Autore Redazione
domenica
28 Agosto 2022
12:30
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Cronaca - Piemonte

Dalla terra in su. Recensione di “Crape de legn” a Cunté Munfrà

Tanto pubblico a Montemagno per Federica Molteni nella prima regionale del monologo sulla storia dei burattinai Pina Cazzaniga e Benedetto Ravasio. La rassegna che va "dal Monferrato al mondo" continua dal 2 al 4 settembre con “La casa in collina” alla casa degli alfieri a Castagnole Monferrato
Dalla terra in su. Recensione di “Crape de legn” a Cunté Munfrà

MONTEMAGNO – “Il burattino sta sulla soglia di due mondi”.  Di questi due mondi e del burattinaio che li collega, come un albero che trae linfa dalle radici della tradizione e, rinnovandola, arriva al cielo, parla “Crape de legn” di e con Federica Molteni, con la regia di Alberto Salvi. Lo spettacolo, prodotto da Luna e Gnac, Associazione Retroscena e Casa degli alfieri, realizzato con il sostegno di Fondazione Benedetto Ravasio (Museo del Burattino di Bergamo), è stato presentato in prima regionale ieri 27 agosto a Montemagno, nell’ambito della rassegna Cunté Munfrà, inserito nel programma di “Montemagno sotto le stelle”. “Cunté Munfrà – dal Monferrato al mondo”  è promossa dal Comune di Castagnole Monferrato e della casa degli alfieri /Archivio Teatralità Popolare con la Direzione artistica di Massimo Barbero. I prossimi appuntamenti saranno da venerdì 2 a domenica 4 settembre, nella sede di casa degli alfieri a Castagnole Monferrato, con la kermesse La casa in collina. Il programma si può consultare su archivioteatralita.it/azioni/cunte-munfra.html

“Benedetto e Pina erano alberi”. “Crape de legn”, così sono chiamati i burattini della tradizione bergamasca, dalle teste lignee e pesanti ben 5 kg, è pura poesia che nasce dalla terra e dalle nebbie. Lo è fin dall’inizio, con l’immagine lirica e, allo stesso tempo, concreta delle radici della tradizione teatrale popolare e del burattinaio-albero che vi si immerge per rinnovarle e portarle altrove. Federica Molteni volge le spalle alla scenografica chiesetta romanica di San Vittore, un gioiello sospeso dal tempo e illuminato nel buio, e si muove in mezzo a delle baracche di burattini, dei piccoli teatri che trasudano “poesia e cura delle cose”. Racconta e interpreta la storia di Pina Cazzaniga e Benedetto Ravasio, burattinai storici che negli anni ‘40 decisero di lasciare il lavoro di fornai per seguire la vocazione dell’arte. Tale scelta di vita matura prima nell’animo di Benedetto, affascinato sin da bambino dai burattini, dalle storie e dalla musica, e viene sposata, con un’adesione e una semplicità disarmante, da Pina, nonostante il peso di una famiglia con ormai otto figli. La loro vicenda familiare si intreccia con quella lavorativa e artistica, attraversa la guerra, l’occupazione nazista, la resistenza, il lavoro di Benedetto in una fabbrica aeronautica, diventata campo di prigionia sotto il controllo tedesco. Attraversa il miracolo economico degli anni ‘50 e ‘60 e l’avvento della televisione con le trasmissioni di massa come Lascia o raddoppia, che segnano la crisi del teatro.

La narrazione sa di epopea, scorre su un tappeto sonoro di echi (la tradizione del passato) e di musica da festa da paese (veramente evocative le musiche originali di Luigi Suardi) e va dal particolare al corale, dal paese al mondo sconvolto da eventi di grande portata. L’incontro di Pina e Benedetto è tenero, interpretato, come tutta la loro vita familiare, con semplicità e freschezza. E’ oggetto di chiacchiericcio da parte delle comari del paese (e qui Federica Molteni, dietro un teatrino di legno, dà voce con il teatro di figura alla dimensione corale e popolare), diventa solida vita matrimoniale e intesa professionale-artistica alla pari, dove Pina sarà la prima burattinaia in Italia. La sua scoperta delle crape de legn (“io non li avevo mai visti i burattini”) è lirica e sa di innamoramento, di quella identificazione con il personaggio che rende vivo e insostituibile il teatro. Nel finale sarà la moglie-burattino del Gioppino, storico personaggio del teatro di figura bergamasco, a ricordare il primo incontro con i Ravasio e soprattutto con Pina, sua voce e anima per tanti anni.  “Crape de legn” è una grande prova d’attore, uno spettacolo dai tanti registri, fondato su una storia vera e su una precisa attenzione alla tradizione e alle sue forme. Federica Molteni passa dai monologhi intimi e lirici alla narrazione, cambia voce, parla in bergamasco (sempre comprensibile), interpreta tanti personaggi e attraversa decenni. Quando anima i burattini diventa voce popolare, un coro in versione bergamasca che racconta gli eventi dal punto di vista della gente comune. Ci sono la fatica, la società che cambia, ma soprattutto ci sono la passione e una vena genuinamente eroica, dell’eroismo dei semplici, che accompagna i protagonisti, veri sulla scena come nella vita.  Pina Cazzaniga e Benedetto Ravasio rinnoveranno la tradizione ottocentesca dei Gioppini, la loro arte sarà riconosciuta ovunque e calcheranno teatri importanti, oltre a registrare più di sessanta commedie per la RAI. La loro è una bella storia e Crape de legn ha il merito di averla tradotta in poesia sognante eppure piantata nella terra, come l’albero da cui è stato intagliato il burattino.

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