3 Dicembre 2024
18:01
“SalvArti”: opere d’arte confiscate alla criminalità organizzata in mostra a Milano
PAVIA – Palazzo Reale a Milano ospita una mostra che supera i confini tradizionali dell’arte per affrontare un tema cruciale: il recupero dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Dal 3 dicembre al 26 gennaio, “SalvArti: dalle confische alle collezioni pubbliche” espone oltre 80 opere che appartenevano a boss della criminalità organizzata e capiclan. Sironi, De Chirico, Fontana, Dalí e Warhol sono solo alcuni degli artisti rappresentati. Non si tratta di una semplice celebrazione della bellezza, ma di un viaggio sociale che punta a ridefinire il concetto di legalità.
Un progetto che porta avanti un’idea rivoluzionaria: trasformare strumenti del potere criminale in simboli di condivisione. Se Warhol avesse saputo che una delle sue opere sarebbe finita a Palazzo Reale grazie a un’operazione antimafia, forse avrebbe riflettuto sul destino sorprendente della pop art. Eppure, il percorso di queste opere non è stato lineare. Confiscate in due grandi operazioni a Roma e Reggio Calabria, queste tele e sculture raccontano storie che intrecciano arte, potere e giustizia.
La mostra milanese rappresenta la seconda tappa di un viaggio iniziato a Roma al Museo Hendrick Christian Andersen. Dopo Milano, il percorso si chiuderà a Reggio Calabria, al Palazzo della Cultura. Ogni tappa apre le porte al pubblico con ingresso gratuito. Un dettaglio per avvicinare le giovani generazioni a un’idea di legalità che non si limita alla repressione, ma si traduce in opportunità culturali.
Le opere esposte coprono un ampio arco temporale. Dai capolavori del Novecento ai soggetti metafisici di De Chirico, fino all’arte murale di Keith Haring. Una selezione che testimonia la trasversalità degli interessi dei capi mafiosi, ma che ora diventa patrimonio collettivo. Palazzo Reale, con le sue sale imponenti, fa da cornice a questa rinascita. Ogni opera sembra raccontare una duplice storia: quella dell’artista che l’ha creata e quella di un sistema che ha cercato di sottrarla alla collettività.
“SalvArti” non si ferma al passato. Dopo il 26 gennaio, molte opere troveranno una nuova casa in musei di tutta Italia. Tra le destinazioni figura anche Palazzo Citterio, pronto a riaprire il 7 dicembre dopo oltre cinquant’anni di lavori. L’idea di disperdere queste opere su tutto il territorio nazionale rafforza il messaggio della mostra: l’arte, una volta sottratta ai circuiti criminali, torna a essere di tutti.
Il progetto coinvolge diverse istituzioni, dalla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura all’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, fino al Comune di Milano e alla Città Metropolitana di Reggio Calabria. Fondamentale il contributo del Ministero dell’Interno, che ha coordinato le operazioni di confisca e recupero. Sponsor tecnici come Arthemisia, Apice Group e CLP Relazioni Pubbliche hanno garantito il trasporto e la comunicazione. Il catalogo è stato curato da Electa.
La mostra invita a riflettere sul potere trasformativo dell’arte. Fontana, con le sue tele tagliate, sembra rappresentare una metafora perfetta: un taglio netto con il passato per creare qualcosa di nuovo. De Chirico, con i suoi paesaggi metafisici, apre una finestra su un futuro dove la giustizia può riscrivere il destino di opere e persone.
L’iniziativa fa parte di un progetto più ampio, “Arte per la cultura della legalità”, che promuove la valorizzazione dei beni confiscati. Non solo oggetti, ma simboli che raccontano la vittoria delle istituzioni su un sistema criminale. Un quadro di Dalí sottratto a un capoclan non è solo un’opera da ammirare, ma una prova tangibile del fatto che il crimine non paga. I visitatori, sala dopo sala, percorrono un viaggio geografico, storico e sociale.
La tappa milanese ha un significato particolare. Milano, da sempre crocevia culturale ed economico, diventa ora anche un luogo dove la legalità si afferma attraverso l’arte. Il percorso prosegue fino al 26 gennaio, ma il messaggio resterà. Quello di “SalvArti”, una mostra che trasforma il concetto di confisca. Da strumento repressivo a leva per restituire valore alla collettività. Un esempio che non si limita al mondo dell’arte, ma che suggerisce come ogni bene, una volta sottratto al controllo criminale, possa diventare una risorsa per tutti.
La mostra invita a guardare oltre. Non solo i quadri, ma anche ciò che rappresentano: il potere della legalità che, come l’arte, trova sempre un modo per emergere. Una celebrazione della giustizia che, come un dipinto di Warhol, riesce a essere al tempo stesso popolare e profonda.