21 Luglio 2018
05:39
Junior: coach Mattia Ferrari suona la carica. “Obiettivo playoff”
CASALE – Intervistato dai tifosi della Junior Casale attraverso l’hashtag #askFerrari sulla pagina facebook ufficiale dei rossoblu, coach Mattia Ferrari ha fatto il punto sulla costruzione della squadra e alla prossima stagione.
Perchè hai scelto Casale?
Forse la domanda corretta sarebbe perchè Casale abbia scelto me. Ho accettato la proposta della Junior perchè Casale è un’eccellenza e quando una Società di questo livello ti chiama non puoi che essere contento. Arrivi al primo colloquio con la Presidenza e poi cerchi di lavorare in modo che le cose vadano avanti. Quindi ripeto, forse sarebbe più giusto chiedere alla Junior perchè ha scelto me. Le Società di eccellenza del nostro campionato sono poche e gli allenatori sono tanti: quando ho capito che la cosa avrebbe avuto un seguito, ho continuato a prendere delle informazioni prima perchè mi piace arrivare preparato, avevo chiesto a qualche allenatore che ci era già stato che persona è il Presidente Cerutti, che tipo di persone che mi sarei trovato davanto, l’ambiente e le aspettative. Ogni ambiente ha delle prerogative, si cerca di dare un’impronta nel proprio piccolo ma bisogna osservare, cercare di capire e ottimizzare le cose buone che si trovano, e a Casale ce ne sono tante.
D: Leggo roster chiuso, sono entrati 7 giocatori e usciti 5… manca qualcuno?
R: Se faccio i conti per me siamo 10: abbiamo negli esterni Valentini, Denegri, Cesana, Tinsley e Musso e un sesto esterno che sarà un ragazzo del Settore Giovanile o comunque di Casale; e poi abbiamo quattro giocatori lunghi, Martinoni, Pinkins, Cattapan e Battistini che sta a metà tra l’essere un esterno di qualità fisica e un lungo di qualità atletica. Il roster è questo: nove giocatori contrattualizzati e un’ultima posizione “X” che deve essere valutata, ma andremo a guardare nelle risorse interne.
D: I due americani sono già pronti e possono far la differenza fin da subito (es: Sanders lo scorso anno) o dobbiamo aspettarci una crescita graduale?
R: Magari facessero come Sanders! Lui aveva già giocato in Italia, era già stato allenato dallo stesso allenatore ed è un giocatore di livello nettamente superiore: arrivava da una delle squadre più importanti della Serie A, aveva giocato le Coppe europee e veniva da un infortunio e doveva riabilitarsi, quindi si presentava anche con un certo tipo di fame. I due americani di quest’anno arrivano comunque da due campionati competitivi: Pinkins ha avuto una crescita importante nel campionato tedesco, con due anni nello stesso Club, e ciò indica che oltre ad avere qualità tecniche ha anche qualità umane. Nel suo anno in Bundesliga, un campionato difficile, ha fatto molto bene. Tinsley ha una carriera un pochino più frastagliata: arriva da un College importante e ha fatto per tre anni le finali di NCAA, poi è uscito dall’America e ha avuto le difficoltà che hanno spesso gli americani. In Belgio non riuscì ad esprimersi, mentre al Porto ha fatto due anni importanti e l’anno scorso ha avuto un problema perchè la Società lituana per la quale aveva firmato aveva grande velleità ma fu eliminata a sorpresa dalle Coppe e attanagliata da problemi economici: così è dovuto tornare in seconda Lega Tedesca dove era stato il migliore prima di andare in Portogallo. Uno può dire che è una scelta strana, ma in realtà è un giocatore con un potenziale intrigante. L’Italia è diversa, ma da giocatori che hanno giocato a lungo e bene in Club europei ci aspettiamo che abbiano un impatto positivo.
D: Pensa che nell’arco della stagione si possa avere continuità di risultati ed energia a sufficienza?
R: Spero che avremo continuità ed energia a sufficienza: si lavora per questo. Poi il tutto è legato a quanto una squadra sta bene, agli infortuni, e secondo me c’è anche un discorso di calendario da fare. A volte sei aiutato da un inizio più morbido e qualche vittoria di fila ti lancia, mentre altre volte sei frenato e acquisti delle paure. Il campionato si è alzato molto, noi partiamo da una base importante che sono i giocatori confermati, dal fatto importante di aver preso degli americani che sono già stati in Europa e da italiani che conoscono bene la Serie A2 come Cesana e Musso, mentre Battistini ha fatto molto in Serie B e ha fame di dimostrare il suo valore. Le premesse ci sono.
D: Guardando il roster sembrerebbe una squadra più da corsa di quella dell’anno scorso, è stata una tua scelta precisa o è il mercato che fa la squadra?
R: La squadra la fanno le disponibilità economiche e le scelte di mercato: magari non tutti quelli che erano nostre prime scelte sono arrivati a Casale. L’idea era quella di costruire una squadra tecnica e atletica. Il fatto, per esempio, di non aver affiancato a Martinoni un “5” di ruolo ma un altro giocatore che, come lui, possa avere una doppia dimensione esterna-interna e possa surrogare con le sue qualità atletiche e supportare la sua grande qualità tecnica e la grande conoscenza del gioco è il primo punto per dire che, a parte Cattapan, giocatore di grande presenza fisica, gli altri vogliamo che facciano della duttilità e del fatto di giocare a tutto campo un punto importante. Lo stesso vale per gli esterni: Tinsley non è un vero e proprio playmaker, è un giocatore di 1.90 cm che può giocare in tutte le posizioni. Noi come playmaker puro come struttura fisica abbiamo solo Valentini, mentre Denegri può giocare almeno due posizioni: intorno a loro, che per noi sono importanti e non di grande altezza, abbiamo voluto mettere tre o quattro esterni che avessero qualità, presenza fisica e duttilità.
