Autore Redazione
domenica
4 Ottobre 2020
01:01
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Cronaca - Alessandria

L’appello a Conte di una imprenditrice: “Le partite iva appena nate abbandonate a loro stesse, così chiuderò”

L’appello a Conte di una imprenditrice: “Le partite iva appena nate abbandonate a loro stesse, così chiuderò”

ALESSANDRIA – “Senza aiuti concreti sono costretta a chiudere“. La composta lettera di una imprenditrice alessandrina al premier Conte, è un disperato appello a fare qualcosa per quelle partite Iva che hanno aperto le attività qualche mese prima dell’emergenza covid e non hanno potuto ricevere nulla perché non è stato possibile giustificare un bilancio retroattivo. La storia è quella di Cristina Elena Buzzi, 52 anni, titolare del centro estetico La Fenice in corso Romita ad Alessandria, aperto con grande entusiasmo dopo aver lavorato per 10 anni come OSS (Operatore Socio Sanitario) e “dopo aver fatto tanti sacrifici per studiare e intraprendere una professione che mi appagasse professionalmente“. L’imprenditrice a ottobre 2019 si è messa in gioco licenziandosi dalla Casa di Riposo di cui era dipendente per raggiungere il “sudato traguardo” che era anche un “modo per garantire un futuro e una stabilità a mia figlia trentenne con alle spalle tante esperienze lavorative, anche all’estero, ma senza nessuna certezza sia economica che lavorativa. Aprire un Centro Estetico non è cosa di poco conto, è un mestiere difficile, fatto di sacrifici pesanti, si lavora 10-12 ore al giorno, spesso non si dorme la notte perché l’ansia e i tanti pensieri me lo impediscono, per paura di non farcela, per tante preoccupazioni, per tante cose”.

Cristina Elena è quindi diventata una “partita iva” e a marzo, per colpa del virus, ha dovuto chiudere per poi affrontare una situazione che le ha fatto “crollare il mondo addosso“. Da qui la lettera inviata a Giuseppe Conte in cui spiega: “Essendo una partita iva neonata – spiega l’imprenditrice – non ho avuto nessun aiuto dallo Stato, tanto meno da Regione e Comune. Mi è stato detto, tramite la mia commercialista, che non avevo diritto a percepire nessun contributo, perché la mia attività, appena aperta, non poteva dimostrare un bilancio retroattivo. Ma come facevo se avevo appena aperto la mia attività?” Le spese però, prosegue, sono continuate. In definitiva i titolari di realtà appena nate si sono trovati completamente soli, continua l’imprenditrice e “come spesso accade ci sono figli, figliastri, e io aggiungerei anche ” poveri cristi”, categoria cui io appartengo“. L’alessandrina ha quindi chiesto un aiuto concreto per “non uccidere due volte i piccoli commercianti, le partite iva e ancora chi come me si è voluta mettere in gioco. Io non chiedo nulla ma permettetemi di lavorare con dignità e poter dare un futuro dignitoso a mia figlia. Senza aiuti concreti io sono costretta a chiudere perché mi diventa difficile andare avanti“. Sebbene la situazione di questi mesi non l’abbia voluta nessuno, conclude Cristina Elena Buzzi, il rischio ora è “di perdere tutto per colpa di una burocrazia assurda, farraginosa” con la concreta possibilità che molti “non possano più rialzare la serranda del proprio negozio. Quella serranda che con tanto amore e orgoglio e tanti sacrifici ho alzato per la prima volta quel 17 ottobre 2019”.

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