Autore Redazione
venerdì
2 Dicembre 2016
01:22
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Eventi - Alessandria

Una vita tragica, ma esultante. Recensione di “Zelda. Vita e morte di Zelda Fitzgerald” a Voglia di Teatro

Una vita tragica, ma esultante. Recensione di “Zelda. Vita e morte di Zelda Fitzgerald” a Voglia di Teatro

ALESSANDRIA – “Ne varrà la pena?…forse di più”

Giovedì 1 dicembre alla Ristorazione Sociale, per Voglia di Teatro, rassegna organizzata da Laura Bombonato, Giorgia Cerruti de La Piccola Compagnia della Magnolia, ha presentato “Zelda. Vita e morte di Zelda Fitzgerald”, per la regia di Davide Giglio e della stessa Giorgia Cerruti.

Lo spettacolo fa parte ed ha iniziato una trilogia di Bio-Grafie di personaggi dalla vita ardente ed estrema. Zelda Fitzgerald, moglie del grande scrittore e, a sua volta, scrittrice di talento, benché adombrata dalla fama di lui, è la personificazione della vita che si ritorce su se stessa per il troppo vivere.

Icona di stile nell’epoca del jazz, Zelda è stata tutto ciò che i giornali del tempo hanno esaltato e la sua vita sregolata ha toccato vertici di notorietà e di lusso sfrenato. La sua esistenza ha poi toccato l’abisso in circa vent’anni di ricovero in cliniche psichiatriche e, infine, nella morte abbracciata volontariamente nell’incendio dell’ospedale psichiatrico di Asheville.

Giorgia Cerruti sembra una bambola, è circondata da un alone di profumo di rosa,  pettinata e truccata con cura, sfoggia delle lunghe unghie laccate e mostra i tanti volti di una personalità ineffabile e destabilizzante. In un letto di ospedale rivive i ricordi del passato con la lucidità della follia mescolata al desiderio costante di vivere con intensità. Sua è “la convinzione che la vita è tragica, ma esultante” e tutto il monologo è modulato sui due piani della tragedia e della passione rapace di felicità. La forma discorsiva è mondana e improvvisamente volge al dramma, le frasi più leziose contrastano con lacrime che sciolgono il trucco bamboleggiante e il linguaggio è sempre elegante, rivelatore delle sue doti di scrittrice. I pegni d’amore di Francis Scott sono motivo di rievocazione e tutto sembra accadere nello spazio di un’ora, quella prima della morte, con la nitidezza del presente.

Sono tante le letture che si possono dare del personaggio. Il taglio registico della Piccola Compagnia della Magnolia è il non definito che sconcerta e apre la mente su un pozzo di dolore, ma anche sulla sfrenatezza, sull’Amore con la A maiuscola e su un grande talento artistico. Rimane un’immagine ardente la cui fine nel rogo sembra presagita dall’inizio da gioventù bruciata. Zelda morì per la sua stessa volontà di non fuggire, una decisione che fa rabbrividire e rimanda all’incipit del monologo, con le parole di Santa Teresa in estasi per la trafittura da parte del dardo divino infuocato.

Una prova splendida per Giorgia Cerruti, che rivela una grandissima intensità e la capacità rara di coinvolgere il pubblico con la forza  di uno sguardo che attira come un vortice. Ciò che resta negli occhi è una donna scintillante e appassionata in un alone tragico, ovvero il concetto del sublime.

Assolutamente da vedere.

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