Autore Redazione
sabato
22 Novembre 2014
07:34
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Eventi - Valenza

La recensione di “Piglia un uovo che ti sbatto”

La recensione di “Piglia un uovo che ti sbatto”

Dalle psicosi più grottesche all’ideale di leggerezza.  Recensione di “Piglia un uovo che ti sbatto”

Una seduta presso un ipotetico psicoanalista e ricordi, idiosincrasie e debolezze che emergono in ordine apparentemente sparso, sono il filo portante di “Piglia un uovo che ti sbatto”,  monologo di Dario Benedetto, della compagnia Torcigatti, per la regia di Martino Cipriani, messo in scena venerdì 21 novembre presso il Teatro Sociale di Valenza

Difficile spiegare il titolo che, come nei precedenti lavori dei Torcigatti, sembra non avere connessioni con il testo. Nell’intenzione di Dario Benedetto, autore anche del libro omonimo edito da Edizioni Compagine, ciò  induce lo spettatore ad interpretazioni più o meno azzeccate e, comunque, foriere di un’elaborazione mentale.

Il protagonista si presenta come un uomo misurato nelle emozioni, appartenente ad una generazione tiepida, dotata e bisognosa delle tecnologie più avanzate , ma non per questo felice. Lo caratterizza una vena di rassegnazione nel ritenersi sempre , tra le due fazioni dei cool e dei nerd, appartenente alla seconda. La suainsicurezza di fondo si rivela nell’attirare l’attenzione sin da giovanissimo con il rumore (rumori fisiologici, con le ovvie conseguenze imbarazzanti, o passione per labatteria, strumento che esaspera i vicini di casa).

Dario Benedetto, solo di fonte ad un microfono , racconta episodi slegati e accompagnati da una colonna sonora appena accennata, che prende significati da lui suggeriti. Particolarmente azzeccata l’interpretazione di Beautiful di Cristina Aguilera in quanto simbolo della paranoia femminile nei confronti della bellezza.L’ostentazione della poca importanza dell’esteriorità, in nome di una fraternità femminile inesistente, fa sorridere e riflettere.

Si ride parecchio e soprattutto si riconosce un fondo di veridicità nei racconti a prima vista paradossali. Il protagonista psicanalizzato sogna il Grande Amore con le iniziali maiuscole, definito ciò che “permette di sganciare le emozioni e di vivere una felicità condivisa”. Su tutto emerge un bisogno di completezza sentimentaleche si propone come risoluzione di insicurezze e psicosi.

La melodia del “Chiaro di luna” di Debussy, del quale viene ricordata l’ispirazione nata dall’omonima poesia di Verlaine, conclude il monologo nel segno dellaleggerezza opposta all’idea di superficialità (così nelle “Lezioni Americane” di Calvino).

Ciò che è leggero costituisce aspirazione verso l’alto e verso la felicità, come il Grande Amore , comel’invenzione che trascende la realtà e come l’ironia elegante di un monologo intelligente, ironico e arioso.

La stagione APRE al Teatro Sociale di Valenza continuagiovedì 27 novembre con “Hanno tutti ragione” con  Iaia Forte, attrice pluripremiata, per la regia di Paolo Sorrentino, vincitore del premio Oscar con “La grande bellezza”.

 

Nicoletta Cavanna

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