Autore Redazione
giovedì
24 Marzo 2022
10:35
Condividi
Cronaca - Alessandria

Sull’autenticità. Recensione di “Le verità di Bakersfield” al Teatro Alessandrino

Ieri Marina Massironi e Giovanni Franzoni protagonisti del secondo appuntamento della stagione teatrale organizzata dal Comune di Alessandria e da Piemonte dal Vivo
Sull’autenticità. Recensione di “Le verità di Bakersfield” al Teatro Alessandrino

ALESSANDRIA – Il vero e il falso, il potere di decretarlo, l’autenticità dell’arte ma anche delle persone. “Le verità di Bakersfield”, presentato ieri al Teatro Alessandrino nell’ambito della stagione teatrale organizzata dal Comune e da Piemonte dal Vivo, pone tanti quesiti, mettendo di fronte due mondi sociali e due persone diverse per estrazione, che, infine, si svelano reciprocamente. “E’ uno spettacolo che parla di apertura”, hanno spiegato i protagonisti Marina Massironi e Giovanni Franzoni durante l’incontro pomeridiano con il pubblico presso l’Alessandrino, perché i punti di vista cambiano, le apparenze crollano e mostrano la loro fragilità, mentre l’autenticità fatta di vita e di esperienze dolorose emerge.

La commedia si gioca nel dialogo tra Maude e Lionel, a proposito della valutazione di un quadro forse attribuibile a Jackson Pollock. Maude è una donna “che non ha preso l’ascensore sociale” (ha spiegato Marina Massironi durante la presentazione), vive in un trailer park e ha acquistato la tela da un rigattiere, mentre Lionel /Franzoni è un celebre esperto d’arte di New York, volato con un jet privato sino a Bakersfield per certificarne o meno l’autenticità. Il quadro diventa uno strumento di riscatto sociale e personale per Maude, segnata da una vita dolorosa, ma è anche un pretesto per parlare di preconcetti, di presunte intuizioni e di crollo delle certezze. La superiorità intellettuale di Lionel si incrina, mostrando, nell’interpretazione prima sussiegosa poi sempre più umanamente nuda, un lato debole e, a sua volta, ferito. La Maude di Marina Massironi è inizialmente pittoresca nel suo linguaggio sboccato e nel suo fare disordinato, per evolvere in una determinazione e una preparazione artistica spiazzante. La regia di Veronica Cruciani immerge due persone reali, a tutto tondo, in un contesto che pare astratto e quindi universale, dominato da un cielo di fondo che si tinge di colori irreali, passando dal blu elettrico al verde e al rosso, man mano che la discussione si fa accesa. La stessa roulotte-abitazione di Maude assomiglia ad una navicella spaziale, sormontata da una cupola, dalla quale la protagonista inizialmente esce, sbraitando contro i cani della vicina che inseguono il critico d’arte. In questo non luogo si svolge una sorta di incontro-duello che media tra i toni ilari della commedia e tematiche universali, in una tensione in cui i due bravi interpreti non mancano di far coesistere registri diversi, momenti di confessione intima, scontri coreografati come una danza e debolezze svelate dall’alcool e dalla stanchezza. Sono messi a nudo dolori e passioni, come l’amore profondo per l’arte di Lionel, in una descrizione persino lirica del furore creativo di Pollock. Emerge la logica economica dell’ambiente museale, laddove l’arte viene “ridotta a prodotto, mentre è un fatto sia materiale che spirituale e può curare l’anima”, emerge la determinazione di una donna sconfitta che vuole riconquistare la dignità.

E, al di là dell’autenticità o meno della tela, sulle note di “ Run from me” dei Timber Timbre e mentre il groviglio selvaggio di colori di Pollock invaderà la scena, Maude contemplerà il suo quadro, finalmente soddisfatta di aver potuto sostenere la sua verità.

Condividi