Autore Redazione
venerdì
26 Maggio 2017
17:50
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Politica

I sindaci dell’acquese: “Sulla discarica di Sezzadio dubbi non risolti”

La replica dei primi cittadini alla posizione della Provincia in merito al progetto della ditta Riccoboni a Cascina Borio.
I sindaci dell’acquese: “Sulla discarica di Sezzadio dubbi non risolti”

PROVINCIA – Alla vigilia della manifestazione di questo sabato ad Alessandria il Comitato dei 25 Comuni dell’acquese, riuniti in Convenzione per la tutela delle risorse idriche ha replicato alla posizione della Provincia di Alessandria a proposito del progetto della discarica di Sezzadio.

I Comuni dell’Acquese hanno potuto partecipare al procedimento amministrativo solo a partire dalla terza conferenza dei servizi, dopo aver chiesto di essere invitati in quanto portatori di interesse legittimo, poiché il loro approvvigionamento idrico dipende in gran parte dall’acqua proveniente dal campo pozzi di Predosa, la cui area di ricarica insiste sotto la zona della discarica.

Richiedendo di partecipare alle conferenze di servizi, hanno chiesto alla Provincia di invitare anche AMAG, ente gestore dei pozzi e dell’acquedotto e di coinvolgere la Regione, ente promulgatore del PTA ( Piano di Tutela delle Acque).

Sino ad allora, evidentemente, né i tecnici della Riccoboni né la Provincia si erano posti il problema della salvaguardia delle falde acquifere profonde, e quella che la Provincia ora definisce “problematica principale” non era assolutamente stata presa in considerazione.

Interpellato in merito, l’allora Direttore del Settore Ambiente della Regione Piemonte, Ing. Salvatore De Giorgio, nella sua nota prot. 19043 del 7 novembre 2012, scriveva: “…il sito prescelto non risulta pienamente idoneo, per ubicazione e caratteristiche, ad ospitare un impianto di discarica dal momento che l’intervento interessa un sistema idrico sotterraneo vulnerabile e vulnerato. Infatti la posizione marginale del sito in esame rispetto alla depressione quaternaria padana fa si che gli orizzonti semipermeabili che normalmente isolano il sistema acquifero profondo da quello superficiale siano qui poco continui lateralmente. Tale situazione sommata all’elevata permeabilità dei depositi grossolani superficiali e all’elevata vulnerabilità intrinseca della zona non satura, rende il sistema profondo suscettibile ad una vulnerazione proveniente dagli strati superficiali.”

Inoltre, non è esatto affermare che la Regione non ha mai espresso un parere tecnico ostativo perché in realtà non ha mai espresso un parere; infatti, nella successiva comunicazione del 21 gennaio 2013, l’Ing. De Giorgio scrive: “premesso che la Direzione scrivente non ha competenze autorizzative relative al procedimento in oggetto ed è stata interpellata solo in fase conclusiva, non avendo quindi elementi completi riguardo all’istruttoria del progetto, non esprime un giudizio di merito sullo stesso”.

Per quanto riguarda i tavoli tecnici, quanto è stato concluso non è stato assolutamente condiviso e approvato dai Comuni, i quali hanno più volte sottolineato che il livello di approfondimento delle indagini svolte non può considerarsi né esaustivo né sufficiente a dirimere tutti i dubbi che sono stati sollevati, perché condotto su premesse metodologiche errate.  Si ritiene estremamente superficiale limitarsi alla verifica del presunto andamento della falda profonda, senza prendere atto della struttura idrogeologica della zona.

Non è esatto affermare che ARPA alla fine ha espresso un parere, ma, come ha dichiarato nella nota conclusiva del 16 ottobre 2013, fornisce solo un supporto tecnico e di fatto non si esprime sul rischio di una possibile contaminazione.

Si ritiene necessario anche integrare quanto scritto dalla Provincia in grassetto sottolineato, in merito alla relazione tecnica di ARPA, successiva alla sua indagine:

“Il tecnico dei Comuni sottolineava che tale interpretazione fosse corretta con gli attuali prelievi idrici da Predosa”; il tecnico precisava che, senza ulteriori studi di approfondimento, non è possibile ipotizzare quale sarebbe il comportamento della falda profonda in caso di ulteriori emungimenti o variazioni delle condizioni climatiche, come stigmatizzava il fatto che la Riccoboni avesse disatteso la decisione presa congiuntamente in sede di tavolo tecnico ed avesse arbitrariamente eseguito la seconda campagna di misurazioni nella prima metà di luglio invece che tra luglio ed agosto evitando così il periodo maggiormente siccitoso.

Concludendo, la Provincia richiama la normativa europea di riferimento per la realizzazione delle discariche; l’applicazione del principio di precauzione, più volte ribadito dalla normativa europea, non ha purtroppo costituto il presupposto del giudizio di incompatibilità provinciale, che è stato rilasciato solo per problematiche di attuazione dello strumento urbanistico del Comune di Sezzadio e per la tangenziale.

Si ricorda che, oltre al ricorso promosso avanti al TAR Piemonte dal Comune di Sezzadio, citato nel comunicato provinciale, sono pendenti altri due ricorsi, entrambi contro il decreto provinciale, uno dei Comuni di Acqui Terme e Strevi, l’altro dei Comuni di Cassine, Castelnuovo Bormida e Rivalta Bormida.

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