Autore Redazione
mercoledì
2 Ottobre 2024
13:14
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Cronaca - Tortona

Sanità, Fp Cgil: “Persi in 10 anni oltre 200 posti letto in provincia e mancano 220 infermieri”

Sanità, Fp Cgil: “Persi in 10 anni oltre 200 posti letto in provincia e mancano 220 infermieri”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – “Siamo sempre di meno, sempre più carichi di lavoro e più stanchi”. Antonio Lace, della segreteria del sindacato Fp Cgil ha descritto la situazione della sanità in provincia di Alessandria dal punto di vista dei professionisti che lavorano in un settore in difficoltà. Dal 2014 a oggi abbiamo perso oltre 200 posti letto ha rimarcato Lace, focalizzandosi in particolare sull’Ospedale Santi Antonio e Margherita di Tortona. 

Nel nosocomio tortonese i posti letto in meno sono stati un centinaio, tra la chiusura della ginecologia nel 2013, della cardiologia nel 2015 (appena ristruttura, inaugurata e mai entrata in funzione), della Neurologia sempre nel 2015 e della Pediatria nel 2016. Purtroppo queste chiusure dovevano essere supportate da un aumento delle attività territoriali, riorganizzando la medicina territoriale e creando le Case della Salute che, purtroppo, si sono rivelate scatole vuote, con i muri affrescati ma all’interno nessuno che dia risposte”.

Secondo il sindacalista della Funzione Pubblica Cgil “le difficoltà sempre più diffuse delle fasce deboli vengono scaricate sui luoghi di primo soccorso che scontano la frustrazione dell’assenza o la limitazione delle risposte e il Pronto soccorso di Tortona è stato depotenziato di quelle professionalità che devono dare risposte immediate ai cittadini con patologie acute (quali cardiache, respiratorie, neurologiche). Chiudendo i reparti con la 1/600 del 2014 non è stata presa in considerazione una variabile di non poco conto, che nella nostra provincia gli over 65 sono circa un terzo della popolazione, e il 40% è affetto almeno da una patologia cronica e mancano totalmente i collegamenti pubblici per potersi spostare ed effettuare una visita o un ricovero, e che l’assenza di parenti rende tutto più complicato e difficile (portando alla rinuncia a curarsi). Il territorio tortonese nella prima ondata del Covid è stato l’epicentro della pandemia, sia in termini di contagi che di ospedalizzazioni, occupando oltre alle strutture pubbliche, anche quelle private. Tutto il personale sanitario, effettuando turni di 12 ore e in carenza di risorse ha sopperito con abnegazione e senso del dovere, alle mancanze della struttura sanitaria regionale, molto spesso contraendo la malattia e purtroppo in alcuni casi pagandone il prezzo con la morte. Il nostro ospedale cittadino è quello che nel 2020 ha pagato il prezzo più caro di tutta la provincia e regione, a seguito della trasformazione in Covid Hospital, ma è anche quello che ha avuto la promessa dalla Regione di renderlo un punto di eccellenza. A distanza di 4 anni non si vede nulla di quanto promesso, se non destinare 49 milioni di euro in dieci anni a una partnership pubblico/privato che stenta a decollare. Nel frattempo i cittadini tortonesi continuano ad andare a farsi curare in Lombardia, Emilia e Liguria, con una spesa sanitaria extraregionale che costa alla collettività oltre 5 milioni di euro all’anno”. 

Dal punto di vista provinciale, secondo Lace negli ospedali di Casale, Tortona, Novi, Acqui e Ovadamancano circa 220 infermieri, e ogni giorno leggo di recessi volontari dal rapporto di lavoro in Asl, per trasferirsi in ospedali centro zona oppure direttamente alle dipendenze del privato. Questa situazione di carenza di personale riguarda tutte le professioni sanitarie. Non più tardi di tre mesi fa, siamo scesi in piazza con una manifestazione sotto la sede Asl per far assumere circa 100 operatori socio sanitari. Ho saputo che in molti reparti ospedalieri dell’Asl di Alessandria non c’è il personale infermieristico a sufficienza per coprire tutti i turni del mese, per cui si va avanti a doppi turni (che aumentano il livello di stanchezza del personale) o, peggio ancora, accorpando i reparti, riducendo i posti letto. Una situazione insostenibile per la collettività che non ha modo di trovare risposte adeguate al bisogno di salute”. 

Lace ha poi fatto il punto sulle liste di attesa a Tortona: “Per curarsi bisogna andare fuori città o provincia. Per effettuare una visita oculistica bisogna andare altrove perché gli ambulatori sono chiusi da giugno a causa del pensionamento di due medici. La prima visita non urgente in Asl è a giugno 2025. Per una ecografia occorre attendere 280 giorni”. 

“Ora il nuovo assessore regionale alla Sanità mette in campo l’intelligenza artificiale che risolverà il problema delle liste d’attesa. Così se finora un tortonese per effettuare una visita specialistica urgente trovava posto a Cuneo o Biella (nell’ospedale pubblico) finalmente unificando le prenotazioni pubblico privato, il cittadino andrà sempre a Biella o Cuneo ma dal privato. Si sta realizzando il progetto di avvicinare la sanita piemontese al modello lombardo, completamente disastroso e dannoso in momenti di emergenza sanitaria. Lo abbiamo visto con il covid, completamente incapace di far fronte all’emergenza”.

“L’universalismo del Servizio Sanitario Nazionale istituito con la legge 833 del 1978 è ormai solo un’etichettaha concluso Lace oltre un terzo delle visite specialistiche e un quarto delle procedure diagnostiche sono a pagamento. La privatizzazione (tramite esternalizzazione) dei servizi è all’ordine del giorno, favorita da vincoli di bilancio sempre più stringenti e contradditori. Questa situazione, oltre a minacciare la salute, produce gravi disuguaglianze: in un momento in cui crescono povertà e disagio sociale, una quota crescente della popolazione è costretta a rinunciare alle cure. Inoltre sul Servizio Sanitario Nazionale si abbatte la scure della legge sull’autonomia differenziata, che aumenterà le disuguaglianze colpendo le regioni più svantaggiate su un doppio fronte: economico (portando meno risorse e di conseguenza meno servizi) e dal punto di vista delle risorse umane, con il personale sanitario che verrà invogliato a spostarsi in quelle regioni che incentivano con salari più allettanti. La raccolta firme per il quesito sull’autonomia differenziata ha superato in sole tre settimane le 500 mila firme necessarie, dimostrandoci che abbiamo agito nell’interesse dell’Italia unita. La raccolta firme ha avuto un enorme successo tra i lavoratori della sanità e nei nostri ospedali. Sicuramente se adeguatamente informati, gli italiani respingeranno il tentativo di dividere l’Italia, per cui adesso dobbiamo fare un ulteriore sforzo che completi l’iter referendario”. 

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