Autore Redazione
lunedì
17 Dicembre 2018
11:39
Condividi
Eventi - Piemonte

Nel canto la sintesi. Recensione di “Canto per Vanzetti” ad Asti

Nel canto la sintesi. Recensione di “Canto per Vanzetti” ad Asti

ASTI – Ci sono rappresentazioni epiche, narrazioni di taglio giornalistico o trasfigurazioni liriche; poi c’è il canto, non nell’accezione solo musicale, ma in quella di messa in scena corale che coniuga ricerca storica e umano sentire. Appartiene a questa rara categoria “Canto per Vanzetti”, lavoro scritto e diretto da Luciano Nattino e che fu prodotto da casa degli alfieri, Teatro degli Acerbi e Asti Teatro 27, riproposto domenica 16 dicembre al Teatro Alfieri nell’ambito della stagione di prosa e inserito anche nella rassegna “Cunté Munfrà”.

Il Teatro degli Acerbi l’ha riportato sul palco nel ventennale della compagnia, per ricordare il compianto maestro Nattino, con il cast originale composto da Massimo Barbero, Patrizia Camatel, Matteo Campagnoli, Dario Cirelli, Fabio Fassio, Chiara Magliano, Antonio Muraca, Stefano Orlando, Paola Tomalino, Federica Tripodi, con le scenografie di Francesco Fassone e i costumi del Laboratorio Stilistico Vezza. Le musiche e i canti sono stati curati da Chiara Magliano, Paola Tomalino e Tiziano Villata.

La forma corale ha tante anime e tante voci, inizia con la condizione comune ad Ellis Island dei tanti emigrati italiani negli anni ’20, per concludersi, come in un remake cinematografico, con la stessa scena, che rimanda ad un destino comune e ripetibile. La storia di Bartolomeo Vanzetti (chiamato Tumlin a Villafalletto, il suo paese di origine), intrecciata con quella del suo amico Nicola Sacco, testimonia di un’ingiustizia colossale e di un errore giudiziario pregiudicato dall’ondata repressiva, nell’America del primo ventennio del ‘900, lanciata dal presidente Woodrow Wilson contro la «sovversione». Bartolomeo e Nicola, entrambi immigrati italiani e anarchici, furono ingiustamente accusati di rapina e omicidio e giustiziati dopo sette anni di prigionia. I crimini mai commessi furono loro attribuiti artificiosamente in un processo farsa, nonostante le tante prove che li scagionassero e il sostegno dell’opinione pubblica mondiale.

Questi sono fatti storici e la documentazione è ferrea, basata anche sull’autobiografia dello stesso Vanzetti e sui suoi scritti conservati nel fondo Vanzetti in provincia di Cuneo. La particolarità sta proprio nel “canto”, una sintesi di esattezza documentaristica e di lirica che segue sia un filo logico, sia una connessione di pensieri, ricordi, legami con le origini. I momenti del passato e del presente si sovrappongono, la realtà del carcere e del processo, per Bartolomeo/Fabio Fassio, si sfuma nel ricordo della madre morta, del desiderio di libertà alla base della partenza per l’America, di un amore giovanile, delle acque del Maira e dell’amore per la natura. Ne emerge un ritratto commovente, persino ingenuo, ma anche una profondità di pensiero e un idealismo coltivati con libri importanti e un’indole generosa.

La coralità delinea un mondo e un’epoca. Si concretizza nelle scene affollate, dove le parole di tutti diventano una polifonia, ma si rivela anche nei singoli personaggi. Il procuratore Katzmann/Massimo Barbero è lo strumento consenziente, per fini personali, dell’intolleranza e della distorsione della giustizia in nome del pregiudizio, così il governatore del Massachusetts/Dario Cirelli è un politico che scientemente sfrutta la paura per governare. E’ evidente l’universalità e l’attualità di tali giochi di potere contro la lotta impari dei diseredati e persino dell’opinione mondiale. Si inserisce in questa dicotomia il ben delineato rapporto tra Bartolomeno e la giornalista Mary Donovan/Patrizia Camatel, schierata in sua difesa. Il suo è un impegno che travalica l’appartenenza ad una comunità, basato sull’amore per la giustizia e venato di profonda e struggente amicizia tra i due.

Universali sono le canzoni cantate dalle voci da brivido di Paola Tomalino e Chiara Magliano (impossibile non citare l’iniziale “Who by fire” di Leonard Cohen, “Here’s to you” di Joan Baez e il finale canto anarchico “Sante Caserio”) e immanente e in continua trasformazione la scenografia di panche, che diventano aula di tribunale, sedili di tram, letti di prigione. “Canto per Vanzetti” è un monumento alla storia dal punto di vista di chi la storia non la scrive, ma la vive giorno per giorno, e rispecchia pienamente la poetica di Luciano Nattino. Il respiro è eterno, l’interpretazione del cast riveste di significato ogni particolare e travolge per due ore di rappresentazione. Tutto appare straordinariamente vivo e attuale, popolare nel suo significato più alto e, per questo, lo spettacolo emerge con la statura di un classico da vedere.

“Canto per Vanzetti” tornerà in scena sabato 26 gennaio al Teatro Comunale di Costigliole d’Asti nella Mezza Stagione.

Condividi