Autore Redazione
mercoledì
25 Maggio 2016
13:00
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Cronaca - Alessandria

I Carabinieri arrestano i due centauri dell’agguato a Spinetta. Hanno sparato all’imprenditore per “fargli abbassare la cresta”

I Carabinieri arrestano i due centauri dell’agguato a Spinetta. Hanno sparato all’imprenditore per “fargli abbassare la cresta”

ALESSANDRIA – Volevano spaventarlo, “fargli abbassare la cresta” e convincerlo a saldare un presunto debito da circa 150 mila euro con il fratello di uno degli arrestati. Per raggiungere il loro scopo Vito Sorrentino, siciliano di 39 anni e il complice Vittorio Ippolito Giacobbe, calabrese di 28 anni, la sera del 9 maggio erano partiti dal bresciano in sella a una potente Yamaha R1 rossa e bianca per tendere un agguato all’imprenditore edile alessandrino di 49 anni. Affiancata la Bmw X6 dell’imprenditore sul cavalcavia di Spinetta, all’altezza del Bellavita, Vittorio Ippolito Giacobbe aveva afferrato la pistola, presumibilmente una 357 Magnum, e aveva esploso quattro colpi che, solo per miracolo, non avevano raggiunto l’imprenditore.

Non ho neppure guardato, volevo sparare alla gomme”  ha dichiarato Giacobbe ai militari. La precisione di quei colpi, esplosi oltretutto da un mezzo in movimento, lascia però pensare che chi ha impugnato l’arma sapeva come e dove colpire.  Non aveva altrettanta dimestichezza con la potente moto, invece, Vito Sorrentino. L’uomo aveva ritirato la Yamaha da un concessionario in provincia di Brescia tre giorni prima dell’agguato. Prima di caricare il complice sul sellino posteriore e partire alla volta di Spinetta, la sera del 9 maggio Sorrentino aveva staccato la targa della moto, convinto che così nessuno avrebbe potuto collegarlo all’agguato. L’uomo, però, ha fatto male i suoi calcoli.  Quando ha abbandonato la Yamaha sul ciglio della statale in direzione Novi Ligure ha lasciato un’importante traccia per i Carabinieri. Dal numero del telaio in breve tempo i militari sono arrivati prima a un concessionario del bresciano e, immediatamente dopo, al nome del fresco proprietario della moto.

Ancora prima, una delle numerose pattuglie dei Carabinieri partite alla caccia dei due centauri dopo la telefonata terrorizzata dell’imprenditore aveva intanto già fermato Giacobbe. Caduto dalla moto insieme al complice durante la brusca inversione per allontanarsi dal punto dell’agguato, l’uomo era stato lasciato sul ciglio della strada mentre Sorrentino aveva provato a risalire in sella alla Yamaha, per poi cadere una seconda volta solo qualche metro più avanti. Vittorio Ippolito Giacobbe a quel punto era scappato a piedi e passando dai campi era arrivato fino la stazione ferroviaria di Spinetta. Nessun treno è però riuscito a riportarlo a casa perché sui binari l’uomo si è trovato davanti  i Carabinieri.  I pantaloni bagnati e sporchi di fango e le evidenti escoriazioni sulle mani, ferite riconducibili a una caduta, sono stati il primo evidente indizio di un coinvolgimento dell’uomo nell’agguato avvenuto solo un’ora e mezza prima. Per Vittorio Ippolito Giacobbe già la sera  9 del maggio era quindi scattato il fermo.

Nel più stretto riserbo i Carabinieri della Compagnia di Alessandria e del Reparto Investigativo del Nucleo Operativo, coordinati dal Pm Marcella Bosco, erano intanto già sulle tracce di Vito Sorrentino. Per alcuni giorni i militari hanno monitorato a distanza l’abitazione dell’uomo nel bresciano, ma di lui nessuna traccia. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Sorrentino potrebbe aver trascorso la notte del 9 maggio nascosto nei campi intorno a Spinetta e poi, recuperato da qualcuno, essersi allontanato la mattina dopo. Per rintracciarlo i Carabinieri si sono quindi concentrati sui famigliari e sono così arrivati fino a Calatafimi, in provincia di Trapani. Proprio in quelle campagne siciliane i colleghi del Comando provinciale di Trapani hanno arrestato Sorrentino. Protetto dai numerosi parenti, e in particolare da un nipote di 34 anni proprietario della masseria in contrada Rocche, Sorrentino si stava preparando a quella che pensava essere una lunga latitanza. Per non farsi riconoscere l’uomo aveva già cercato di modificare il suo aspetto tagliando e tingendo i capelli ma l’escamotage non ha ingannato i Carabinieri siciliani. Dopo un lungo appostamento notturno, lunedì  è scattato il delicato blitz nella zona rurale, nota per essere “terra” di latitanti e del super boss Matteo Messina Denaro. Inutile l’ennesimo tentativo di fuga di Sorrentino, che oggi porta ancora sul sopracciglio i segni del filo spinato con cui si era ferito scappando tra i campi di Alessandria.  Circondato dai militari l’uomo  alla fine si è arreso ed è stato portato in carcere a Trapani. Sorrentino, in concorso con Vittorio Ippolito Giacobbe già recluso ad Alessandria, dovrà ora rispondere di tentato omicidio, tentata estorsione e  porto e detenzione illegale d’arma.

Anche se l’agguato ha seguito lo schema tipico delle intimidazioni mafiose, i Carabinieri per ora non hanno trovato evidenti collegamenti con la criminalità organizzata. L’agguato sarebbe infatti legato al denaro che l’imprenditore alessandrino, travolto dalla crisi, non sarebbe riuscito a saldare a uno dei fratelli di Vito Sorrentino che aveva eseguito per lui alcuni lavori edili. Proprio per convincere l’imprenditore  a pagare quel denaro, per cui era stato chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, Vito e il complice hanno esploso i quattro colpi in tangenziale a Spinetta.

 “Un fatto grave che ha avuto una risposta immediata” ha sottolineato il Comandante Provinciale  dei Carabinieri di Alessandria, il Colonnello Enrico Scandone, affiancato dai maggiori dell’Arma Giuseppe Di Fonzo, Massimiliano Girardi e Giacomo Tessore. Arrestati gli autori e definiti i contorni del grave fatto di cronaca, i Carabinieri proseguiranno comunque indagini e accertamenti. A giorni dovrebbero infatti arrivare i rilievi dei Ris sui caschi e i giubbotti da motociclista recuperati poco dopo l’agguato sempre nei campi attorno a Spinetta. Resta ancora da trovare anche l’arma che Giacobbe avrebbe gettato durante la fuga nei campi, una 375 Magnum, o eventualmente una 38 Special. Queste sono infatti le uniche due tipologie di pistole compatibili con le due guancette che si erano staccate dall’arma durante la caduta della moto e che i Carabinieri avevano subito recuperato dopo l’agguato.

Tatiana Gagliano

 

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