Autore Redazione
domenica
22 Gennaio 2017
00:19
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Eventi - Alessandria

Dai fatti all’animo di una sognatrice temeraria. Recensione di “La ragazza con le ali” alla Sala Ferrero

Dai fatti all’animo di una sognatrice temeraria. Recensione di “La ragazza con le ali” alla Sala Ferrero

ALESSANDRIA –  “Dal mio piccolo aereo di stelle io ne vedo, seguo i loro segnali e mostro le mie insegne. La voglio fare tutta questa strada, fino al punto esatto in cui si spegne

“Lindbergh”, la canzone di Ivano Fossati sul famoso aviatore, è una delle anime musicali de “La ragazza con le ali”, spettacolo degli Stregatti in collaborazione con lo Zonta Club di Alessandria, scritto e interpretato da Giusy Barone e diretto da Gianluca Ghnò, in onore dell’80esimo anno dalla scomparsa di Amelia Earhart, leggendaria aviatrice degli anni ‘30 e membro dello Zonta Club di Boston.

La prima di sabato 21 gennaio, nell’ambito della rassegna SIPARIO-MARTE,  ha riempito la sala Ferrero del Teatro Comunale e ha trasmesso quanto il personaggio mitico della Earhart ha lasciato in eredità al suo tempo e alle generazioni successive, ovvero il coraggio di osare.

Di lei è stato detto molto e molto si parla ancora, nonostante, e a causa, della sua prematura sparizione nel 1937 in una trasvolata oceanica, nel tentativo di giro del mondo. Giusy Barone, accompagnata per tutta la durata del monologo dal pianoforte di Riccardo Gresino, ha scelto di dare la prevalenza ad un registro poetico, che restituisce le emozioni fortissime alla base di una passione.

I fatti storici ci sono e sono fortemente documentati. Riguardano la vita di Lady Lindy, le date delle sue imprese (o meglio “avventure ad alta quota”, il termine imprese, più serio e ardito, era dedicato dai giornali dell’epoca ai voli di Lindbergh, e  non a quelli di una donna), i luoghi e le sue dichiarazioni.

Ma il  cuore pulsante dello spettacolo prende spunto dai fatti e si eleva, suggerendo la sensazione del volo, il ronzio dei motori, il rumore della pioggia e la paura affrontata e non negata. In mezzo ad aeroplani di carta, lettere, oggetti che ricordano le domande sciocche dei giornalisti , Giusy Barone è una ragazza che osa fare ciò che si sente e non ciò che ci si aspetta da lei. E’ un’Amelia semplice e spogliata di tutte le leggende legate al suo personaggio, quella che emerge, ma proprio questa essenzialità ne accresce e sublima il mito. Ed è “Somewhere Over The Rainbow”, a tratti anche cantata, la seconda anima musicale portante, in uno spettacolo dove la musica scorre e suggerisce realtà contro futilità delle cronache, fatti e numeri contro pure sensazioni.

Un testo ben calibrato che incarna la dichiarazione contenuta nell’incipit: ”L’importante non è quello che è stato , ma quello che si è ispirato e che da quel mito è nato”.

Molti applausi alla Sala Ferrero a sottolineare il grande successo di pubblico.

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