Autore Redazione
venerdì
2 Dicembre 2022
05:41
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Politica - Alessandria

Violenza donne, MeDea: “125 codici rosa in Ospedale? Punta dell’iceberg, casi sospetti possono essere il triplo”

Violenza donne, MeDea: “125 codici rosa in Ospedale? Punta dell’iceberg, casi sospetti possono essere il triplo”

ALESSANDRIA – “La violenza sulle donne non è più un’emergenza ma è diventata strutturale, per questo servono strumenti diversi per combatterla“. La vicepresidente di me.Dea, Carlotta Sartorio, ha raccontato con queste parole l’attività della onlus alessandrina in occasione dell’ultima Commissione Politiche Sociali. Sartorio ha poi citato alcuni dati: nel 2022 sono già stati 168 i nuovi accessi, un dato in linea con gli altri anni, visti i 215 nuovi accessi in tutto il 2021 e i 187 nel 2020. “Come detto è un fenomeno strutturale, rischiamo l’assuefazione: non cogliere più la sua gravità. La violenza sulle donne deve diventare un fatto socialmente inaccettabile. Lo è solo quando ne sentiamo parlare. Quando capita a chi conosciamo, magari, si trovano delle scuse, si ribalta la colpa sulla donna, avviene la cosiddetta vittimizzazione secondaria”. 

Significativa la considerazione sui 125 codici rosa, i casi di violenza di genere emersi nel 2022 dagli accessi al Pronto Soccorso di Alessandria: “Sono, purtroppo, solo la punta dell’iceberg” ha aggiunto Sartorio “stiamo parlando dei casi di violenza conclamata. Ci sono però tante donne che, magari, vanno anche al Pronto Soccorso più volte ma alla fine non denunciano, fingendo di aver avuto un incidente domestico anche se si tratta di violenza. Un numero che, a stima, arriva anche al triplo della cifra dei codici rosa. Nella maggioranza dei casi, infatti, una donna viene accompagnata al Pronto Soccorso proprio dal suo compagno”.

Nata nel 2008, finora me.Dea ha aiutato oltre 2 mila donne: dall’anno successivo è stato aperto un punto di ascolto ad Alessandria. Dal 2018 è stata avviata anche l’attività di una seconda sede, a Casale. Il 60-70% sono mamme over 30 con figli, per questo già da cinque anni abbiamo avviato l’attività di una casa rifugio, una dimora con un indirizzo segreto dove le donne, in particolare quelle a rischio femminicidio, possono ricominciare insieme ai loro bambini. Oggi le case rifugio sono due, con 13 posti letto in totale, supportare h24 dalle nostre operatrici, sempre reperibili“.

In questi 13 anni abbiamo allargato la nostra attività: il lavoro che portiamo avanti per l’accoglienza delle donne è enorme e noi operatrici siamo in continua formazione. Siamo sempre rimaste aperte, anche durante il covid. Siamo giustamente state considerate un servizio essenziale. Abbiamo potenziato le possibilità di accesso, anche dal punto di vista telefonico o attraverso messaggi whatsapp. Da 7 operatrici che eravamo all’inizio ora siamo 23-25. Per questo abbiamo chiesto al Comune di Alessandria la possibilità di operare in una sede più grande, rispetto a quella di via Palermo. Ora, infatti, dobbiamo fare i turni. Tutte insieme non ci stiamo: uno spazio più ampio consentirebbe più riunioni di equipe, un lavoro di back office, nuovi locali per la biblioteca con testi tematici o destinati a laboratori per bambini. Il nostro compito non è solo fornire un accompagnamento alla donna nel suo processo di uscita da una situazione di violenza, ma pensare alla sua sicurezza. Ad esempio siamo con loro quando vanno in Tribunale. Possiamo contare su finanziamenti regionali e annuali ma non è sufficiente, siamo in una continua fase di progettazione per avere fonti di finanziamento”.

Me.Dea ha anche invocato il supporto concreto di Palazzo Rosso anche nel processo di reinserimento di queste donne nella vita sociale, una volta affrontato un periodo di vita in casa rifugio: “Innanzitutto, dal punto di vista abitativo, bisognerebbe facilitare loro l’inserimento nelle liste di attesa per le case popolari Atc, attraverso le Agenzie sociali per la Locazione, oltre ad agevolare le pratiche per una residenza fittizia che consenta loro l’accesso ai servizi comunali, in particolare quelli per l’infanzia. Insomma, servono soluzioni snelle. Stiamo parlando di donne che provengono da altre città e che devono inserirsi in una nuova comunità”. 

In Commissione Politiche Sociali è anche intervenuta Francesca Brancato, consigliera regionale di Dire (Donne in Rete contro la Violenza): “Vogliamo promuovere un cambiamento significativo, trasformare la cultura patriarcale, maschilista e misogina che anche le donne stesse devono imparare a superare. Spesso ci si confonde pensando che il problema sia solo degli uomini ma non è così: dobbiamo portare avanti un cambiamento nella nostra vita personale. Io rappresento la rete nazionale di centri anti violenza che, dagli anni ’70, si colloca in una dimensione politica che vuole rappresentare la voce delle donne. Cinquant’anni fa sono nati i primi centri antiviolenza: le donne hanno cominciato a fare autocoscienza. L’amore era diventato strutturalmente vincolante e limitante delle possibilità: le donne capiscono così di quanta violenza veniva esercitata contro di loro nei contesti famigliari. Poi si sono rese conto del collegamento tra quello che succedeva all’interno con quello che succedeva all’esterno della loro famiglia, era qualcosa che veniva avvalorato e strutturato all’esterno. Da quel momento sono state create delle stanze per accogliere e ascoltare le donne e le loro storie. Occorre evitare il rischio di pensare che una donna vittima di violenza rappresenti un problema solo suo. Non è vero: è un problema che deve toccare tutti. I maltrattamenti in famiglia vengono legittimati da un contesto esterno”.

“Nell’ultimo anno e mezzo le parole “violenza domestica” vengono pronunciate sempre meno nei Tribunali e sostituite con “alta conflittualità”. Questo fatto è allarmante: viene messo alla pari qualcosa che alla pari non è. Con Anci, l’associazione dei Comuni, abbiamo sottoscritto un protocollo dove gli enti locali si impegnano a promuovere attività di formazione e conoscenza contro la violenza. La donna deve diventare autonoma e consapevole. Bisogna migliorare le strategie di prevenzione e sostegno. Abbiamo fatto grandi passi avanti ma c’è ancora molto da fare. Nel 2022 l’Italia è stata condannata quatto volte dalla Corte Europea per l’assenza di azioni di protezioni nei confronti delle donne. Ricordo, inoltre, che anche ad Alessandria c’è un servizio, AlterEgo, dedicato agli uomini che hanno la tendenza a maltrattare le proprie compagne: spazi dove si può analizzare la propria aggressività, per capire cosa cova sotto quella rabbia. Ricordo, infine, che la violenza sulle donne tocca tutte le classi sociali: tutte noi, potenzialmente, potremo essere vittime” ha concluso Brancato.

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