13 Maggio 2021
05:13
Troppa fauna selvatica in provincia, Ispra: “Denunciate sempre eventuali danni”
PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Situazione sempre più difficile in provincia di Alessandria – ma anche nel resto del Piemonte – quella legata al contenimento della fauna selvatica. A segnalarlo, nel corso di una riunione in videoconferenza, è stata Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), tratteggiando uno scenario difficile in tutta la regione ma estendibile anche al resto d’Italia. In particolare per la popolazione dei cinghiali, sempre più fuori controllo nella nostra regione.
Negli ultimi tre anni sono stati richiesti oltre tre milioni di euro di danni dal settore agricolo. Un numero ben inferiore alla realtà sottolineata ogni giorno dalle associazioni di categoria, a causa di una tendenza da parte degli agricoltori a non denunciare. Questo comporta un disagio per Ispra che, in mancanza di segnalazioni effettive, non può restituire alle Amministrazioni Pubbliche un’immagine reale del problema. L’invito Ispra è quindi quello di sporgere la denuncia dei danni subiti, nonostante il ritardo dei pagamenti, o addirittura la loro mancanza.
Alla riunione erano presenti Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica, mentre per Cia Alessandria c’erano il presidente Gian Piero Ameglio, il direttore Paolo Viarenghi e il responsabile Impresa Franco Piana. Ad aprire l’incontro è stato il presidente regionale, il casalese Gabriele Carenini: “A livello piemontese la situazione è grave e lo segnaliamo da tempo. Anche a causa del lockdown si è registrato un enorme incremento degli ungulati e l’agricoltura si trova in stato di assedio. Ascoltiamo quotidianamente le richieste e le segnalazioni da parte dei nostri soci, che vedono rovinati centinaia di ettari di semine, vigneti, prati stabili e colture varie. Anche i sindaci ci esprimono solidarietà: oltre che agricolo questo è un problema di ordine pubblico, riguardando la sicurezza stradale e dei centri abitati”. Aggiunge il direttore regionale Cia Giovanni Cardone: “Chiediamo a Ispra un parere sul contenimento e la riduzione del numero di capi selvatici e dei danni che questi apportano all’agricoltura. In Piemonte è in atto una guerra burocratica, tra soggetti che hanno competenze a riguardo e anche tra i cacciatori. Cia ritiene produttivo il ruolo del tutor laddove gli agricoltori non siano abilitati all’abbattimento, ma una parte del mondo venatorio dimostra resistenza su questo tema”.
Da parte sua Ispra ha ammesso che la legge che fornisce il quadro normativo (157/1992) è troppo datata per governare la realtà attuale: negli ultimi 10 anni infatti il numero degli ungulati in Italia è passato da 900 mila capi a oltre due milioni. Un altro aspetto critico legato alla fauna riguarda il mondo venatorio, che non sempre contribuisce al contenimento delle specie perché, in molti contesti, gli ungulati sono vissuti dai cacciatori come una risorsa da preservare. Ha dichiarato Genovesi: “Molte volte l’Istituto ha criticato piani di abbattimento che sembravano selettivi più per motivi culturali che tecnici, dando una proiezione sottostimata di selezione. Ispra chiede un approccio adattativo, basato sui danni registrati e monitorati nel tempo. Anche per il Piemonte, il ruolo del tutor a noi sembra una buona soluzione, sempre supportata dalla necessaria formazione. L’ostacolo talvolta non è amministrativo, ma operativo: abbiamo chiesto al mondo venatorio di farsi parte attiva nella risoluzione del problema, ma la resistenza dei cacciatori complica le cose“.
Ispra ha anche commentato che il rapporto con il mondo venatorio, che varia da regione a regione, va costruito e adattato alle esigenze attuali, tenendo conto che l’età media dei cacciatori, nella nostra regione, è di 52 anni, e servirebbero politiche amministrative che tendano ad un tipo di caccia più moderna. L’Istituto riporta i dati 2017 riguardo i cinghiali cacciati: in Piemonte sono stati 20 mila (la quasi totalità in braccata, mille capi in selezione e 5 mila in controllo), mentre in Toscana sono stati 90 mila (più di quattro volte i numeri del Piemonte, e nonostante ciò non si è ancora risolto il problema). “Guardando la situazione attuale, confermiamo che la legge scritta 30 anni fa non tiene più sotto controllo la situazione. Una situazione straordinaria richiede una normativa straordinaria, o comunque rivista per le esigenze attuali” , ha commentato Ameglio e Viarenghi.