Autore Redazione
domenica
12 Febbraio 2017
00:36
Condividi
Eventi - Casale Monferrato

All’origine di tutto la passione. Recensione di “Medea. La passione e l’ira” ai Crepuscoli

All’origine di tutto la passione. Recensione di “Medea. La passione e l’ira” ai Crepuscoli

CASALE MONFERRATO – La Rassegna I Crepuscoli, presso l’Auditorium Santa Chiara,  è una realtà rara per qualità degli spettacoli proposti e fedeltà del pubblico che, fin dalla presentazione del cartellone, ha, con gli abbonamenti, esaurito i posti disponibili per tutta la stagione.

L’organizzazione e la direzione artistica di Nuovo Palcoscenico, anche quest’anno, ha scelto un ventaglio di proposte diverse tra loro, con un occhio ai classici e un altro alla drammaturgia contemporanea.

“Medea. La passione e l’ira” di Seneca, presentato sabato 11 febbraio dal Teatro degli Strilloni di Torino, con la regia di Raffaele Montagnoli,  è certamente un classico, un mito così atemporale da essere qui e ora.

La tragedia di Seneca verte sull’ira di Medea che, dopo aver tradito la sua gente per amore di Giasone, viene da lui ripudiata per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. Costretta  ad abbandonare i figli e a partire per l’esilio, la sua vendetta cruenta si consuma con l’omicidio proprio dei figli avuti dallo sposo.

L’origine di tutto è la passione e, nella scelta registica di Raffale Montagnoli, la premessa è carnale, plastica e di una sensualità violenta. E’ una coreografia (di e con Massimo Trono con Dana Caresio) di amplesso e successivo abbandono sulla musica dei Pink Floyd.  Medea/Dana Caresio, imprigionata in una camera dalle pareti imbottite, che ricorda la cella di un ospedale psichiatrico, si dibatte tra ratio e furor. La sua gestualità è ampia e la sua pazzia reale, alternata a momenti di lucidità che soccombono all’irrazionale. Tutto è incentrato su di lei. Il coro, Giasone, Creonte sono voci esterne che dialogano e, talvolta, nel consigliarle prudenza, sembrano un alter ego che accentua il dilemma del tormento interiore.

Essenziale e intenso l’allestimento, non modernizzato nel senso esteriore del termine, ma attuale come ciò che non ha collocazione storica, proiettato nella spazialità di una musica che pare cosmica. Un’ottima interpretazione che convince fino in fondo e strappa ripetuti applausi su un finale che arriva con la stessa forza dell’incipit carnale.

Una Medea da vedere per sua modernità pura, priva di espedienti e di accomodamenti contemporanei.

Condividi