Autore Redazione
mercoledì
7 Novembre 2018
18:34
Condividi
Cronaca - Novi Ligure

Pernigotti dal 3 dicembre 1 anno di cassa per 100 lavoratori. Politica, Confindustria e agricoltori con Novi

Intanto è cominciato il presidio permanente dei lavoratori
Pernigotti dal 3 dicembre 1 anno di cassa per 100 lavoratori. Politica, Confindustria e agricoltori con Novi


NOVI LIGURE – La Pernigotti ha presentato istanza di ammissione alla procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria per 100 dipendenti “dal 3 dicembre 2018 al 2 dicembre 2019, a seguito della parziale cessazione dell’attività aziendale“. L’evoluzione negativa, ha spiegato l’azienda in un comunicato, è da imputare alla crisi che l’azienda sta attraversando, determinata “dal calo dei volumi di vendita e dal correlato decremento del fatturato che l’azienda non è riuscita a contrastare nonostante le azioni finora implementate a sostegno del business”. “Saranno quindi ridefinite iniziative commerciali, verranno centralizzate le attività amministrative e di backoffice e si procederà alla cessazione delle attività produttive presso lo stabilimento di Novi Ligure“. Pernigotti “continuerà nella distribuzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, mentre procederà all’individuazione di partner eccellenti a cui affidare la produzione dei propri articoli, avendo cura di salvaguardare la qualità e l’attenzione alle materie prime che da sempre caratterizzano l’offerta del brand Pernigotti.” L’azienda ha puntualizzato che darà “corso all’esternalizzazione delle proprie attività produttive unicamente presso il territorio nazionale. Come già ribadito anche in sede di confronto con le Parti sociali, nel rispetto della storicità del brand Pernigotti e con l’obiettivo di mantenere la qualità distintiva dei propri prodotti, la Società sta procedendo all’individuazione di partner industriali in Italia, a cui affidare la produzione, coerentemente anche con l’obiettivo di cercare di ricollocare il maggior numero possibile di dipendenti coinvolti presso aziende operanti nel medesimo settore o terzisti. A tal fine l’azienda sta già dialogando con alcune importanti realtà italiane del settore dolciario.”

 

La decisione della proprietà però deve fare i conti con la rabbia dei sindacati, dei lavoratori e di una intera città, pronta a mobilitarsi per evitare di perdere un pezzo della propria storia. I lavoratori hanno già cominciato un presidio permanente all’interno dello stabilimento. Questo giovedì arriveranno le telecamere di Agorà, trasmissione di Rai Tre, oltre a quelle di Mediaset. Il sindaco di Novi, Rocchino Muliere, si è subito attivato con le istituzioni e ha già interpellato Prefetto e Parlamentari per preservare il marchio storico. Muliere non intende lasciare il marchio e soprattutto non accetta alcuna delocalizzazione: “Non capiamo come si sia arrivati a questo punto. Non è possibile che un marchio con quote così importanti abbia subito questa situazione visto che il settore dolciario è in salute in tutto il distretto. Per questo vogliamo chiarire che noi come comunità siamo contrari alla produzione fatta fuori da Novi. Noi vogliamo che il marchio non lasci la città e soprattutto che qui si continui a produrre“.

Anche i sindacati hanno già promesso battaglia, tutti contrari a un’operazione definita scandalosa: “È scandaloso l’atteggiamento aziendale da parte della proprietà turca – ha spiegato Enzo Medicina della Cisl. Con i dirigenti avevamo parlato il 27 giugno e non era stato ventilato alcun problema. Si era parlato delle difficoltà di ricavi ma avevano detto di stare tranquilli e improvvisamente abbiamo appreso questa situazione per giunta a fronte di una produzione che continuerà nei due stabilimenti in Turchia.”

