Autore Redazione
venerdì
10 Aprile 2020
05:15
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Cronaca - Casale Monferrato

Immunità di gregge, tamponi e dati reali: al Balbo le spiegazioni dell’esperto di malattie infettive

Immunità di gregge, tamponi e dati reali: al Balbo le spiegazioni dell’esperto di malattie infettive

CASALE MONFERRATO – Una videoconferenza per parlare di coronavirus. È successo al Balbo di Casale Monferrato dove il casalese Piero Olliaro, docente dell’Università di Oxford ed esperto di malattie infettive nelle aree geografiche ad alto rischio di contagio ed emarginate, ha risposto alle domande degli studenti sull’attuale emergenza epidemiologica.

Un tema pressante per tutti quei ragazzi che ormai da più di un mese sono chiusi in casa e non frequentano, almeno fisicamente, le lezioni. Del resto secondo l’esperto “questa epidemia cambierà il nostro modo di essere e vivere. In parte lo ha già fatto“. Non è tuttavia la prima volta che il nostro Pianeta fa i conti con un’epidemia o una pandemia importante come lo è quella causata dal coronavirus: “C’è stata nel 57/58 l’influenza asiatica, nel triennio 68-70 l’influenza di Hong Kong. Nel 1997 l’aviaria, nel 2009 l’influenza suina. Queste epidemie non sono passate senza lasciare traccia. Anzi, hanno lasciato dietro di loro cifre elevate di persone decedute“. Del resto il genere umano ha sempre combattuto contro i virus: “Basti pensare all’influenza che ogni anno fa sino a mezzo milione di morti“.

A partire dalla Sars il Mondo si è interrogato sulla necessità di creare un sistema che potesse dare risposte rapide in caso di epidemie. L’arrivo del Covid-19 però ha messo in evidenza tutta l’inadeguatezza di un sistema che doveva arginare sul nascere questa pandemia. “Così non è stato e il mondo scientifico si sta interrogando a riguardo. Ma soprattutto sta cercando di comprendere al meglio un virus di cui si sa ancora molto poco“.

Tra le prime domande i ragazzi hanno posto quelle relative alla diffusione dei dati sui contagi, i decessi e le persone guarite. “I numeri che abbiamo sono il frutto del quantitativo di test che vengono effettuati. A oggi non si fanno ancora abbastanza test“. Il motivo? Sta nel fatto che in Italia c’è “una capacità ancora bassa di elaborare i tamponi orofaringei che determinano la positività o meno al coronavirus. Da inizio epidemia i laboratori hanno aumentato la loro portata ma non basta ancora. Il procedimento di analisi richiede infatti molto tempo facendo sì che i dati siano a rilento“. Un cambiamento potrebbe essere fornito “dai cosiddetti test rapidi, ovvero indagini che si possono fare dove si trova direttamente il soggetto sospetto positivo. A oggi il test cerca i filamenti di Rna del virus nelle secrezioni, con l’arrivo di test sierologici sicuri si guarderà il numero di anticorpi presenti in un individuo per comprendere se è infettato oppure se lo è stato per poi guarire“.

Immancabile anche il quesito sull’immunità di gregge, teoria che è stata rilanciata nelle scorse settimane dal Regno Unito: “A oggi non sappiamo se il principio dell’immunità di gregge, così come la conosciamo noi, possa funzionare o meno. Questa teoria è stata interamente basata su una copertura vaccinale e per il coronavirus non ce ne sono“. Il raggiungimento di una immunità di gregge naturale e non indotta da una profilassi vaccinale “dipende dalla proporzione tra infetti e non infetti. Si è calcolato che in una infezione come quella del morbillo, estremamente virale, bisogna coprire con il vaccino l’85% della popolazione. Difficile avere una immunità di gregge senza l’aiuto della scienza senza avere tanti morti e una diffusione altissima della malattia“. Di per se questa teoria, conosciuta anche come immunità di gruppo o immunità di branco, viene definita “come la capacità di un gruppo di resistere all’attacco di un’infezione, verso la quale una grande proporzione dei membri dello stesso gruppo è immune“.

E sui vaccini difficile fare calcoli. “Al momento se ne stanno studiando tra i 50 e 60 con metodologie e approcci completamente diversi. Chi parla di un vaccino in un massimo di sei mesi non dice il vero. Per averne uno ce ne vorranno almeno 18 poiché ci sarà da fare tutta una serie di test sull’uomo per calcolarne l’efficacia ed eventualmente gli effetti collaterali che può provocare“. Va inoltre detto che il Covid-19 è un virus “molto intelligente che si trasmette facilmente e che ha una mortalità di cui non si conosce molto le cifre ma che è relativamente bassa. Di solito i virus per sopravvivere non devono uccidere i loro ospiti ma convivere con loro“. Possibile che in un futuro non troppo lontano diventi la prossima influenza? “Va detto che il virus cambia di anno in anno proprio come avviene per quelli dell’influenza. Lo fa per sopravvivere. Nel caso di questo coronavirus è difficile comunque ancora fare previsioni al riguardo“.

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