Autore Redazione
sabato
1 Marzo 2025
10:28
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Tempo Libero - Alessandria

La satira giocosa dell’Aristofane de I Sacchi di Sabbia. Recensione di “Pluto” al Teatro San Francesco

Sold out per la nota compagnia toscana alla stagione Radici 3 della Compagnia Stregatti
La satira giocosa dell’Aristofane de I Sacchi di Sabbia. Recensione di “Pluto” al Teatro San Francesco

ALESSANDRIA – La distribuzione della ricchezza è un tema antico come l’umanità e oggetto di considerazioni etiche come di letteratura. Aristofane ne fece il soggetto della sua ultima commedia, basata sull’utopia dell’abbondanza destinata agli onesti e della povertà mirata a punire i malfattori.

Una provocazione lanciata in quella che ci sembra l’alba della civiltà, giunta fino ad ora con la sua mancanza di soluzione e ripresa dalla compagnia toscana I Sacchi di Sabbia con il loro “Pluto”, presentato ieri 28 febbraio al Teatro San Francesco nell’ambito della stagione Radici 3, organizzata e diretta dalla compagnia Stregatti.

Quella dei Sacchi di Sabbia è un’operazione filologica e, al contempo, come nel loro stile inconfondibile, estremamente originale e godibile. Per l’adattamento del testo la compagnia si è avvalsa della collaborazione di Francesco Morosi, studioso e profondo conoscitore del teatro classico, e, come nell’Atene di Aristofane, quattro attori interpretano tutti i personaggi.

Il testo è simbolicamente satirico e racconta dell’ateniese Cremilo che, insieme al servo Carione e grazie all’intervento di Asclepio, riesce a sanare la cecità di Pluto al fine di arricchire solo i meritevoli. A tanta buona intenzione seguiranno risultati funesti, in quanto la ricchezza elargita gratuitamente corrompe e inibisce l’evoluzione della società. L’allestimento dei Sacchi di Sabbia rinnova lo spirito satirico originario in forma giocosa e decisamente ilare. Gioca sull’interazione dei protagonisti con il corifeo, una splendida Giulia Gallo che suona l’ukulele, utilizza lo strumento per suggerire i movimenti sulla scena, commenta e rimprovera. A lei si devono le battute più pungenti (come la presentazione di Cremilo così “perbene da far schifo” ), ma anche le questue a Pluto in forma di litania, così grottesche da dare forma all’avidità.

Ad un Cremilo/Giovanni Guerrieri tanto ben intenzionato quanto comicamente incauto, si affianca un Carione/Enzo Illiano dalla parlata napoletana, che segue il suo padrone con una flemma impressa nella cantilena dialettale e nella gestualità svogliata. Pluto/Gabriele Carli parla con pronuncia blesa, accompagnata da movimenti affettati e da accessi pavidi. Tre registri diversi per i tre protagonisti (i ruoli ricoperti dagli attori sono in realtà ben più numerosi), ma un effetto comico che li accomuna e li unisce nei dialoghi, nelle numerose coreografie e nei rimbrotti a loro indirizzati dal corifeo.

Alle buone intenzioni e all’opulenza seguono il caos, il crollo della laboriosità e l’ira degli dèi, annunciata dal messaggero Hermes (un Guerrieri con tanto di ciuffo di piume alla caviglia). Sarà il Bisogno (ovvero la Povertà) ad argomentare, con mosse da lottatore di sumo e una perentorietà che non ammette repliche, a favore della necessità della disuguaglianza, in quanto molla del fare umano. Come previsto, non esiste una soluzione e neppure un finale. Rimangono le suppliche al dio denaro che si sciolgono in litanie meschine (“Iubilate Pluto…”), causticamente comiche e dense di corruzione.

E’ così che termina Pluto de I Sacchi di Sabbia, come anche in Aristofane, e lo stato di sospensione che il finale porta con sé è una risata spezzata e un senso di ineluttabilità dell’ingiustizia. Mettere in scena tutto ciò, riprendere e interpretare alla luce di una ricerca accurata un testo delle origini della commedia e farlo strappando risate al pubblico è possibile, ma solo per chi fa Teatro con la maiuscola. I Sacchi di Sabbia si confermano interpreti straordinari nell’affrontare opere classiche, come già per l’Andromaca, presentata alcune stagioni estive fa sempre al San Francesco. In questo caso la genialità dell’adattamento sta nel cogliere l’essenza della commedia, ovvero la sua ambiguità, e proporla colmandola di doppi sensi, di allusioni, di musica e di irresistibili balletti, esattamente nello spirito di chi la scrisse, ma con una satira fulminante e modernissima. Tanto il pubblico al San Francesco, da sold out, e tante, veramente tante, le risate, sempre condite da un’ironia intelligente.

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