Un atteggiamento, quello della proprietà, ferocemente criticato anche da Marco Malpassi di Cgil, indignato dalla mancata attivazione per “la cassa integrazione per situazione aziendale complessa, una proposta che avevamo fatto e che è stata rifiutata per evitare di spendere pochi soldi a fronte di perdite, nel tempo, di 50 milioni di euro”. Un “atteggiamento quindi che grida vendetta – ha aggiunto Tiziano Crocco della Uil. Ora dobbiamo lottare per evitare che il marchio vada in mano a loro“.

Immediatamente anche il mondo della politica si è schierato al fianco dei lavoratori. L’assessore al Lavoro della Regione, Gianna Pentenero, ha appreso “con estrema preoccupazione la notizia dell’annunciata chiusura dello stabilimento. Una decisione, quella del gruppo turco, proprietario dell’azienda, incomprensibile e inaccettabile, che la Regione Piemonte cercherà di contrastare in ogni modo“. La Regione è quindi pronta a convocare un tavolo sul caso Pernigotti, chiedendo alla proprietà di valutare, con il sindacato e le istituzioni, ogni possibile soluzione alternativa. Il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro, ha parlato di un gruppo “di ‘prenditori’, che, “dopo averla acquisita ed essersi impegnati a mantenere la produzione in loco, cercano di portare via dall’Italia un’azienda simbolo del made in Italy nel settore dolciario. Occorre un impegno coeso di tutte le istituzioni e della politica per salvare la Pernigotti con i suoi 200 lavoratori”. Fornaro ha presentato una “interrogazione urgente al Ministero dello Sviluppo Economico affinché sia aperto al più presto un tavolo di crisi per richiamare innanzitutto l’azienda alla sua responsabilità sociale e per verificare anche la possibilità di una cessione dell’azienda a imprenditori interessati a sviluppare in Italia il marchio e i prodotti Pernigotti“. Choccato anche il Senatore di Forza Italia, Massimo Berutti, che invita a riflettere sulla situazione del mondo imprenditoriale che andrebbe tutelato molto di più, esattamente come il ‘made in Italy’: “Questo Governo dovrebbe fare una valutazione su una forte tutela del marchio o dei marchi nazionali storici e non solo. Occorre fare in mondo che rmangano in Italia”.

Fortemente critica anche Confindustria che per bocca del suo presidente, Maurizio Miglietta, ha usato una immagine forte: “È come perdere un braccio. Una brutta notizia, innanzitutto per i dipendenti e poi per il marchio, una eccellenza del nostro territorio. Speriamo che vengano adottate le migliori misure possibili per i lavoratori“. In una nota Confindustria Alessandria ritiene “oggettivamente difficile da ripetere una possibile soluzione simile a quanto positivamente accaduto in casi recenti col subentro nell’attività imprenditoriale”. L’associazione delle imprese del territorio è comunque “disponibile a sostenere chi volesse percorrere questa strada, ipotizzando un impegno per offrire opportunità alternative, anche con percorsi di outplacement o supporto alla creazione di impresa, per i lavoratori. Ipotesi che però richiedono una volontà della proprietà diversa da quanto manifestato ad ora“. “Purtroppo anche le attività imprenditoriali” ha aggiunto Confindustria Alessandria “come le nostre vite, attraversano fasi diverse, positive e negative, e il rischio connesso al mestiere di imprenditore deve essere sempre considerato. Senza dubbio, preso atto di questo, resta tra i valori fondanti della nostra associazione e tra le nostre missioni il cercare di diffondere tra gli imprenditori l’attenzione alla responsabilità sociale dell’impresa e al ruolo etico che il loro intraprendere dovrebbe comportare. Teniamo a mente il rischio di impoverimento del nostro territorio, insieme alla grave situazione del lavoro: dobbiamo cercare di percorrere una strada, non facile, che richiede l’impegno di tutti i portatori di interesse“.

La vicenda della Pernigotti coinvolge anche il mondo agricolo perché, sottolinea Coldiretti, l’importazione delle nocciole turche in Italia, nel 2018, nei primi sette mesi, è aumentata del 28% e “con questo meccanismo di delocalizzazione si impoverisce il nostro territorio – hanno commentato Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e il delegato confederale Bruno Rivarossa.”

Condividi