Autore Redazione
giovedì
16 Aprile 2020
05:44
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Cronaca - Tortona

Coronavirus, l’amministratore della Cometa replica: “Basta accuse, non siamo untori”

Coronavirus, l’amministratore della Cometa replica: “Basta accuse, non siamo untori”

SALE – L’amministratore della società “Cometa Music Hall” Roberto Bruno ha voluto ricostruire la vicenda che ha visto coinvolta la sala da ballo di Sale, indicata dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte come focolaio di coronavirus in provincia di Alessandria.

Mi permetto di replicare solo ora a tutte le insinuazioni fatte perché, forse, ci stiamo allontanando dalla fase critica dell’epidemia e pertanto ritengo di poter utilizzare un piccolo spazio per poter esprimere il mio punto di vista senza rubare spazio a notizie sicuramente più importanti della mia replica.

Premetto che La Cometa S.r.l. è una società che ha sempre ottemperato alle varie disposizioni delle autorità, e mi riferisco alla chiusura imposta prima per DPCM dal 24/02 al 1/03, poi per ordinanza sindacale del 4 marzo, e successivamente di nuovo per DPCM. E’ una società che conta 15 dipendenti in regola, 10 collaboratori esterni, circa una quarantina di orchestre e gruppi musicali che settimanalmente si esibiscono sul nostro palco, fornitori e consulenti vari. Lascio a voi il conto totale delle persone impegnate dalla nostra attività.

Vorrei fare un po’ di chiarezza sui fatti, anche e soprattutto in ordine cronologico. Mi riferisco in primis, ai primi casi di contagio, ovvero quelli riportati dalla stampa in data 3 marzo dove si chiedeva “a tutti coloro che hanno frequentato una sala da ballo di Sale a partire dal 17 febbraio di sottoporsi al test per verificare l’eventuale infezione”.

E poi all’annuncio passato sul TG Regionale sempre nella stessa data, del dottor Mario Raviolo, coordinatore dell’Unità di Crisi per la Protezione Civile, che riferiva di 6 persone contagiate presso di noi nel corso di “molti” eventi dopo il 17 febbraio.

Invero, preme precisare, che il locale è stato aperto in data 21, 22, 23 febbraio e poi lunedì 2 marzo prima di chiudere per l’ordinanza nazionale. Credo sia doveroso segnalare che lo stesso Raviolo sia stato successivamente smentito dal capo della Protezione Civile Nazionale Angelo Borrelli, derubricando l’appello a “leggenda metropolitana” o “fake news”.

Da qui in avanti un susseguirsi di articoli di giornali e radio che hanno scatenato la reazione sui social facendo assurgere a ruolo di focolaio di infezione il locale e a quello di untori i nostri clienti e i nostri collaboratori.

Tutto ciò ha determinato una situazione surreale: nostri dipendenti a cui è stato rifiutato l’ingresso in luoghi pubblici e clienti e collaboratori ai quali è stato impedito l’accesso sul posto di lavoro solo per il fatto di essere stati alla Cometa. Lascio a voi giudicare.

Ora, mi chiedo: ma se il musicista risultato colpito dal coronavirus ha suonato da noi in data 14 febbraio, perché dunque soltanto a coloro che sono stati nostri ospiti tre giorni dopo è stato rivolto l’appello di sottoporsi al test? E poi, come mai il primo caso di Coronavirus accertato in Italia è quello di Codogno e risale al 21 febbraio? Ovvero quattro giorni più tardi. All’opposto oggi si parla addirittura delle polmoniti sospette nel mese di gennaio.

E inoltre, possibile che nessuno del personale impegnato nelle serate in questione, e sto parlando di persone a diretto contatto con il pubblico, come ad esempio maschera, baristi, guardarobiera, camerieri, abbia mai avuto il minimo sintomo del virus, visto la virulenza del focolaio? Grazie a Dio tutte le persone che hanno collaborato con noi stanno bene!

Ma è possibile che, stando alle cifre dichiarate, sei persone che sono state, dicono, contagiate proprio presso di noi possano trasformare un locale nell’unico centro di contagio di tutta la provincia? Supermercati, negozi, poste, banche, bar, bocciofile, circoli per anziani, bar, ristoranti, altri locali da ballo. Erano tutti chiusi in quel periodo? Possibile che essere stati contagiati in un altro posto sia stato proprio così…. impossibile?

Serviva forse trovare qualcuno a cui affibbiare la patente di “untore”? Un capro espiatorio per giustificare eventuali mancanze da parte di chi avrebbe dovuto intervenire magari più velocemente? Possibile che tutti i decessi della provincia di Alessandria siano stati originati dalla Cometa?

Il locale ha regolarmente chiuso quando ci è stata comunicata l’ordinanza, ovvero quando le autorità hanno deciso di imporre la chiusura alla Cometa, ma purtroppo lasciando ancora aperti gli altri punti di incontro e di ritrovo.

Certamente non si vuole mettere in discussione la professionalità e la competenza di chi rilascia certe dichiarazioni, ma mi chiedo: esiste la concreta sicurezza oppure rimane una minima percentuale di dubbio che dovrebbe far riflettere prima di affibbiare la suddetta patente? Prima di rilasciare certe dichiarazioni, bisognerebbe pensare che esista la possibilità di danneggiare tutte le persone che ruotano intorno a questo locale, clientela compresa.

Ancora oggi, a più di un mese di distanza, leggo articoli dove il ruolo di focolaio continua ad essere affibbiato alla Cometa. Anche noi in questa disgrazia abbiamo perso parenti, amici e conoscenti. Per questo anche noi ci riteniamo vittime di quello che sta accadendo e non siamo più disposti a tollerare chi ci indica come untori, in quanto non è provato in alcun modo che la persona e/o le persone risultate positive al virus lo abbiano contratto nella sala da ballo! 

Il reiterarsi di queste accuse danneggia la nostra immagine con le conseguenze del caso. Pertanto, se l’accusa verso la Cometa di essere focolaio non sarà suffragata da certezze più che concrete, mi ritengo in dovere, per tutelare azienda, posti di lavoro e clientela, di sporgere denuncia/querela per diffamazione, e/o per ogni altro reato meglio visto, nei confronti di chiunque continui a lanciare queste accuse non comprovate su qualsivoglia mezzo di comunicazione, social compresi”. 

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