D: Tra i tantissimi americani disponibili sul mercato, perché scegliere Tinsley e Pinkins? Che cosa c’è in loro che gli altri non hanno?
R: Di Pinkins mi ha impressionato il fatto di essere stato per 2 anni di fila in Germania nello stesso posto e nella stessa Lega, continuando a crescere: il secondo anno era stato miglior marcatore e terzo rimbalzista della seconda Lega Tedesca, che è una Lega importante perchè ora ci possono giocare anche 5 americani e quindi il livello atletico è alto. Poi è andato in Bundesliga e ha fatto un campionato intrigante. Ho preso informazioni anche dal punto di vista umano da chi lo ha allenato e mi ha parlato di un ragazzo eccezionale e a vederlo giocare mi aspetto che abbia una di quelle energie da illuminare il Palazzetto. E’ quel tipo di giocatore che non sta mai fermo, non dà palloni morti e si butta ovunque: mi piace questo aspetto e il fatto che abbia doppia dimensione, può tirare da tre punti e giocare al ferro. Dall’altra parte Tinsley è un giocatore che seguo da tantissimo tempo, almeno 4 anni: per me è un giocatore sulla carta molto forte. Ha una qualità tecnica e un talento realizzativo importanti, bisogna capire come mai non sempre ha dato questa sensazione, però nella mia testa è quel tipo di giocatore che tecnicamente e fisicamente può proteggere la struttura fisica di Valentini e Denegri ed essere un quid in più perchè è un giocatore che dove metti sta: in ogni posto del campo può darci una mano importante.
D: Considerando che nn si può ancora sapere con certezza il quintetto iniziale, lei pensa di utilizzare Musso come sesto uomo di lusso o nei 5 iniziali?
R: Bernardo sarà un nostro titolare: ho parlato sin dall’inizio molto chiaro con lui. Iniziavamo a costruire la squadra e gli ho detto che nella composizione degli esterni ci mancavano 2 giocatori, uno di costruzione, l’altro che possa andare anche fuori dal seminato e possa prendere in mano un po’ le cose. Io in lui vedo l’attaccante che può fare la differenza: è stato convinto da questa cosa, che in carriera ha fatti spesso e volentieri, sapendo che viene da due stagioni non brillantissime, sicuramente sotto il suo valore. La prima a Ferentino dove ha giocato molto bene, ma la squadra forse non ha reso e la seconda, a Treviso, dove tutti si aspettavano qualcosa in più, lui per primo. Gli ho detto che abbiamo bisogno che sia il giocatore che per tre anni in Serie A a Pesaro ha fatto cose strabilianti: uscire dalla panchina o partire in quintetto a lui non cambia, ma qui da noi, vuoi anche perchè è il più esperto pur avendo 32 anni e non 104, gli ho affidato determinate cose e voglio sappia che sia un riferimento per il nostro attacco dalla prima palla contesa.
D: La mia valutazione è che questa sia una squadra intrigante, potenzialmente bella da vedere, probabilmente da play off ma non da promozione. E’ questo l’obiettivo stabilito dalla Società per questa stagione?
R: L’ha detto il presidente Cerutti fin dal primo nostro incontro e poi anche nella prima conferenza stampa. Lui mi ha chiesto di fare i Playoff e di stare, calcisticamente parlando, nella parte sinistra della classifica: questo perchè giustamente ritiene che Casale sia una realtà che debba ambire a questa eccellenza. Poi sul fatto dell’essere da promozione, sulla carta ci sono mille squadre più forti di noi. Anche lo scorso anno tuttavia era così, ma Casale può recriminare di non essere arrivata alla promozione per un infortunio, altrimenti forse sarebbe in Serie A. Per cui ora non è mai bello nè illudersi nè fare voli pindarici: la Società ha chiesto un roster competitivo per fare i Playoff e noi pensiamo e speriamo di aver fatto questo.
D: Nel tuo modo di concepire la strategia di gioco che percentuale dà alla difesa e quale all’attacco per vincere gli incontri? Quanto tempo ritieni serva per poter amalgamare una squadra composta da molti elementi nuovi? Con i giocatori a disposizione che tipo di gioco in attacco ritieni di poter praticare? Più con gioco interno o più gioco esterno?
R: L’amalgama è basilare e si vede dopo poco: capisci subito se la squadra può umanamente star bene insieme e questa fa tutta la differenza del mondo ed è il motivo per cui quando cerco i giocatori prendo tantissime informazioni sulla persona. Chiedo subito se è un buon compagno di squadra, se è un giocatore che mette il risultato e il bene della squadra davanti a tutto. Dire come giocheremo è complicato: l’idea è che la squadra debba aiutarsi in difesa e passarsi la palla in attacco. Come lo faremo questo bisogna vedere la squadra sul campo, perchè le cose magari le studi a tavolino ma poi non vanno bene: se bastasse carta e penna tutte le settimane ogni allenatore terrebbe a zero l’avversario e vincerebbe tutte le partite. Scegliere tra attacco e difesa? A me piace di più vincere le partite, poi se le facciamo 105-100 o 41-36, questo non lo so ancora, magari la prima è più bello per il pubblico. Logico che senza un principio di solidità difensiva non si va da nessuna parte, così come se non ti passi la palla in attacco. Per cui siamo sempre lì, all’idea che ogni giocatore debba mettere un pochino da parte l’ “io” per il “noi” è basilare.