra democrazia e alla nostra repubblica che vogliamo libera, sovrana e indipendente.